L’interesse
italiano a rifare un’Europa forte
Di
Carlo Pelanda (6-10-2009)
La posizione
internazionale dell’Italia si sta indebolendo. Alcuni commenti apparsi sulla
stampa individuano correttamente il fenomeno, ma lo imputano alla scarsità del
governo. Magari la causa del problema fosse così semplice. In realtà stanno
cambiando repentinamente tutte le condizioni che hanno reso l’Italia influente
nel mondo fino a poco fa. Cerchiamo di vedere il problema in modo più serio.
L’Italia è
una media potenza che ha bisogno di stare in alleanze forti per moltiplicare la
sua influenza internazionale ed utilizzarla per vantaggio nazionale. Il punto è
che si sono indebolite le alleanze e gli alleati principali e non che l’Italia
abbia improvvisamente peggiorato il proprio disordine interno, endemico fin
dagli anni ’70, o la qualità della sua politica estera. L’America si sta
ritirando dal mondo perchè ormai troppo piccola, pur superpotenza, per gestire
da sola i costi ed i pesi del governo globale. Tale riposizionamento fu
iniziato da Bush, invertendo il globalismo fallimentare di Clinton, ed ora è
accelerato in modo disordinato da Obama. La Nato ha rilevanza solo residua per questo motivo
e perché Obama ha deciso di “fare G2” con la Cina derubricando la rilevanza degli europei. Per lo stesso motivo le funzioni di governo
globale dell’economia sono state passate dal G7 al G20. L’Unione europea si è
rinazionalizzata diventando poco più di un’alleanza e molto meno di un’unione. Lo
sgretolamento o la perdita di rilevanza delle alleanze lascia l’Italia senza
moltiplicatori di influenza. La nostra politica estera, in realtà, ha reagito
bene con strategie nazionali molto attive di sicurezza e commerciali. Il ritiro
americano dal Mediterraneo è stato gestito aumentando con successo i legami
bilaterali con le nazioni dell’area, caricandole di valori economici. Poi
l’Italia tenta di fare una propria politica autonoma, in relazione all’America,
nei confronti della Russia per interessi energetici e anche per contare. Così
come tiene relazioni privilegiate con la Turchia in dissonanza con la Francia. La nostra
politica estera recente può dirsi in bilico tra mercantilismo (ricerca del
vantaggio nazionale indipendentemente da vincoli di alleanza) e mantenimento
residuo della lealtà alle alleanze. Qui c’è il dilemma: puntare sul
mercantilismo, creare una propria sfera di influenza e poi giocarsela sui
tavoli dei grandi per scopi di scambio oppure tentare di rinforzare le alleanze
agendo nel modo multilateralista conseguente? Al momento la nostra azione si è
concentrata sulla prima opzione per necessità in quanto tutti i competitori
hanno fatto lo stesso. Ma l’Italia è troppo piccola per reggere tale strategia
in concorrenza con Francia, Germania, Regno Unito e America stessa. Quindi il
suo interesse prospettico è quello di rinforzare almeno una alleanza che ne ri-moltiplichi
la forza. Resta solo la Ue. La
speranza è che Francia e Germania, che hanno compiuto le stesse scelte
dell’Italia e contano meno anch’esse per lo stesso motivo, vedano il medesimo
interesse di creare un’Europa integrata che possa proiettare la sua forza nel
mondo e così influenzarlo. Questo la
stampa dovrebbe marcare. Come? Invocando una Ue compatta che da introversa
diventi estroversa, con la seguente strategia: (a) costringere l’America, a
costo di ricattarla, a fare G2 euroamericano; (b) difendere il ruolo del G7
economico; (c) associare la
Russia in un’area economica comune. Solo così l’Italia potrà
contare di più. L’unica critica al governo è che dovrebbe lui dire queste cose,
esplicitando il problema ed avviando una proposta italiana per una nuova
formula Ue.
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