La cura della democrazia
Di Carlo Pelanda (28-1-2006)
Lo sconcerto per la vittoria di Hamas ha acceso un dibattito che mette in discussione l’utilità di portare la democrazia in nazioni non pronte a gestirla. Prendo qui una posizione assolutamente a favore della “democratizzazione comunque, dovunque e subito” non sulla base di emozioni, ma di un’analisi razionale.
Stimati
intellettuali ed influenti èlite economiche, in
tutta l’area occidentale, stanno criticando la strategia democratizzante sul
piano del realismo, ma secondo me sbagliano il tipo
di realismo stesso. Ricapitoliamo i fatti. Il voto ha portato al potere, nello
Stato palestinese in formazione, Hamas che contiene
e sostiene gruppi terroristici. L’imposizione americana a Mubarak
di permettere in Egitto elezioni sul serio e non per finta ha portato in quel
Parlamento i “Fratelli musulmani” legittimando così questo gruppo jihadista.
Lo stesso metodo di “democrazia subito prima di prepararla”, in Irak,
ha istituzionalizzato la dominanza sciita contro quella
sunnita e curda. In
Afghanistan la democratizzazione ha rivestito di
forma diversa la sostanza di una società frammentata tra signori della guerra e
della droga. I realisti pragmatici valutano tali democratizzazioni
come frettolose e disastrose perché porteranno: ad uno Stato palestinese “di
guerra”; alla destabilizzazione dell’Egitto, alla frammentazione dell’Irak,
all’ingovernabilità perenne dell’Afghanistan, ecc. Aggiungo quanto sentito
in una recente riunione di una grande impresa globale, dove mi sono infuriato:
Controargomentazione:
la democrazia favorisce la moderazione degli estremisti e la stabilizzazione
dello sviluppo dandogli una forma socialmente bilanciata. Per esempio, voglio
vedere se Hamas con il compito ora di dare luce,
acqua, energia e lavoro ai palestinesi non negozierà
con Israele, non chiederà aiuto alla comunità internazionale. La democrazia ha
portato al governo una maggioranza estremista che comunque
c’era, ma adesso questa deve governare e dovrà per forza cedere elementi di
radicalismo per avere in cambio
pane. Così come i Fratelli musulmani in Egitto non potranno limitarsi a
cavalcare il malcontento offrendo visioni liriche, ma dovranno misurarsi con la
concretezza ed esporsi alla valutazione. La democrazia in Afghanistan ed Irak,
in realtà, sta creando un luogo di composizione e bilanciamento degli
interessi. In generale, le istituzioni democratiche non cambiano la mente delle
persone, ma hanno la capacità di incanalarne i comportamenti entro argini di
praticità. E questo è tutto il punto della
questione. Infatti l’unica critica seria alla
democratizzazione è quella che teme la maggioranza di partiti che poi annullano
la democrazia stessa. Ma la risposta è che tale
rischio può essere minimizzato solo dalla forza condizionante della comunità
internazionale. Non è questione di teoria, ma di politica. Che
risente di quale realismo si ha in mente. Quello “pragmatico” evita i
guai subito, ma li aumenta in prospettiva. Quello “etico” accetta rischi ora
per evitare disastri nel futuro. Per esempio, senza democrazia che crea uno
Stato delle garanzie perché il povero vota,