01/04/2011

Opportunità per il sistema Italia

La cronaca quotidiana relativa al dibattito politico in Italia costringere a leggere una serie di lamentose e puerili nostalgie per un passato supposto aureo (e fondato sul tabù della costituzione repubblicana più che sulla fondazione dello Stato Nazione) di fronte alla cruda realtà che ne ha invece interrotto il progredire nel pieno rispetto di diritti inalienabili (di cui altri devono farsi carico sul vile piano dettato dalla compatibilità finanziaria). Diritti garantiti dalla costituzione e pertanto inalienabili come il diritto al lavoro non precario, alla casa, alla salute, all’istruzione, alla sicurezza, ad un paniere di consumi definiti dignitosi, a una gamma di beni e servizi alla famiglia definiti ‘essenziali’, ad un tempo libero garantito, alla pensione ed al ristoro di ogni tipo di variazione imposta dalle mutate situazioni ambientali.

Questa lamentosa lista di rivendicazioni, insostenibili per il bilancio nazionale, lede la competitività del sistema produttivo italiano rendendo sempre meno adeguato il vecchio sistema industria-stato a sostenere le sfide produttive estere, diminuendo ogni opportunità di investimenti all’interno del paese e costringendo i gruppi industriali nazionali più competitivi a trasferire gli impianti o perfino le sedi legali (delocalizzazione o internazionalizzazione).

Se la realtà non si adegua al modello costituzionale, la visione pragmatica di qualsiasi scienza suggerisce di cambiare il modello invece di piangersi addosso attribuendo a un destino cinico e baro la propria malasorte; anche la scienza politica deve prenderne atto evitando sterili fughe nelle più fantasiose terze vie ideologiche.

Ma ciò è tipico di un paese come l’Italia che, dal crollo della prima versione della globalizzazione di Roma, è stato privo di ogni responsabilità politica istituzionale che non sia quella ristretta ai confini ‘provinciali’.

‘Piove governo ladro’ è sempre stato il tema prevalente di ogni regime istituzionale in Italia, al di la delle specificità più o meno pittoresche assunte nel corso della cronaca provinciale. Ciò ha prodotto l’abitudine alla delazione talvolta a puri fini di pettegolezzo da comari all’occasionale bar del lunedì (pasquinate, sonetti del Belli), altre volte astutamente impiegate sul piano istituzionale dal regime del momento (delatori fiscali, politici e religiosi organizzati attorno alle occasionali ‘bocche della verità’ o a ben organizzati reparti negli uffici dei ministri di polizia), altre volte infine tradotte in vere e proprie forme d’arte comunicativa col teatro satirico; da Ennio, Lucilio, Orazio, Petronio attraverso Cecco Angiolieri fino a Parini, a Petrolini e a Dario Fo.

Questo approccio della vita politica nazionale ispirato da diffidenza nei confronti delle istituzioni statali si è travasato integro a oggi grazie alle Città-Stato che hanno caratterizzato il millennio e mezzo trascorso tra il crollo della prima versione della governance globale di Roma Imperiale e l’avvento dell’attuale seconda versione di una globalizzazione industriale sempre governata dal diritto e giurisprudenza in stile anglo-greco-romano-cristiano e dal ‘broken english’ in sostituzione del latino d’antan. Lingua forbita e formale che anch’essa, al tempo della prima globalizzazione, si adeguò alle esigenze d’uso sul mercato globale del tempo generando (o arricchendo) in seguito le lingue ‘volgari’ di tutti gli Stati Nazione; anche quelli delle ‘nazioni barbariche’ nelle quali (grazie  a Roma Imperiale) sono presenti percentuali significative di vocaboli greci e latini (in inglese fino al 75% e perfino in tedesco sono presenti analoghe elevate percentuali).

I regimi imperanti sono stati percepiti come ‘alieni’ da tutte le comunità provinciali (non solo in Italia) il che ha alimentato un solido arroccamento delle attività necessarie per la sopravvivenza delle famiglie e delle più periferiche comunità alla solidarietà locale; generando ogni forma di localismo (campanilismi, familiarismi, nepotismi, etc.) spesso costrette all’illegalità o, al meglio, all’alienità rispetto il diritto ufficiale. Si è sempre sviluppata quindi un’economia ‘locale’ (della sopravvivenza) libera, creativa ma priva di sostegni e spesso solo tollerata dalle istituzioni da cui tuttavia gli oligarchi delle signorie o i governatori del sovrano hanno sempre attinto risorse per l’innovazione, per lo sfarzo e per la loro qualità di vita. Il ‘paese legale’ ha sempre tollerato obtorto collo l’effervescenza creativa delle economie locali solo grazie al potenziale di ‘servizio’ che esse hanno sempre costituito per l’economia formale gestita dagli oligopoli di governo; una sorta d’‘indotto industriale’ che in ogni epoca ha assorbito grazie alla sua creatività, flessibilità e limitata mobilità la carenza di competitività del sistema industriale ufficiale e parassitario delle oligarchie di governo.

Questa discrasia tra paese legale (nepotista e parassitario) e paese reale (costretto a sopportare una fiscalità angheriosa si è consolidato in Italia indipendentemente dalla satrapia al governo. Tutti i regimi sia governati da oligarchie nazionali o estere hanno rivestito il medesimo carattere illiberale; anche lo Stato Nazione nelle sue quattro fasi del Regno sabaudo, del fascismo autarchico, del consociativismo ideologico tranne forse la breve finestra che riuscì a liberare le creatività più ‘locali’ ed a costruire il ‘miracolo economico’ rapidamente ricondotto a sudditanza dalla ‘programmazione economica’ e ‘concertazione dei redditi’.

In ogni settore delle istituzioni pubbliche e private, economiche e politiche si guarda alla globalizzazione ed all’associata serie destabilizzante di eventi provenienti dall’estero come un bambino guarderebbe smarrito il buio della notte che avanza. Proprio a causa della disabitudine delle economie ‘provinciali’ a rivolgere le sue più creative risorse alla conquista di mercati esteri in forte destabilizzazione; una tradizionale abilità in ogni epoca di tutte le economie ‘locali’ italiane – dal Veneto commerciale, alla Toscana industriale e bancaria, alla Puglia rurale, alla Sicilia dei Florio e dei cantieri Rodriquez fino al mondo industriale del Nord-Est oggi nei suoi comparti di alta qualità e specializzazione tecnologica.

Anche in campo di ricerca avanzata i casi Steve Jobs, Bill Gates, Jack Dorsey, Mark Zuckerberg dimostrano l’esistenza di spazi enormi per la creatività imprenditoriale offerti dal mercato globale anche a giovani privi di sostegni finanziari o di agevolazioni statali.

In moltissimi comparti della ricerca industriale anche di alta specializzazione tecnologica sono nate grandi occasioni di sviluppo a costi accessibili per giovani professionisti dotati di un know how molto diffuso che consente di concepire soluzioni di elevata attrattiva per la soluzione di piccoli problemi ma di un diffuso interesse sociale. Il ‘libero mercato’, estendendo la dimensione dei potenziali acquirenti in modo esponenziale crea occasioni di sviluppo imprenditoriale anche a professionisti creativi ma privi di risorse finanziarie.

I comparti in cui si sono espresse le creatività dei nuovi inventori sono numerosi e spaziano da applicazioni industriali dei materiali termoplastici (agricoltura, petrolchimica), a processi per smaltire e convertire le scorie urbane e industriali fino alla sostituzione di tecnologie microelettroniche ai vecchi impianti e sistemi di gestione dell’energia e delle comunicazioni. Sono tutti comparti in cui si possono riferire concreti esempi di iniziative industriali di successo in Italia. Tutti esempi generati dalle piccole aziende che hanno reagito in modo autonomo al crollo del sistema gerarchico delle produzioni nazionali che le vedeva preziosi ‘indotti industriali’ territoriali a sostegno della scarsa competitività produttiva dei grandi gruppi industriali; e degli enti statali. Entrambe figure che, negli Stati Nazione protezionisti hanno sostituito con ruolo analogo le oligarchie aristocratiche del passato circondate dalle clientele parassitarie dei loro cortigiani; un tempo i guitti, i buffoni di corte, gli artisti agiografici ed oggi i sindacati, i media organici, i sistemi corporativi alimentati su base fiscale grazie al loro potere di lobby conservatrici e reazionarie.

La nascita delle Radio e TV ‘libere’ rappresenta uno dei casi emblematici del potere di cooptazione in pieno stile ‘gattopardesco’ dei monopoli mediatici rispetto al dirompente successo dell’innovativa soluzione ‘privata’; dopo una sterile resistenza il paese legale ha negoziato una cooptazione dei nuovi protagonisti del settore definendo una spartizione oligarchica degli interessi economici che rischiavano di imporre al sistema parassitario precedente di ‘guadagnarsi il pane’ e rinunciare alla rendita privilegiata.

Analoga sorte può essere accertata da chiunque voglia leggere la realtà in travolgente sviluppo in ogni campo in cui le vecchie rendite parassitarie ostacolano l’avvento di soluzioni più competitive e attraenti ai servizi a valore aggiunto; dalla telefonia cellulare, al Wi-Max, alle comunicazioni digitali di documenti sia privati o ufficiali, all’e-commerce, ai servizi low cost, al giornalismo su supporti digitali, etc.. Le resistenze all’avvento del nuovo derivano sempre dalle ‘corporazioni’ dei vecchi regimi para-fascisti che caratterizzano le istituzioni degli Stati Nazione di cui ci ostiniamo a celebrare cento-cinquantennali privi di solido consenso storico; i notari pubblici, i generi di monopolio, i

Smettiamola di piangerci addosso, la globalizzazione ci ha arricchito e offerto maggiori gradi di libertà se non ci rinserriamo dietro nostalgie di un passato che mai è stato più rosa dell’avvenire che ci viene offerto!

Come alla fondazione dello Stato Nazione i giovani del Sud riuscirono a inserirsi nelle professioni dello Stato unitario trasferendosi a Firenze e poi a Roma senza lamentarsi della loro malasorte che li costringeva ad ‘emigrare’ in un ambiente alieno ed ostile, così come la fondazione della CEE offrì ai giovani ricercatori o lavoratori in tutti i comparti industriali opportunità di reddito e carriera in paesi un tempo ostili senza che i cambiamenti di abitudine diventassero fonte di puro disagio ma di crescita personale e intellettuale, così oggi se mio figlio ottiene opportunità di crescita personale in Cina, in Giappone, ad Hong Kong via Londra o a Nairobi via New York lo vedo più libero e più sicuro per ciò che concerne le sue prospettive rispetto a ciò che dovette accettare da uno Stato Nazione autarchico mio padre o il padre di mio padre!

È ora di finirla di guardarsi indietro con occhiali rosa e guardare al nuovo (anche se si chiama Fukushima) con lenti scure!

L’energia gratuita dalle stelle NON è un’utopia, ma richiede ancora qualche generazione di fisici teorici dotati del genio di Maxwell, Bohr, Feinman che sappiano proporre una visione del flusso di ‘materia nera’ (o ‘energia nera’) che ci pervade al livello sub-nucleare. Solo quel salto di qualità (imprevedibile) potrà scatenare la creatività imprenditoriale di una nuova generazione di Tesla, Fermi, Shockley, Jobs che, per proprie doti individuali (libere da finanziamenti) riescono sempre a ‘creare il futuro’. Si tratta di un meccanismo ripetitivo e ‘libero’ capace di affermarsi contro ogni resistenza parassitaria come quelle che altrimenti oggi verrebbero opposte dalle oligarchie delle ‘sette sorelle’ ma anche dei gruppi finanziari e dei regimi illiberali e medievali che vivono in modo parassitario su una vecchia tecnologia che genera calore per trasformarla in energia elettrica.

Occorre infatti renderci conto che oggigiorno, alla luce della primitiva tecnologia energetica di cui disponiamo, noi ricorriamo a ‘bruciare’ (seppure in specificamente selettivi ‘forni’) materie prime fossili (legna, torba, carbone, gas, idrocarburi ma anche minerali fissili come uranio, plutonio e torio) che riscaldano caldaie di refrigeranti i quali per raffreddarsi generano elettricità ruotando meccanicamente delle turbine con processi complessivi assolutamente primitivi e a bassissimo rendimento.

Tutti quei processi hanno una costante di massicce forme di inquinamenti dell’ambiente ulteriore rispetto a quello imposto dall’equilibrio tra energia incidente dalle stelle e quella irradiata dalla Terra nello spazio che richiede spese per essere risanato (produzione di scorie, di riscaldamento dell’atmosfera, delle acque, etc.).

Ogni altra fonte energetica (eolica, fotoelettrica, idrica, etc.) è inadeguata alle esigenze globali dello sviluppo industriale ed è ottima solo per usi ‘locali’ altrimenti meno economicamente giustificabili (oasi nel deserto, stazioni antartiche, stazioni in alta montagna, isole in arcipelaghi disabitate ed isolate, etc.).

Tuttavia quei processi primitivi sono esistenti ed affidabili e soprattutto sostengono le relazioni quotidiane di sistemi sociali altamente collaudati, anche se pure essi primitivi e da migliorare. Bloccare quei processi energetici è tecnologicamente impossibile a causa dello stato primitivo e rozzo delle nostre conoscenze scientifiche in fisica teorica e matematiche associate ma – soprattutto – a causa del genio creativo di un Faraday che ruppe l’ortodossia del sinedrio scientifico del suo tempo allineato e coperto sul paradigma banale ed elementare di Newton-Leibnitz per proporne un nuovo fondato sulla percezione del ‘campo di energia primordiale’. Fu quello un atto creativo ed eminentemente ‘artistico’ di un vero scienziato che, pur inadeguato conoscitore degli strumenti matematici, stabilì da allora il solido ponte tra fisica teorica e matematiche superiori di cui si avvalse per primo Maxwell il genio che propose una teoria elettromagnetica così innovatrice e rivoluzionaria da dover essere ‘tradotta’ in più semplici termini matematici da Lorentz.

Ciò ha congelato la potenza suggestiva e rivoluzionaria della teoria di Faraday-Maxwell per oltre due secoli e mezzo fino ad oggi; inibendo ricerche sullo sfruttamento dell’energia nera – assolutamente ‘naturale’ e quindi ‘ecologicamente corretta’ oltre che gratuita.

Il livello delle tecnologie disponibili permise di verificare la correttezza delle intuizioni più rivoluzionarie di quella teoria originaria solo grazie a Einstein (l’inconsapevole promotore della fissione e fusione nucleare in contestazione oggi) ed a Tesla (il brillante, presuntuoso ed arrogante genio dell’ingegneria energetica).

Einstein scoperse l’inimmaginabile carattere ‘relativista’ della teoria matematica di Maxwell datata circa cinquant’anni prima della sua teoria della relatività ‘einsteiniana’. Tesla diede dimostrazione della validità delle sue intuizioni in materia energetica ‘svendendo’ in quanto ‘primitivi’ a Edison i suoi brevetti di macchine in corrente alternata avviando la fortuna industriale dell’oligopolio ancora in essere negli USA e convincendo il finanziatore di Edison (J.P. Morgan – un genio della finanza) ad abbandonarlo per riservare le risorse alle risorse di Tesla sulla produzione gratuita di energia e sulla trasmissione di energia senza cavi.

Non esistono comode ‘terze vie’ proposte ai miei figli dai sempre falliti nullafacenti che pretendono di essere la ‘classe dirigente’ di Stati Nazione la cui storia è costellata dalla criminale ripetitività dei fallimenti delle soluzioni studiate a tavolino da regimi top-down sempre ostili alla liberalizzazione delle scelte quotidiane. Le sole che siano capaci di assumersi responsabilmente solo dei consumatori che abbiano ‘sudato’ il loro precario reddito e ne debbano decidere ‘localmente’ e quotidianamente la suddivisione tra sopravvivenza, futilità, investimento, previdenza e solidarietà ‘caritatevole’. Consumatori, non ‘sudditi’, liberi dai saccheggi imposti da visioni politically correct giustificate da dottrine sociali illiberali sempre alla base della legittimità degli Stati Nazione e delle loro definizioni di panieri di consumi del ‘welfare state’.