Il modello politico
è causa della poca crescita e tanta disoccupazione
Di Carlo Pelanda (4-5-2010)
Il Pil complessivo
del mondo sta crescendo oltre il 4% nel 2010 trainato dalla ripresa cinese
(10%), indiana (8%) e statunitense (3,5%). Di fronte a questi dati i cittadini
dell’Eurozona -, e dell’Italia in particolare - potrebbero restare sconcertati.
L’economia globale è in boom, l’inflazione da crescita già visibile, ma l’Europa resta in stagnazione. La crescita
ora prevista nel 2010 sarà attorno all’1% stentato, quella in Italia poco più
dello 0,5%. La disoccupazione sta crescendo. Nell’America che fu l’epicentro
della crisi finanziaria del 2008 la gente sta tornando a consumare e le imprese ad investire con frenesia
ottimista, nell’Eurozona ed in Italia resta l’incertezza economica. Perché?
Come andrà?
Dai primi anni ’90
quella che è oggi l’Eurozona tende a crescere, circa, metà dell’America ed un
quarto in meno della Cina, l’Italia metà della media europea. Gli Stati sociali
di Francia, Germania ed Italia, le cui economie formano i 2/3 del Pil
dell’Eurozona, vengono finanziati via deficit pubblico e non via crescita.
Nell’area europea le tasse sono le più alte al mondo, le protezioni sindacali
più diffuse ed i costi degli apparati amministrativi/politici i più elevati.
Ciò spiega perché l’Eurozona cresce poco: il mercato è vincolato da
protezionismo sociale eccessivo e da costi abnormi sia fiscali sia sistemici, i
secondi dovuti alla poca concorrenza. Per un ricercatore, questi sono i tipici
difetti di un modello socialista, dove la redistribuzione della ricchezza via
mediazione statale è concepita senza valutare quanto comprima la creazione
della ricchezza stessa. Quindi, in sintesi, i lettori che sono in ansia perché
in cassa integrazione o temono di andarci, i commercianti, artigiani,
professionisti che vedono i loro volumi di affari depressi, i giovani che non
trovano lavoro e, in generale, le famiglie che soffrono di questo stato di
tensione, devono sapere che ciò succede, principalmente, a causa del modello
politico. Nelle altre economie del pianeta il modello è diverso, nel senso che
lascia, malamente o con più equilibrio a seconda dei regimi politici, più
spazio al libero mercato. Per questo il resto del mondo cresce di più
dell’Eurozona e molto di più dell’Italia il cui modello socialista è
particolarmente disordinato ed indebitato. Ovviamente sto semplificando in modo
esagerato, ma ciò serve a rendere chiaro il punto. Volete il lavoro e la
crescita? Bisogna liberalizzare il mercato, ridurre le tasse ed i vincoli
eccessivi, o se no non verranno. In particolare, dare più responsabilità
economica ai cittadini riducendo quella dello Stato. La scommessa dell’economia
sociale di mercato – nell’Eurozona dottrina condivisa sia a destra sia a
sinistra - di dare accesso per diritto alla ricchezza via redistribuzione ed
alte tasse è fallita perché soffoca troppo il mercato. Questo non vuol dire
invocare lo Stato minimo, ma il ribilanciare Stato e
mercato affinché il secondo sia più libero di creare ricchezza. Se così non
succederà, l’Eurozona continuerà a stagnare ed a perdere, pur lentamente,
ricchezza. Questo è il macroscenario di fondo. Quello di medio termine vede una
lenta e fiacca ripresa dell’Eurozona per il semplice fatto che la domanda
globale sta trainando l’export e pian piano ciò aumenterà il Pil e, tra due
anni, ridurrà la disoccupazione. Lentamente. Non ci sarà alcun disastro, ma
senza liberalizzazioni e detassazioni, alla fine, ci troveremo più poveri,
fragili e tristi. Chi sostiene il modello
socialista attuale, pur con buone ragioni etiche, deve rendersi conto che nella
realtà non funziona ed impoverisce.