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A R C H I V I O

L E T T E R E

L E T T E R S

A R C H I V E

 
08/04/2011

Egregio prof. Pelanda,

 

complimenti per la consueta chiarissima sintesi .

 

Da triestino avvilito, preoccupato ma non rassegnato alla sorte di casa mia ( quali ne siano le ragioni e le responsabilità…è altra materia di discussione!)  mi chiedo se in una auspicabile ma ancora futuribile intesa mediterranea, il porto di Trieste possa  avere un qualche ruolo.

Oggi le sue condizioni sono assolutamente defedate  e su quel poco che resta , molti tentano di mettere le grinfie anche con ipotesi consone al pifferaio di Hamelin , quali il c.d. Superporto Trieste - Monfalcone ; in prima linea in questa operazione vi è  la Regione Friuli-Venezia Giulia che maneggia per demolire l’ultimo bastione di internazionalità di Trieste.

 

Tuttavia, a presidio del Porto Franco di Trieste resta ancora inattaccabile l’Allegato VIII al Trattato di Pace di Parigi ;inserito nel Memorandum di Intesa ( dall’art. 1 all’art 20 – gli ultimi cinque articoli non vengono confermati ) dell’ottobre 1954 ; ripreso dai Trattati del MEC come Trattato internazionale e confermato nella sua validità da svariate sentenze anche recentissime.

 

Ora pende presso il Consiglio di Stato un ricorso promosso dall’Associazione per il Porto Franco Internazionale di Trieste contro il Piano Regolatore del Porto che destina l’area del Porto Vecchio a zona di espansione edilizia, dimezzando di fatto l’area del Porto Franco.

La cosa è quantomeno originale, visto che in tutti i porti si fanno carte false per avere aree di espansione mentre qui da noi si è tanto grandi nella storia da permettersi di eliminare circa 700mila mq di aree portuali per farne dei condomini.

 

Certo, la posizione del Porto Vecchio non è delle migliori ma tutti i porti nascono per giustapposizione successiva ; del resto nessuno a Genova si sognerebbe di eliminare il Porto Vecchio con le banchine delle navi passeggeri ( Ponte Doria e Ponte dei Mille ) per farne passeggiate a mare . E poi si lavora con quello che si ha, non con quello che si vorrebbe avere ; e nel caso triestino del Porto Vecchio, con investimenti importanti ma non eccessivi rispetto a progetti faraonici si potrebbe rimettere in ottima ( dico ottima !) funzione l’area (rettifica della linea di banchina con le testate dei moli, consolidamento delle sponde e dragaggio…sono più di quaranta anni che non si draga a Trieste  mentre tutti gli altri porti italiani sono soggetti ad interramento – Genova e Livorno comprese – e devono sostenere costi non indifferenti) .

 

Il fatto è che all’italiana maniera, pur operativo l’Allegato VIII, lo si rende di fatto inefficace con una presenza di dubbia legalità della Finanza e della Dogana , non ai varchi bensì all’interno del Porto Franco , eche spesso agisce quale elemento volutamente vischioso ; poi vi è stata l’interruzione del traffico ferroviario che è stato un colpo al cuore dell’operatività portuale.

 

In sostanza, una merce scaricata o caricata a Trieste ha la facoltà di giungere a destino e colà sdoganare, attraversando liberamente tutta l’area della UE ; è una prerogativa unica !

 

Una cosa io mi chiedo: la caduta dell’Unione Sovietica ha mostrato alla generalità delle persone comuni di come gli eventi si facciano beffe di tutte le previsioni . Se, dopo che Trieste prima dal 1919 e poi dal 1954 è stata costretta in una camicia di Nesso – magari ben finanziata per non fare troppo sangue -   qualche  cosa del genere dovesse succedere nell’Alto Adriatico coinvolgendo Trieste, non è per nulla detto che – nelle condizioni di poter scegliere -  verrebbe per una terza volta scelta la soluzione italiana che proprio dall’Italia viene sabotata per insipienza ,per cattiveria , per piccoli calcoli di altri porti e per mantenere a spese nostre una strana ‘pace adriatica’.  

 

Mi perdoni per la prolissità, ma l’argomento è complesso e di esiziale importanza per il porto di Trieste, che ha molti nemici , anche dentro casa.

 

Cordiali saluti.

 

Adriano V.

Trieste 

 

01/04/2011

LA CRISI LIBICA

   Gli avvenimenti attuali in Libia mi ricordano gli anni trenta, quando la Società delle Nazioni di Ginevra, che fu sostituita dall’ONU alla fine della seconda Guerra mondiale, su iniziativa del focoso Ministro degli Affari Esteri britannico Eden, comminò all’Italia, rea di imitare le nazioni colonizzatrici in Africa, le sanzioni economiche.
   Le quali rafforzarono il patriottismo italiano ed il regime fascista e costrinsero l’Italia a chiedere aiuto alla Germania nazista, con le conseguenze ben note.
   La lungimiranza degli inglesi e dei francesi di allora è pari a quella sfoggiata oggi nei confronti della Libia, che è spinta nelle braccia del terrorismo islamico.
   Un’ altra prova che la storia non insegna nulla: l’ignoranza e l’avidità delle nazioni egemoni non cambia.
    Anche oggi si ricorre all’autorità dell’ ONU per mascherare un’ operazione di egemonia economica e si spaccia l’ aggressione brutale della Francia e della Gran Bretagna contro la Libia come un intervento “umanitario”. La politica delle cannoniere non è cambiata.
    La vecchia messinscena dei crimini contro l’umanità per distruggere i propri avversari e deferirli alla Corte Internazionale dell’Aia è stata attuata con abilità e tempestività.
    Così come la risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU, per giustificare i bombardamenti sulla Libia senza dichiarazione di guerra e senza porre alcun limite.
    Il precedente è gravissimo: qualsiasi nazione non gradita al direttorio dell’ONU può essere accusata di delitti e bombardata indiscriminatamente, senza riguardo per le popolazioni inermi.
    C’è già  stato il discutibile precedente nei Balcani, con l’intervento della NATO e degli aerei italiani per bombardare la Serbia..Ma si pensava che ciò fosse un conflitto  locale irripetibile.
   Ora invece si mobilitano decine di Nazioni nell’ ONU per dare l’ostracismo al regime di Gheddafi
 e per abbatterlo militarmente, fingendo di non sapere che la maggioranza delle Nazioni membri dell’ONU è retta da regimi non meno autoritari di quello libico.
    Assistiamo al trionfo della mistificazione e dell’ipocrisia, a spese di migliaia di civili, che sono sacrificati  per la loro  liberazione dal cielo..
    Non sappiamo dove ci porti questa guerra non dichiarata.
    Ma è certo che da oggi si devono rivedere gli Statuti delle organizzazioni internazionali,
ad incominciare dall’ ONU, per evitare che simili aberrazioni si ripetano.
     Ad esempio si deve riformare il Consiglio di Sicurezza dell’ ONU, che non rispecchia più
la maggioranza dei suoi membri. I membri permanenti costituiscono una anomalia oggi non più giustificata. Tutti i membri dovrebbero avere eguali diritti e doveri.
     L’Unione Europea si è dimostrata in questa circostanza inesistente.  Ed hanno ripreso ad operare liberamente le vecchie Nazioni dominanti, per difendere i propri previlegi ed i propri interessi.
    Da tempo ormai i singoli membri si domandano se la rinuncia alla propria sovranità è compensata da una maggiore sicurezza economica e militare.
     La capacità delle strutture multinazionali si verifica nelle situazioni di crisi e di emergenza.
      Purtroppo l’UE è fallita nella gestione della politica estera. Se non troverà una rapida soluzione,
l’UE sarà destinata a disgregarsi sotto gli attacchi provenienti dall’esterno: concorrenza economica globalizzata, politica monetaria comune, finanza internazionale incontrollata, immigrazione selvaggia, terrorismo islamico, ecc.              
     La crisi libica è un banco di prova decisivo per la UE. Vediamo come ne uscirà.
        
                                                                                     Salvatore Custòdero