03/04/2009

Funzione della Speculazione

Stiamo assistendo ad un’irragionevole aspettativa circa possibili ‘soluzioni alternative’ atte a guidare il sistema industriale globalizzato verso nuovi assetti istituzionali che consentano consenso universale su una ‘governance’ del Nuovo Ordine Globale in ogni aspetto delle istanze sociali, politiche ed economiche.

L’irragionevolezza delle aspettative risiede nella sterile speranza di poter conservare i privilegi del vecchio ordine geo-politico degli Stati Nazione nel nuovo, ormai stabile, contesto globale creato dall’innovazione industriale che il capitalismo-liberista ha consolidato in modo definitivo.

Ci si attende molto dalle imminenti decisioni dei 20 ‘grandi’ da parte di un’opinione pubblica informata da un sistema di media ‘organici’ alle vecchie lobby corporative destinate a perdere gradualmente il loro ruolo e gli associati privilegi.

Le ‘alternative’ suggerite dai quelle lobby e dai loro comunicatori sociali sono disperate ed improbabili proprio in quanto si appellano ad una ‘crisi’ che viene letta come il presunto fallimento del ‘modello di sviluppo’ del capitalismo-liberista il cui successo invece è palese per il fatto stesso di essere riuscito in tempi rapidissimi ad estendere al Sud tassi di sviluppo del benessere che erano stati ristretti al solo Nord al di fuori di ogni capacità di resistenza da parte delle sue lobby di ‘conservatori’ dei vecchi privilegi.

Le soluzioni ‘alternative’ suggerite dalle lobby conservatrici degli Stati Nazione per uscire dalla ‘crisi’ con nuove istituzioni di governance sono fondamentalmente basate sull’imposizione di un ‘modello di sviluppo’ fondato sulla programmazione dello sviluppo e sulla redistribuzione della ricchezza prodotta secondo ‘criteri etici’ più equo-solidali nei confronti dei molti Sud che connotano da sempre il mondo e più eco-sostenibili nei confronti di una Natura alle cui esigenze l’animale uomo deve adeguare le proprie aspettative.

Esiste un’arroganza intellettuale insita nella supposta superiorità antropologica di un ‘modello’ che impone comportamenti sociali ‘innaturali’ nell’animale uomo che ha invece scelto di liberarsi dalle ristrettezze impostegli dalla Natura proprio grazie alla sua quotidiana laboriosità e creatività tecnica che ha realizzato il miracolo di estendere ‘inconsapevolmente’ il benessere su base globale ‘abbattendo’ ogni resistenza che il Nord più ricco, per poter conservare i propri privilegi, avrebbe invece sempre opposto su base volontaria ad ogni proposta di scavalcare i limiti istituzionali e i confini geo-politici del mercato. L’arroganza intellettuale inoltre propone un meccanismo dirigista etico e illiberale di programmazione dello sviluppo sotto la guida di elite intellettuali in alternativa al meccanismo fondato sulla accettazione del mercato quale sede in cui ognuno possa sviluppare in piena libertà e responsabilità individuale le proprie scelte di risparmiatore e di consumatore creando, inconsapevolmente, il progresso industriale di cui oggi stiamo beneficiando accanto ai nuovi problemi e disagi che stimoleranno nuove dosi industriali di creatività tecnica e organizzativa.

Da queste considerazioni di ordine ‘filosofico’ può intanto trasparire l’intrinseca minore ‘eticità’ della proposta di una ‘governance stream-down’ basata su uno Stato Globale guidato da una visione etica e illiberale rispetto alla presunta ‘amoralità’ del modello liberista selvaggio di una ‘governance bubble-up’ che, pur guidato da comportamenti individuali in apparenza avidi e egoisti, riesce da sempre a realizzare assetti finali che (vera e propria Serendipity) risultano sempre più gratificanti le esigenze di libertà e di benessere su una popolazione sempre più vasta.

Tuttavia l’irragionevole aspettativa di ‘soluzioni alternative’ proponibili in sede G20 emerge molto più semplicemente da una veloce analisi della situazione geo-politica creatasi con il consolidamento della globalizzazione industriale. Mi spiego.

Il sistema industriale ha ormai coinvolto tutti i Paesi in un unico meccanismo produttivo e distributivo che presenta due grandi blocchi di interlocutori. Al di la di confusi concetti di Nord e di Sud (concetti che tagliano internamente ogni Paese coinvolto) possiamo semplificare il discorso affermando che esistono due soli gruppi: da un lato USA e Cina, dall’altro l’Unione Europea.

Il primo dei due gruppi infatti ha stabilito un consesso a parte in cui discutere dei problemi che i media denominano G2. L’altro consesso più esteso coinvolge l’UE ma viene denominato ipocritamente G20.

Il primo gruppo USA e Cina rappresenta oggi oltre l’80% del mercato della ricerca e della produzione e quello dei consumi in prospettiva. Esso dispone quindi delle risorse e della urgenza ad accelerare la crescita per non generare destabilizzazioni del modello di sviluppo capitalista e liberista selvaggio. Ciò pone USA e Cina nella condizione di ridurre ogni onere che sia estraneo alle strette necessità produttive industriali (tra le quali figurano sia gli oneri dei vecchi Stati Sociali e gli oneri dell’ambientalismo).

Il gruppo dei Paesi dell’Unione Europea è caratterizzato da un mercato interno assolutamente limitato e da capacità produttive enormi rispetto alle sue capacità di assorbimento ed è caratterizzato da oneri di Stato Sociale che ne appesantiscono la competitività sui mercati internazionali.

Sperare che Cina e USA accettino di rinunciare al loro potenziale di crescita per assumersi oneri di Stato Sociale assolutamente insostenibili soprattutto in Cina o di tutele ambientali che non possano tradursi in vendita immediata di tecnologie produttive più reciprocamente convenienti mi sembra sia puro atto di ‘wishful thinking’.

Sperare da parte dell’UE di poter conservare gli oneri dei vecchi Stati Sociali e di recuperare competitività sui mercati internazionali mi sembra altrettanto atto di ‘wishful thinking’.

In conclusione, USA e Cina concorderanno il rilancio immediato dei loro rapporti produttivi e di scambi commerciali. L’UE dovrà partecipare assumendosi parte degli oneri finanziari necessari alla bisogna ed innovando i propri sistemi istituzionali interni. Ciò significa ridurre gli oneri dello Stato Sociale in modo più o meno drastico. Dalla non necessaria eliminazione totale, alla riduzione degli sprechi e clientelismi parassitari, alla razionalizzazione su base Europea, all’innovazione tecnologica e organizzative con forti dosi di sussidiarietà dell’industria privata all’erogazione delle prestazioni.

Vedremo se questa mia visione semplice di ciò che accadrà sarà confutato o confermato dai fatti dei prossimi due anni.