Fatti e non ideologia
Di Carlo Pelanda (29-11-2004)
Nei commenti relativi all’avvio del processo di riduzione delle tasse è finora prevalsa l’interpretazione politica sull’analisi tecnica. Da un lato, l’oggettività e la neutralità delle opinioni è impossibile. Dall’altro i fatti non sono né di sinistra né di centrodestra. E qui, a favore del lettore interessato alla concretezza, tenterò di segnalare quelli che caratterizzino la riforma fiscale in atto.
Il primo, concretissimo, è che una famiglia – lavoratori
dipendenti - del ceto medio con figli potrà risparmiare o spendere già nel 2005
dai 300 ai 500 euro in più in relazione al 2004 grazie al minor prelievo
fiscale. Ciascuno giudichi come vuole se sia tanto o poco, ma questo è il
fatto.
Secondo, avranno tali cifre – che interesseranno milioni di
famiglie – la capacità di stimolare i consumi e così aumentare la crescita?
Molti “tecnici” contrari al governo assicurano di no e ridicolizzano la misura
come inefficace. I più raffinati tra lo loro lo fanno in base a delle tabelle
elaborate dalla ricerca (econometrica) in materia che tentano di stimare quanta
crescita venga indotta da un tot di riduzione fiscale. Da questo calcolo
ricavano un effetto stimolativo irrisorio da un taglio di soli 6 miliardi di
tasse e deducono che l’azione governativa sia solo fuffa. Ma settori di ricerca
ancor più raffinati, e meno ideologicamente orientati, avvertono che tali
tabelle sono suscettibili di molte variazioni in relazione ai casi specifici. E
che per quanto riguarda l’Italia bisogna aggiungere parecchi altri criteri di
valutazione oltre a quello standard o “meccanico”. Tra questi, in detrazione,
vi è la stima di quanti denari lasciati dal fisco ai cittadini saranno
utilizzati per ricostruire le scorte di risparmio pesantemente ridotte sia
dallo sgonfiamento della bolla finanziaria 1996-2000 sia dal picco di
inflazione avvenuto in occasione della conversione della lira in euro. Tale
dato è ignoto, per lo meno a chi scrive. Ma la sensazione è che molte famiglie
ora non solo non riescano a risparmiare, ma che abbiano visto il loro monte di
risparmio ridursi notevolmente nel recente passato. Quindi, prima di consumare
di più, cercheranno di rimettere a posto le finanze famigliari. Ciò potrebbe
ridurre, in effetti, di molto l’effetto stimolativo a breve. Ma, ricostruendo
l’ottimismo delle famiglie, lo potrebbe moltiplicare notevolmente nel medio
periodo. Se si valuta la riforma fiscale in prospettiva di tre o quattro anni,
nonché il fatto che nel 2006 vi saranno altri tagli per le famiglie oltre che
per le imprese - l’effetto potrà essere molto notevole grazie all’effetto
fiducia detto. In sintesi, è probabile che la stimolazione di breve periodo sia
irrisoria, ma anche che l’effetto fiducia poi la amplificherà notevolmente. Non
pare fuffa, anzi.
Il terzo punto riguarda l’alternativa tra tagli delle tasse prima
alle famiglie o alle imprese. Ovviamente sarebbe salvifico poterli farli tutti
e due, subito e di più. Ma il governo ha trovato risorse (coperture) solo per
farne uno in relazione al 2005 posponendo l’altro al 2006. Dovendo scegliere,
ha fatto bene sul piano tecnico a cominciare dalle famiglie proprio per
ricostruirne la fiducia, motore essenziale del sistema economico. Le tasse
sulle imprese verranno ridotte il prossimo anno e, se il governo di
centrodestra verrà riconfermato nelle elezioni politiche del 2006, continuerà a
farlo fino alla cancellazione totale dell’Irap, e quindi ad un carico fiscale
ridotto verso il 30%. In sintesi, il taglio delle tasse va visto come sequenza,
almeno, quadriennale di riduzioni passo dopo passo che, se non interrotta, darà
un potenziale di crescita aggiuntivo medio tra l’1 e l’1,5% all’economia
italiana. Ciascuno faccia i suoi conti.