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Neoliberismo per un Europa delle libertà

Di Carlo Pelanda

(Saggio pubblicato su "Nueva Revista", Madrid, novembre 1995, versione in Italiano)

1. La questione europea

L'Europa deve decidere in questi anni se l'architettura politica del suo mercato dovrà essere ispirata al capitalismo sociale o al capitalismo liberista, se dovrà essere aperta o chiusa, se i suoi singoli Stati nazionali si orienteranno verso un' "economia della stabilità" o verso un' "economia delle opportunità". La nuova "questione europea" é la scelta tra queste due alternartive.

Sul piano più generale la soluzione sembra già predeterminata dal dominio di Germania e, in subordine, Francia sulll'ambiente europeo. Europa nel nome, Germania nella sostanza. La Germania e la Francia si basano su un modello economico di protezionismo sociale-nazionale. Il trattato di Maastricht, infatti, non é altro che una europeizzazione del modello tedesco di economia socializzata in forma combinata con il protezionismo nazionalista francese. In realtà Francia e Germania e tutti gli altri Stati dell'Europa sono costretti a liberalizzare l'economia perché il modello sociale-assistenziale non funziona. Ma ciò crea un paradosso. La formazione dell'architettura politica del mercato europeo é influenzata da un modello che comunque deve per forza cambiare. Non risolvere questo paradosso significa esporsi al possibile disastro o di una "finta liberalizzazione" o di una "liberalizzazione gerarchica".

Nel primo caso l'ambiente economico europeo resterebbe depresso peggiorando la sua già bassa capacità di produrre ricchezza (negli ultimi 15 anni l'Europa ha perso la competizione economica con Stati Uniti e Giappone crescendo di meno e producendo più disoccupazione).

Nel secondo caso la Germania potrebbe costringere gli associati europei a finanziare l'inefficienza dell'economia nazionale tedesca. Questa sovracapitalizzazione permetterebbe all'industria tedesca di guadagnare efficienza senza troppi sacrifici sociali. La Germania diventerebbe più efficiente sul piano economico, ma gli altri europei diventerebbero più poveri (attraverso la sua forza finanziaria ed il coordinamento strategico tra banche e grandi industrie la Germania sarebbe in grado di importare "valore aggiunto" a spese degli altri Paesi).

In uno scenario del genere la Francia probabilmente troverebbe più vantaggi ad essere seconda dietro la Germania, e guadagnare qualche spazio di imperialismo economico secondario. Questo scenario crea problemi enormi di stabilità politica e di efficienza economica dell'ambiente europeo. E' possibile trovare uno scenario alternativo?

Sì, é possibile. In teoria un'Europa fatta di Stati ad economia liberista sarebbe meno vulnerabile a questo problema. L'industria e la finanza diventerebbero meno "nazionali" e dovrebbero rispondere solo ai criteri del mercato e non più a quelli del protezionismo sociale-nazionale. Tutto l'ambiente economico europeo sarebbe rivitalizzato da un "Big Bang" dovuto al passaggio dal capitalismo burocratico dell'"economia della stabilità" a quello più efficiente dell'"economia delle opportunità".

La questione europea, in essenza, si riduce al problema di come riuscire a liberalizzare le economie dei singoli Stati nazionali del continente. Il problema é costituito dal fatto che "liberalizzare" significa togliere garanzie assistenziali e protezioniste. Se la gente che le perde non é convinta di trovare una buona posizione sul mercato, certamente non sarà disposta a dare il proprio consenso alle politiche liberiste. Qualcuno tenterà di spiegare che le garanzie protezioniste sono false garanzie e che lo Stato sociale-assistenziale crollerà comunque sotto il peso della propria inefficienza. Si potrà anche dimostrare che la disoccupazione in Europa é causata proprio da una forma di economia che riduce le opportunità di nuovo lavoro proprio perché protegge il lavoro di chi già ce l'ha. Ma i partiti di sinistra diranno il contrario e continueranno ad offrire l'illusione di un accesso di massa alla ricchezza attraverso leggi redistributive indipendenti dai reali andamenti del mercato.

La crisi dello Stato sociale-assistenziale é evidente in tutti i Paesi europei. E' anche evidente che sarebbe necessario compiere una liberalizzazione d'emergenza per salvare le prospettive di ricchezza nel futuro. Ma la resistenza dei sindacati, dei gruppi di interesse legati al denaro pubblico e della gente che lavora in settori protetti ha una forza tale da rendere lento e conflittuale il processo. E questa situazione é simile in Germania, Francia Italia e Spagna.

La soluzione é quella di trovare un'offerta politica che sia capace di conciliare libertà del mercato e garanzie sociali. Bisogna trovare un modello che sia capace di sostituire la perdita delle vecchie garanzie protezioniste con garanzie di nuovo tipo. Il liberismo che é capace di vincere il 51% dei consensi nei diversi Stati europei é un neo-liberismo che oltre a garantire una maggiore efficienza sul piano della creazione della ricchezza deve anche garantire un accesso di massa ad essa, concretamente.

In Europa abbiamo l'esperienza della liberalizzazione del Regno Unito fatta dal Governo Tatcher negli anni 80. Grazie alla liberalizzazione l'industria inglese é diventata più efficiente e competitiva e si é salvata dal disastro a cui le amministrazioni labouriste l'avevano destinata. Ma il costo sociale é stato alto. Tra la perdita delle garanzie assistenziali e le nuove opportunità create dalla liberazione del mercato é passato troppo tempo e molta gente é diventata più povera nella transizione. Il problema é capire come liberalizzare riducendo al minimo il tempo tra perdita delle garanzie e acquisto delle nuove opportunità a livello di massa. Capire questo significa rendere politicamente possibile il liberismo e risolvere positivamente la questione europea.

2. Il problema storico della "socializzazione dell’economia"

La formazione nel 1800 e 1900 della società di massa ha creato due problemi assolutamente nuovi nella storia: (a) creazione di capitale per un volume crescente di cittadini che passavano dall'economia di sopravvivenza (lavoro in cambio di cibo) a quella industriale (lavoro in cambio di denaro); (b) creazione di garanzie per la diffusione di massa del capitale. Di fatto, la partecipazione delle masse all'economia ha avuto come risultato una crescente pressione storica per la socializzazione dell'economia stessa. A causa di questa pressione, in Europa ed America, lo Stato non ha più potuto evitare l'intervento diretto nell'economia (regolare la massa monetaria e fornire garanzie ai cittadini). Per questo motivo l'esplosione della società di massa ha creato una relazione di interdipendenza oggettiva tra Stato e Mercato ed il problema di trovare una relazione positiva ed equilibrata tra i due. Dall'inizio del secolo, tuttavia, la ricerca di questo equilibrio non ha prodotto risultati stabili, e la questione resta ancora, pericolosamente, aperta sia sul piano teorico sia su quello pratico.

Comunismo e Nazional-socialismo sono state le forme più estreme e gerarchiche di "socializzazione dell'economia". Il primo si é caratterizzato come tentativo di creare politicamente il capitale affinché la creazione della ricchezza fosse subordinata al principio di distribuzione di massa della stessa (sostituzione totale del mercato da parte dello Stato). Il secondo ha tentato di "statalizzare il capitalismo", cioé di far diventare lo Stato un elemento del mercato e quindi di garantire in forma politica la partecipazione delle masse al mercato stesso. (Fascismo, Nazismo, Falangismo e gli altri nazional-socialismi della prima metà del secolo, infatti, posssono essere definiti come esempi di "Capitalismo statalista"). Il comunismo, vittorioso nella Seconda guerra mondiale, é successivamente fallito, principalmente, per il fatto che il vincolo di socializzazione dell'economia sul piano dei modi di creare la ricchezza ne ha reso impossibile la produzione.

La forma gerarchica del capitalismo statalista é crollato in Germania, Giappone e Italia a causa della sconfitta bellica. Ma, valutando le prestazioni economiche delle forme di capitalismo statalista-gerarchico sopravvissute alla guerra mondiale o successive, tipo il Franchismo e il Salazarismo in Spagna e Portogallo e del Peronismo in Argentina, si può dire che questa forma di socializzazione dell'economia é stata inefficiente sul piano della creazione e diffusione della ricchezza tanto quanto il comunismo, per motivi simili anche se nell'ambito di una forma diversa e meno estrema.

La prima risposta "statalista" ai nuovi problemi di socializzazione dell'economia era fallita.

L'altra teoria era quella liberista, basata sul principio che la libertà del mercato fosse una condizione necessaria e sufficiente per la creazione e diffusione di massa della ricchezza. Gli Stati Uniti erano, storicamente l'unico Paese che aveva trasformato i principi liberisti in forma di Stato e di modello economico operativo. Ma questo modello risultava più forte in relazione alla sconfitta degli altri e non perché avesse dato realmente prova di essere la miglior combinazione tra requisiti di creazione del capitale e sua diffusione alle masse. Come noto, gli Stati Uniti degli anni 30 erano diventati un disastro economico e sociale. E questo disastro era stato corretto con un forte interventismo dello Stato che produsse garanzie redistributive (per esempio, riarmo e misure di assistenza). Poi la guerra riorganizzò l'enorme capitale umano e naturale degli Stati Uniti in forma di industrializzazione di massa ed accelerata.

La ricostruzione post-bellica, con la sua eccezionale vitalità, nascose il problema del modello: l'economia cresceva e la gente partecipava ad essa non guidata da un'idea precisa di capitalismo di massa, ma da una situazione storica che creava spontaneamente il capitalismo di massa stesso. Negli anni 60 la maggior parte dei paesi europei, il Giappone e gli Stati Uniti erano diventati ricchi e la ricchezza sembrava poter essere di massa. Ma in realtà nessuno sapeva come e perché.

L'Europa degli anni 50 si trovava senza una teoria della ricchezza capace di realizzare la socializzazione dell'economia in una forma allo stesso tempo efficente sul piano del mercato e efficace su quello sociale. Lo Stato aveva una "personalità storica" che sembrava risolvere in modo efficente ed efficace il problema della socializzazione dell'economia. Ma in realtà non aveva ancora conquistato la "personalità teorica" che lo mettesse in grado di stabilizzare il metodo per ottenere un capitalismo di massa.

In Europa, il successo economico senza teoria provocò la perpetuazione delle vecchie teorie. In Francia, Germania, Italia la situazione post-bellica non aveva in realtà sostituito la forma pre-bellica dello Stato. L'interventismo dello Stato nell'economia restava. In parte questo succedeva perché le masse mantenevano una forte domanda di garanzie economiche. Ma la parte più importante del "fenomeno di continuità" si basava sul fatto che le nuove elites politiche non avevano nel loro repertorio altra idea se non quella di continuare il modello pre-bellico di socializzazione dell'economia attraverso l'interventismo statale, anche se in forma più moderna e meno gerarchica. La cosa era complicata dal fatto che la pressione geo-politica comunista, combinata con l'endemica domanda di garanzie da parte delle masse, costringeva i partiti favorevoli al libero mercato a competere con la sinistra sul piano dell'offerta di protezione sociale. Per questi motivi la Germania combinò libero mercato e redistribuzione socialista come modello di "Capitalismo sociale" (noto come: economia sociale di mercato o modello renano). La Francia, ancora alimentata dalla vocazione imperiale pre-bellica, generò un modello di "capitalismo nazional-protezionista". L'Italia, influenzata dal solidarismo cattolico, creò una variante pesantemente assistenzialista del capitalismo sociale. Negli anni 70 la Spagna ed il Portogallo divennero democrazie compiute, ma la domanda di garanzie economiche delle masse favorì un metodo di socializzazione dell'economia che ancora una volta si basava sul forte interventismo economico dello Stato.

A metà degli anni 90 si può valutare la "seconda risposta " adottata dagli Stati europei al problema della società di massa: trovare un compromesso tra libero mercato e socialismo. Ma non é molto diversa dalla prima, in linea di principio. Gli stessi motivi che hanno portato al fallimento della prima risposta pregiudicano la seconda. In sostanza, la risposta di socializzare la ricchezza imponendo con metodi politici la redistribuzione forzata del profitto alle masse comporta la depressione strutturale del processo di creazione della ricchezza stessa. Era un difetto del comunismo sovietico. E' un difetto della socialdemocrazia di tipo svedese. E' un difetto delle varianti di "capitalismo sociale" adottate nei principali Paesi europei.

E l'alternativa liberista? Negli Stati Uniti e nel Regno Unito ha prodotto un modello dove il processo di creazione della ricchezza é molto efficiente, ma la diffusione sociale della stessa non lo é altrettanto.

3. La riforma Neo-liberista

A metà degli anni 90 siamo in grado di valutare le prestazioni dei due modelli di risposta al problema socializzazione dell'economia che sono stati adottati in Occidente.

1) Il modello di "capitalismo sociale" europeo tenta un compromesso tra creazione liberista della ricchezza e redistribuzione socialista di essa. Non ci riesce perché i pesi redistributivi (tasse, protezionismo sociale, costo ed inefficienza della burocrazia) deprimono proprio la creazione della ricchezza. Il capitalismo sociale, infatti, fabbrica disoccupati sia perché garantisce troppo chi ha già un lavoro sia, soprattutto, perché riduce le opportunità per le nuove imprese. Non funziona e non può funzionare. Ed é dimostrabile.

2) Il modello di capitalismo liberista, adottato negli Stati Uniti e nel Regno Unito, risulta essere il miglior metodo per dare il massimo di efficienza alla creazione della ricchezza. Poche tasse, molto capitale privato in libera circolazione, flessibilità per le imprese, sono fattori che producono il miglior ambiente per l'efficienza del capitale. Si può notare che nel capitalismo liberista l'economia corre più veloce, ma anche che solo una parte della società é in grado di saltare sul treno delle opportunità. Il capitalismo liberista crea molte opportunità, ma esse sembrano di più di quelle che la gente riesce a cogliere. Evidentemente nei sistemi osservati é mancato e manca un investimento sul capitale umano che dia un accesso di massa alle opportunità che ci sono.

In sintesi ci sono dati fattuali sufficienti per permetterci di compiere la seguente valutazione.

Il modello di capitalismo sociale produce una depressione sistematica del circuito del capitale che colpisce la creazione della ricchezza. I costi delle garanzie e delle burocrazie per gestirle aumentano, ma le fonti per finanziarle diminuiscono. Questo sbilanciamento strutturale tra entrate ed uscite rende sistematica la tendenza all'indebitamento degli Stati o ad incrementi delle tasse in una situazione di bassa crescita economica. Nel lungo periodo un sistema così organizzato può solo fallire portando al collasso finanziario dello Stato o ad altre catastrofi sociali (inflazione, deindustrializzazione strutturale, ecc.). Proprio perché incompatibile con i requisiti di creazione della ricchezza questo modello non é riformabile. E', definitivamente, un ramo secco nell'evoluzione delle relazioni tra Stato e Mercato.

Il modello liberista é invece riformabile perché il suo problema non é quello dell'efficienza sul lato della creazione della ricchezza, ma si trova sul piano dell'accesso di massa al ciclo del capitalismo. Il sistema finanzia bene se stesso, ma tende a creare un gap tra numero delle opportunità e quantità di gente che é capace di coglierle. La soluzione di riforma consiste nell'attuare investimenti che aumentino il valore di mercato di tutti gli individui per facilitarne un accesso di massa ad esso.

Questa considerazione ci indica la strada per la riforma del liberismo. La teoria classica del liberismo dice che ogni problema del mercato va risolto immettendo più libertà nel mercato. Dai fatti sappiamo che questo risolve solo metà del problema. Per rendere socialmente efficace la libertà bisogna mettere in grado ogni individuo di usarla e trarne profitto. Il mercato da solo non riesce a finanziare l'accesso di massa a se stesso. Qualcosa altro deve compiere questo investimento.

Il concetto socialista e protezionista di "garanzia" si traduce nelle forma semplificata di finanziamento diretto dei cittadini utilizzando il tesoro ottenuto con la tassazione. E la cosa non funziona perché il sistema di garanzie é incompatibile con i requisiti di vitalità del mercato.

Un concetto di garanzia che é invece compatibile con i requisiti del mercato é quello che assicura la costruzione della capacità dell'individuo di avere un valore di mercato. Si chiama "garanzia di investimento". Invece di finanziare gli individui indipendentemente dalle loro prestazioni economiche la "nuova garanzia" sarebbe finalizzata ad investire sulla qualità competitiva di ogni singolo individuo. La nuova garanzia é un investimento sul capitale umano.

Chi lo fa? Deve farlo lo Stato per assicurare che l'investimento abbia caratteristiche sistematiche. Non deve necessariamente farlo attraverso un sistema pubblico, ma può ricorrere a sistemi privati vincolati da regole pubbliche, che sarebbe cosa più efficiente. Come lo fa? In tre modi:

(a) creando un sistema di formazione continua e, soprattutto, individualizzata per i cittadini.

(b) generando e favorendo sistemi tutoriali personalizzati che assistano ogni lavoratore nelle loro relazioni con il mercato del lavoro (facilitare la mobilità intellettuale e spaziale dei lavoratori)

(c) organizzando un sistema di riassicurazione che permetta ad ogni cittadino in difficoltà di riqualificarsi e ritrovare in un nuovo settore il valore di mercato perso in quello precedente.

Questi sono i tre lati del triangolo delle garanzie neo-liberiste: formazione continua, servizi di mobilità e servizi di riassicurazione.

In questo modello l'individuo non sarebbe mai lasciato solo nelle sue relazioni con il mercato. Sarebbe dotato di una garanzia che lo mette in grado di navigare e rinavigare nel mare, pur tempestoso, delle opportunità liberistische.

Questo tipo di garanzia può sostituire quella di tradizione protezionista e socialista risultando più efficace e meno costosa. Invece di dare una garanzia ad un lavoratore finanziando un posto di lavoro che non da profitto si finanzierebbe la capacità dello stesso lavoratore di trovarsi un lavoro che da profitto.

Tutto questo, ovviamente, si basa sull'osservazione che un mercato c'é e che é vitale. Quindi é razionale cogliere questa situazione per riqualificare il livello delle garanzie trasformandole in finanziamento delle capacità competitive piuttosto che mantenerle in forma di tutela delle passività.

La teoria classica liberista non ha mai chiarito la relazione tra "Stato" e "Mercato", lasciando intendere che il secondo potesse sostituire il primo. Non é vero e questo vuoto ha dato un vantaggio immeritato alla teoria socialista e sociale che pensa l'esatto opposto. Il Neoliberismo deve riparare a questo problema della teoria e metodo liberisti definendo una relazione molto precisa tra Stato e Mercato.

Lo Stato deve dare garanzie. Il Mercato deve dare ricchezza.

Lo Stato finanzia e tutela la qualità del capitale umano. Il Mercato deve trasformare questa qualità in ricchezza crescente. Una piccola parte di questa ricchezza serve a rifinanziare le garanzie di qualificazione ed il ciclo va avanti. Meno tasse, più garanzie. Questo é il neo-liberismo.

Ovviamente c'é molto di più. Ma questo serve a dare una chiara idea di come una proposta Neoliberista possa competere, sul piano delle prestazioni sociali, con altri modelli più antiquati.

Potete chiamarlo anche "Stato della socialità efficiente", ma é più semplice definirlo "Nuovo Stato" o "Stato neoliberista".

4. La missione dello Stato neo-liberista

Abbiamo visto, pur solo per cenni, che un modello neo-liberista di Stato può generare una relazione allo stesso tempo tecnicamente efficiente e socialmente efficace tra Stato e Mercato. Ma lo Stato nazionale é stato messo in crisi dalla globalizzazione dei mercati sul piano della sovranità economica. La teoria del Nuovo Stato deve anche risolvere in forma positiva il potenziale conflitto tra Stato Nazionale e Mercato globale. Questo punto é tanto essenziale quanto lo é il precedente per rendere credibile l'offerta di nuove garanzie.

In pochi decenni il capitale é cresciuto di volume assoluto, é organizzato da tecniche efficienti ed é libero di muoversi internazionalmente. Per questi motivi il capitale ha trovato una propria sovranità direzionale. Non si fa più tassare dagli Stati, ma sceglie, legalmente, in quali Stati farsi tassare. In pochi secondi è capace di modificare la propria denominazione monetaria e di migrare da una nazione all'altra. Se in un Paese il costo del lavoro è troppo alto le produzioni vengono spostate altrove dove tale costo è più basso. Ciò che il mercato pensa si trasforma immediatamente in azione dinamica spostando masse monetarie ed attività produttive verso i luoghi a maggiore probabilità di profitto indipendentemente da logiche nazionali, protezionistiche o solidaristiche.

Il costo della eventuale deviazione dai criteri di scommessa o di profitto definiti dal mercato è una misura grossolana, ma efficace, della perdita di sovranità economica dello Stato nazionale di fronte al nuovo dominio globalizzato del capitale. Ed é anche una perdita di sovranità politica. Uno Stato che non può fare una politica economica votata dai cittadini perché il mercato la punirebbe (disinvestendo o abbassando il valore della moneta) non può più garantire i propri elettori che il loro voto potrà essere rispettato. Tietmeyer, presidente della Bundesbank, la chiama "democrazia finanziaria". In questo regime gli Stati sono a sovranità limitata perché il mercato globale può muovere una massa di capitale più grande di quella che i singoli Stati possono controllare da soli o perfino alleandosi in cartelli.

Tale perdita di sovranità significa che gli Stati non possono più fare politiche di bilancio e monetarie indipendenti da ciò che il mercato internazionale, in quel momento, pensa sia un requisito di profitto futuro. Con il prevalere della sovranità del Capitale su quella dello Stato nazionale tende a cadere la possibilità di generare o mantenere garanzie che tutelino i cittadini e le imprese indipendentemente dalla loro capacità di sopravvivere autonomamente nel mercato. Alla cittadinanza unica si é sostituita una doppia: quella territoriale nello Stato e quella economica nel territorio virtuale del mercato globale. La prima non può più dare garanzie economiche dirette. La seconda le da solo a posteriori, ovvero - tautologicamente- come conseguenza del successo individuale nel mercato stesso.

Queste parole sembrano una semplice conferma dei motivi sostenuti nel paragrafo precedente per passare dalle garanzie protezioniste a quelle neo-liberiste. Ma c'é molto di più. Il regime di garanzia neo-liberista può essere applicato in maniera credibile su un territorio se in esso c'é un mercato sufficientemente vitale. Se il capitale punisce quel territorio e migra altrove, le garanzie neo-liberiste non servono a nulla. In parte esse hanno proprio lo scopo di mantenere un'alta vitalità del mercato in un dato territorio. Ma l'altra parte dipende da qualcosa che é più complesso.

La missione di garanzia del Nuovo Stato non si esaurisce solo nella formazione e tutela del capitale umano, ma la rende completa solo se é capace di assicurare che in quel dato territorio il mercato resti vitale e cresca.

La missione del Nuovo Stato é quella di certificare la bontà di un investimento di capitale sul proprio territorio. Lo Stato deve creare un valore, sul piano nazionale, che il mercato globale riconosca come utile per ottenere un plusvalore. La moneta deve essere forte e stabile; le istituzioni efficienti e credibili; la cultura deve essere vitale; le infrastrutture devono essere efficienti, le tasse devono essere basse, la burocrazia minima, massima la sicurezza civile e militare. In sintesi, il dilemma dello Stato consiste nel dover concentrare molto capitale per investimenti di qualificazione e, allo stesso tempo, abbassare il più possibile le tasse.

Il nuovo requisito di "più investimenti e meno tasse" impedisce allo Stato nazionale di finanziarsi in una forma semplice (tasse) e gli impone di produrre molta più qualità come risultato del suo potere regolativo. Per questo motivo lo Stato ha non ha più bisogno di una burocrazia estesa e diffusa sul territorio, ma di una tecnocrazia snella ed efficiente. Per questo motivo non può più instaurare un rapporto gerarchico con le proprie regioni e città interne, ma deve organizzarle in una nuova comunità di interessi autogovernati, basata sulla flessibilità, in un delicato equilibrio tra concorrenza ed eguaglianza nelle relazioni tra le diverse entità locali. Nel Nuovo Stato tutti i livelli della società devono produrre più qualità per ottenere un aumento complessivo della competitività.

In sintesi, lo Stato deve trasformarsi in una sorta di Merchant Bank che trasforma le idee in denaro e il suo potere normativo in investimenti sul capitale umano e sulla qualità del territorio. E' prorio il nuovo vincolo di conciliare "meno tasse e più investimenti" che costringe lo Stato ad una nuova missione di creazione del capitale: sfruttare ogni valore non-monetario per trasformarlo in un valore capitale riconoscibile dal mercato.

Quanto qui accennato serve solo a dire quanto sia grande e complessa la trasformazione che deve fare lo Stato nazionale per riuscire a far coincidere la cittadinanza sul suo territorio e quella nel mercato. Ma serve anche a dire che tale trasformazione é possibile. E', inoltre, necessaria. Gli Stati che non ci riusciranno decadranno. Potranno ritardare la decadenza finanziando le barriere protettive nei confronti del Mercato attraverso debiti. Ma ad un certo punto dovranno rinunciare e saranno costretti a liberalizzare con procedure d'emergenza e quindi con un maggiore costo sociale.

In conclusione, la missione del Nuovo Stato nel mercato globale é quella di riorganizzare il territorio nazionale affinché esibisca la massima attrattività per gli investimenti di capitale finanziario. Lo svolgimento di questo missione di "garanzia indiretta" rende possibile quella di "garanzia diretta" come investimento sul capitale umano, detta sopra.

5. Lo Stato nazionale é l'unità principale del mercato globale

Lo Stato nazionale entra in crisi di fronte allo sviluppo del mercato globale quando non é capace di svolgere la proria missione di garanzia nelle forme nuove qui dette. E' ovvio che uno Stato che vuole tenere le vecchie garanzie assitenziali ed allo stesso tempo resistere alla pressione del mercato globale, alla fine scoppia e la sua gente si impoverisce. La proposta neo-liberista serve proprio ad adeguare lo Stato nazionale ai criteri competitivi del mercato mettendo in grado il primo di sviluppare garanzie coincidenti con i requisiti del secondo.

Ma la nuova alleanza neoliberista tra Stato e Mercato non serve solo a far sopravvivere il primo nella sua forma nazionale. Lo Stato nazionale liberalizzato che diviene capace di produrre garanzie di investimento serve al mercato globale stesso per mantenere i propri cicli e svilupparsi. Se lo Stato fornisce garanzie (crea valore) il mercato può creare ricchezza (plusvalore). Se una gran massa di Stati nazionali producono luoghi specifici ed un ambiente complessivo fortemente strutturati sul piano delle "garanzie di investimento" allora il mercato globale può esistere meglio e svilupparsi di più. Questo ciclo espansivo della ricchezza, poi, permette la realizzazione del "capitalismo di massa" nei singoli Stati nazionali rinnovandone il contributo di ricchezza al mercato globale.

Esiste quindi una interdipendenza oggettiva tra Stato nazionale e Mercato globale.

Questo é il punto principale che dobbiamo capire per poter pensare a quale sia la migliore architettura politica del mercato.

Lo Stato nazionale é l'unità di base del Mercato globale. Lo é perché batte moneta, perché ha potere di tassa e quindi di finanziare garanzie, perché, soprattutto, é il luogo dove avviene la trasformazione in capitale monetario delle risorse non-monetarie. Ed é un luogo capace di compiere questa trasformazione perché é politicamente strutturato per farlo. La democrazia é un fatto nazionale: non esiste democrazia sopra o sotto lo Stato nazionale (le regioni locali senza Stato nazionale sarebbero Stati nazionali anch'esse, semplicemente più piccole). Piaccia o non piaccia dobbiamo utilizzare lo Stato nazionale come mattone per qualsiasi tentativo di dare un'architettura politica al mercato globale.

La teoria neo-liberista produce un modello molto preciso di architettura del mercato globale da creare nel prossimo futuro.

L'unità di base é fatta dai singoli Stati nazionali che compiono una riforma al loro interno, in due punti principali: (a) trasformare la propria organizzazione per certificare gli investimenti di capitale sul loro territorio; (b) fornire garanzie di investimento che qualifichi continuamente il capitale umano.

Nelle relazioni tra di loro gli Stati nazionali neo-liberisti si associano formando aree di libero scambio. Prima é necessario che queste aree si formino coinvolgendo Paesi simili tra loro ed omogenei sul piano delle condizioni economiche. La seconda fase sarebbe quella di integrazione planetaria delle aree regionali di libero scambio.

Durante questo processo gli Stati non devono costruire un'organizzazione gerarchica sul piano delle politiche economiche e delle monete perché il sistema deve restare flessibile.

In sintesi, l'architettura politica del mercato globale deve dare garanzie di stabilità che siano in equilibrio con la flessibilità richiesta dai singoli Stati.

Sul piano monetario, fondamentale, questo equilibrio tra vincoli di stabilità e di flessibilità si ottiene non cercando di creare una moneta unica, ma organizzando un sistema di compensazione e riassicurazione in riferimento al rischio di cambio. Un sistema internazionale di scambi ha bisogno di stabilità monetaria, ma essa può essere raggiunta in modo "sufficiente" riducendo il rischio di oscillazione delle monete per gli operatori economici. Non serve una burocrazia monetaria. Serve un'intelligente accordo tra Stati nazionali per ridurre i costi e i rischi dei commerci.

In generale, il neo-liberismo é in grado di costruire un'architettura politica del mercato globale allo stesso tempo stabile e flessibile. Il modello neoliberista di mercato globale può essere chiamato "Cooperazione sufficiente, aperta e reciprocamente riassicurativa", o, in breve, "Cooperazione sufficiente".

6. Conclusioni: l'idea di "Europa sufficiente"

La vera questione é quella di trovare architetture politiche del mercato che assicurino la maggiore probabilità per la crescita complessiva della ricchezza.

L'Europa di Maastricht si basa su un modello che riproduce su scala internazionale i difetti di inefficienza del capitalismo burocratico tedesco e francese. Un'Europa costruita in questo modo sarebbe un disastro economico per gli europei ed un grave danno per la crescita del mercato globale (lo é già).

E' urgente proporre un modello alternativo.

Il modello di "Europa sufficiente" é alternativo a quello di Masstricht e si basa su quattro punti principali:

* Liberalizzazione interna degli Stati nazionali europei secondo un comune standard di Stato neoliberista.

* Trasformazione dell'Unione Europea in un agenzia dedicata alla realizzazione del Mercato Unico come Area di libero scambio.

* Trasformazione dell'Istituo monetario europeo in un organismo per la compensazione dei rischi di cambio. Per far funzionare il Mercato Unico non é necessario avere una moneta unica, ma é sufficiente garantire gli operatori del mercato che non avranno danni dalla oscillazione eventuale delle monete.

* Creazione dell'Alleanza Europea in forma di trattato cooperativo per la sicurezza militare.

Cosa sarebbe l'Europa in questa visione. Sarebbe un'Alleanza che é più di un alleanza, ma meno di un'unione. Sarebbe un'Europa sufficientemente integrata per rendere efficiente la creazione della ricchezza.

L'"Europa sufficiente" sarebbe molto più utile al mercato globale che non quella di Maastricht e quindi più utile alle speranze di ricchezza dei cittadini europei. La seconda tenderebbe a restare un sistema più chiuso che aperto con prosepettive limitate di crescita economica. La prima avrebbe un maggiore potenziale di crescita e, quindi, di contributo alla crescita della ricchezza globale.

Inoltre l' "Europa sufficiente" sarebbe allo stesso tempo integrata e flessibile per contribuire ad ulteriori integrazioni. Prima con l'area di libero scambio americana. Poi con quella asiatica. Alla fine il modello di cooperazione sufficiente diventerebbe una solida architettura globale per tutti.

Ma tutto il disegno parte dalla capacità di inventare e realizzare un Neoliberismo che renda politicamente possibile la conquista di un efficenza capitalistica combinata con l'efficacia sociale.

Lo Stato deve dare garanzie ed il mercato ricchezza. Lo Stato neoliberista può dare nuove garanzie che aiutano il mercato a creare nuova ricchezza. La rivoluzione neoliberista nei Singoli Stati europei può creare la riforma neoliberista dell'idea di Europa. Un'Europa aperta e liberista può aiutare molto meglio l'integrazione del mercato globale. Un mercato globale meglio organizzato produce più opportunità di ricchezza per tutti. Produce un "capitalismo di massa" che é la risposta creativa ed efficace al problema storico di come socializzare l'economia.

Si apre una grande stagione di ricerca creativa e realizzazione pratica. Amici, é il tempo della rivoluzione per le nuove libertà contro chi vuole burocratizzare la storia.