04/02/2011

Stili di vita e regimi istituzionali

I modelli di vita che ispirano i comportamenti sociali dipendono in grande misura dal grado di libertà che consente il regime politico istituzionale.

Nei regimi liberali i modelli di vita sono sottoposti solamente al giudizio personale ‘libero arbitrio’ e sono solo esposti alla critica sociale in spirito di ‘libertà di espressione’.

Anche lo stile in cui si manifesta la critica sociale è incanalato dallo stile comunicativo e dalla percezione che ciascuno nutre relativamente all’altrettanto individuale stile di vita altrui.

Lo stile comunicativo è espressione sintetica del profilo umano e culturale che caratterizza ciascuno dei critici sociali, mentre la percezione dello stile di vita sottoposto a critica è espressione delle priorità assegnate da ciascuno dei ‘critici sociali’ ai valori ed alle motivazioni umane che secondo il proprio giudizio assegnano ai bisogni collocati in scala di diverso grado di dignità e che egli integra a comporre il desiderabile ‘paniere di motivazioni’ a fronte del quale egli esprime la propria personalissima e contingente ‘critica sociale’.

La legittimità etica di aderire a queste diversità nello stile di vita che ciascuno può preferire rispetto agli altri, costituisce la caratteristica peculiare di ogni regime liberal-democratico. Ogni regime illiberale invece tenta di instaurare un’etica ‘ortodossa’ ovverossia quella che è ‘giustificata’ a un ‘paniere di preferenze’ che riceve legittimità formale sul piano legislativo e viene ‘promosso’ contro altri stili di vita che sono ‘stigmatizzati’ perfino sul piano penale tramite il potere giurisdizionale.

Prima che leggi giustificate dall’ortodossia ‘politically correct’ ci proibiscano di toccare certi argomenti ad alto calor bianco, vorremmo esprimere qualche considerazione sulle ‘diversità’ che, grazie al (politically incorrect) ‘disegno intelligente’, sopravvivono nei millenni non ostante l’invidia sociale e i sordi rancori che sempre alimentano lo stile di vita dei ‘progressisti de-sinistra’.

L’Italia, indubitabilmente il paese culturalmente egemone nella storia della civiltà ‘Occidentale’, in ogni branca della cultura ha espresso protagonisti di assoluta eccellenza in campo mondiale caratterizzati da vari profili umani e comunicativi. Tutti quei protagonisti, in ogni epoca, hanno contribuito a costruire la storia della costante egemonia d’Italia nello sviluppo della civiltà al di la della concreta e contingente situazione in cui si trovavano le istituzioni politiche del paese ‘Italia’ e indipendentemente dal grado di autoritarismo dei regimi in cui i contributi individuali venivano prodotti dai protagonisti. Quei protagonisti hanno costituito ognuno una ‘risorsa’ dell’Italia per la traccia che essi sono riusciti a consegnare al paese quale patrimonio di comune interesse. I contributi prodotti da quelle preziose ‘risorse nazionali’, benché tra loro indipendenti e in epoche diverse, hanno costruito una rotta lungo la quale inevitabilmente la storia nazionale è progredita assumendo i connotati complessivi che costituiscono l’odierno ‘patrimonio dell’umanità’ che è denominato civiltà ‘Occidentale’.

Il profilo individuale dei protagonisti-risorsa-nazionale ha oscillato dai vertici elitari (letterari con Dante e Petrarca, nel misticismo e compassione sociale con San Francesco e Santa Rita, nella dedizione alla cultura con San Benedetto e Federico II, nella ricerca ed esplorazione con Colombo, Galilei e Peano, nell’arte col Beato Angelico e Guido d’Arezzo, nella didattica con Don Bosco e Maria Montessori, etc.) a quello rappresentativo degli italiani più ‘ordinari’ (letterari con i Cecco Angiolieri e Pietro Aretino, nell’organizzazione istituzionale e attuazione politica del progresso con i Cesare Borgia, Cosimo de’ Medici, Giulio de’ Medici, Giovanni de’ Medici, Enea Silvio Piccolomini, Alessandro Farnese, Giovanni Giolitti, Benito Mussolini, Alcide de Gasperi, nell’organizzazione industriale ed uso remunerativo della scienza in ogni sua branca con i Marco Polo, gli Strozzi, i Borgia, i Farnese e Medici fino ai Giovanni Agnelli, Alberto Beneduce, Enrico Mattei, Enzo Ferrari, Adriano Olivetti, Giovanni Borghi, Carlo Faina, Carlo Vichi, Giorgio Armani, Leonardo del Vecchio, Michele Ferrero, Silvio Berlusconi).

Tra i protagonisti-risorsa-nazionale di profilo culturale più elevato sotto il profilo accademico e spirituale e quelli invece più apprezzabili per il loro profilo umano pragmatico e disinvolto o perfino spregiudicato se ne colloca poi una lunga serie di comprimari o ‘aiutanti’ del protagonista che ne hanno alimentato di contenuti scientifici o tecnici i disegni imprenditoriali. Così abbiamo notizia di eminenti studiosi che hanno accettato di associarsi al protagonista storicamente egemone del progresso nella loro epoca. Da Niccolò Machiavelli, Leonardo da Vinci, Benvenuto Cellini, Michelangelo Buonarroti, Vilfredo Pareto, Giovanni Gentile, Luigi Einaudi, Giulio Natta, Fedele Confalonieri e Gianni Letta.

Oltre a questi protagonisti-risorsa-storica e ai loro assistenti nell’implementazione dei disegni di progresso che hanno gradualmente composto l’apporto italiano alla civiltà ‘Occidentale’, esiste una vasta gamma di italiani caratterizzati dai più diversi profili umani e comunicativi che si dedicano alla propria vita privata e sviluppano il proprio diritto di critica come osservatori degli eventi che vengono guidati dai primi.

A seconda del grado di liberalismo che caratterizza i regimi nel cui ambito vivono questi ‘osservatori-critici’, le loro critiche assumono connotazioni puramente private e astrattamente culturali oppure si traducono in scelte che hanno un peso sull’evoluzione storica delle vicende istituzionali e imprenditoriali dei protagonisti.

La critica e il grado di consenso espresso dalla pubblica opinione degli ‘osservatori’ è commisurata al profilo specifico culturale e di stile di vita degli stessi ‘osservatori’. In ogni epoca lo stile di vita della popolazione degli ‘osservatori’ è rappresentativo del profilo culturale prevalente; tanto più ‘elitario’ tanto più raro, tanto più ‘nazional-popolare’ tanto maggioritario.

È evidente che, in regimi autoritari, lo stile di vita dei protagonisti sia quello che caratterizza le oligarchie di potere che diventa quindi emblema di comportamenti ‘politicamente corretti’; un modello cui si dovrebbero ispirare i comportamenti e l’eloquio stesso di chi volesse partecipare alla vita pubblica. Si crea una discrasia tra lo stile di vita seguito dalla maggioranza degli ‘osservatori’ e quello delle elite politiche imposto come lo ‘stile ortodosso’ cui conformare la partecipazione alla vita istituzionale del ‘paese legale’.

In regimi sempre più ispirati alla liberal-democrazia invece la partecipazione alla vita istituzionale ed alle relazioni pubbliche deve essere consentita al di la del livello culturale e dello stile di vita seguito dalle molte fasce sociali. Decade ogni possibilità di imporre stili di vita elitari come modelli ‘ortodossi’ e politicamente corretti cui aderire come prerequisito alla partecipazione vita politica. Anzi, ogni stile elitario, tanto più quanto meno diffuso nella maggioranza degli ‘osservatori’ viene considerato segno di scarsa sensibilità alla cultura più ‘comune’ in quanto di più diffusa adesione; segno di distacco aristocratico, anche se quello stile possa essere apprezzato e perfino invidiato in quanto segno d’un livello culturale di eccellenza.

La maggioranza dei detentori del diritto politico attivo (gli ‘osservatori-elettori’) riescono a ‘identificarsi’ più agevolmente con lo stile di vita più ‘nazional-popolare’ e a capire più facilmente le comunicazioni sociali dei protagonisti di cultura più prossima a quella prevalente nella popolazione. Ciò accade anche nelle dittature personali quando il protagonista del regime proviene dai ceti più popolari e riesce ad innescare il processo di ‘identificazione’ della nazione nella sua persona; Napoleone, Mussolini, Hitler, Castro ne sono emblematici esempi. Ogni tentativo di screditare un protagonista che sia riuscito ad innescare la sua identificazione con lo stile di vita e con lo stile comunicativo della ‘maggioranza silenziosa’ degli osservatori, viene interpretato come aggressione al cittadino-quadratico-medio da parte delle oligarchie ‘elitarie’, snob, quindi scarsamente democratiche.

È ciò che è successo in Argentina con Evita Peron ed è ciò che accade oggi in Italia con Silvio Berlusconi. Le ‘resistenze, resistenze, resistenze’ delle vecchie oligarchie politiche (soprattutto se espresse con gerghi elitari e con accenti ricercati) vengono viste come tentativi di ‘conservare’ obsoleti stili di vita elitari ‘contro’ ogni sforzo di sollecitare il cambiamento esercitato (o semplicemente promesso) dal protagonista ‘nazional-popolare’ (soprattutto se coronato dall’aura del successo e dell’imbattibilità. Solo un protagonista ispirato da analogo stile di vita nazional-popolare (Umberto Bossi) riesce a contendere la scena a Silvio Berlusconi!