Il piccolo problema greco ne svela uno grande nell’eurozona
Di Carlo Pelanda (15-12-2009)
La crisi di credibilità del debito greco è rientrata in pochi giorni perché gli stati della Ue hanno comunicato che lo garantiscono. Merkel: “non lasceremo sola la Grecia”. Bene, ma è emerso un problema prospettico e sistemico.
Non sono chiari gli strumenti di erogazione delle garanzie. La Bce non può prestare soldi alle euronazioni. I prestiti potrebbero essere statali, ma con quale ripartizione di carico? Le risorse, poi, hanno un limite. Fino a che si tratta di piccoli Stati, uno per uno, le capacità di copertura sono credibili. Ma se aumentasse il rischio di insolvenza della Spagna, in combinazione con la Grecia ed altri, non lo sarebbero. Inoltre, la Germania rischia di dover coprire un buco di centinaia di miliardi nel suo sistema bancario, l’Italia ha un debito tale da impedirle un profilo contributivo, la Francia non è in situazione migliore. Le nazioni più grosse resteranno stressate a causa di una ripresa lenta che non favorirà il riequilibrio dei conti pubblici. In generale, quasi tutti i paesi fanno fatica a rispettare la disciplina di bilancio imposta dalla partecipazione all’euro anche in tempi non di crisi. Il punto: se uno analizza a fondo la questione trova che la garanzia erogabile dall’eurosistema non è poi così solida. Il mercato, fortunatamente, non fa ancora tale analisi, ma basta un incidente, non escludibile, per fargliela fare. Se la farà dovrà trovare un architettura solida di retrogaranzia e non la sua mancanza come ora. Quale? Tre opzioni. La prima riguarda il rafforzamento della credibilità dei debiti pubblici nazionali. Il modo per ottenerlo è quello praticato dalla Germania che imporrà l’obbligo al pareggio di bilancio in Costituzione a partire dal 2016. Se tutti lo facessero ciò darebbe il messaggio rassicurante e consolidante che l’eurodebito non aumenterà. Ma tale misura è applicabile solo da nazioni forti ed implica un cambiamento di modello economico che se fatto in poco tempo produrrà rivolte sociali. La seconda è quella di controllare un po’ di più le nazioni, ma lasciando flessibilità, compensando il rischio di insolvenza via creazione di un Fondo europeo di riserva con ruolo di prestatore d’emergenza (sorta di Fmi regionale). La terza, preferita dalla rubrica, è la seconda rafforzata da un progetto di graduale conferimento dei debiti nazionali, e di parte dei patrimoni pubblici a garanzia, in un unico contenitore europeo, in modo da ottenere un solo rating per tutti. Ciò ridurrebbe l’onere debitorio per le nazioni deboli permettendo loro di restare nell’euro. O si fa una delle tre o aumenterà il rischio di dissoluzione dell’euro stesso.
Carlo Pelanda