La sostanza deve prevalere sulla forma
Di Carlo Pelanda (19-1-2004)
E’ in atto il processo di rafforzamento dei controlli del sistema finanziario affinché nel futuro vengano minimizzate le probabilità di casi destabilizzanti quali Cirio e Parmalat. I fatti finora emersi dimostrano che le istituzioni di controllo non hanno funzionato. Nel caso Parmalat – fino all’estate del 2003 quando è cambiata la gestione – è risultata evidente la mancanza da parte della Consob, autorità di vigilanza sulle imprese quotate in Borsa. Un bilancio aziendale vistosamente squilibrato non è stato riesaminato per tempo, cioè quando sarebbe stato forse possibile evitare o limitare il disastro. Evento inquietante perché è recentemente emerso che chi nel mercato aveva informazioni privilegiate si è liberato, agli inizi del 2003 e forse prima, sia delle azioni sia delle obbligazioni del gigante alimentare parmense. Mentre queste venivano offerte con garanzia di solidità al risparmiatore dipendente dalla sola informazione pubblica. Anche la Banca d’Italia ha una responsabilità secondaria in questa vicenda in quanto organo vigilante sulle emissioni di obbligazioni e sulle operazioni bancarie connesse: non ha agito, che si sappia, nonostante i solleciti ad indagare da parte del ministro dell’economia nel luglio 2003. Ed ha una responsabilità primaria nel caso Cirio: di fatto ha permesso, volutamente o senza saperlo non si sa, che il sistema bancario trasferisse il rischio di insolvenza di quella impresa ai risparmiatori attraverso l’emissione di obbligazioni poi rivelatesi carta straccia. Ormai sono cose note, ma vanno ripetute per confermare che non si è trattato di un incidente o solo di un imbroglio di pochi, ma di un vero e proprio collasso del sistema di garanzie del risparmio e della regolazione generale degli attori economici. Per tale motivo la riparazione richiede un cambiamento totale del sistema di controlli precedente.
Infatti il governo si
prepara a varare una riforma che prevede tre soggetti di controllo: (a) una
Consob rinforzata; (b) una nuova autorità per la tutela del risparmio con
poteri di vigilanza sulle emissioni e sistemi connessi: (c) tolti alla Banca
centrale a cui resta, tuttavia, la importantissima vigilanza sulla solidità del
sistema bancario. La formula può essere discutibile su alcuni dettagli, ma di
buono ha il fatto che si creano soggetti “forti” di tutela e vigilanza con
responsabilità chiare e mezzi per esercitarle. Quindi sul piano
dell’architettura formale si può dire che ci sarà presto un notevole miglioramento.
Manca ancora la notizia di un inasprimento delle pene per gli imbrogli
finanziari, ma la tendenza va in questa direzione e ciò – sul lato della
dissuasione - dovrebbe completare la costruzione di un sistema ordinativo più
efficace.
Ma la valutazione finale di
quanto la prossima riforma sarà credibile, e quindi capace di ripristinare la
fiducia, sarà possibile solo quando conosceremo i nomi delle persone che
gestiranno i controlli, cioè i loro curricula e gli stili di azione. Le buone
regole sono solo la metà del quadro, l’altra dipende dalla qualità dei soggetti
che le gestiscono. Cosa che ci porta alla necessità di una valutazione
immediata di uno dei lati del triangolo del sistema dei controlli, cioè la
Banca d’Italia. Francamente, è stato sorprendente il rifiuto da parte di
Antonio Fazio di collaborare con il governo per la valutazione dei rischi Cirio
e Parmalat. Ancor più sorprendente è la motivazione addotta: lo statuto di
indipendenza e obbligo alla riservatezza della Banca centrale non ha permesso
tale collaborazione con il governo pur il secondo sollecitandola. La sorpresa
deriva dal fatto che si trattava di situazioni di pericolo tale da
destabilizzare l’intero sistema, come poi avvenuto. Quindi la critica è che il
Governatore ha privilegiato la forma sulla sostanza in una situazione di
emergenza. Probabilmente ha agito così perché c’era un conflitto di visioni e
soluzioni con Tremonti. Ma è ammissibile che le divergenze tra persone
comportino la mancanza di cooperazione tra istituzioni in situazioni in cui c’è
un pericolo grave ed incombente? No, non lo è. E dal carteggio tra Fazio e
Tremonti emerge inequivocabilmente che il primo, dotato dei poteri
istituzionali per avere informazioni privilegiate e per poter intervenire in
tempo utile per limitare il danno, ha
ostinatamente negato di collaborare con il governo. Indipendentemente da altre
motivazioni ciò è sufficiente per sostenere che Fazio abbia commesso un grave
errore di valutazione. Che continua nel suo voler proseguire il conflitto con
il ministro dell’Economia, per motivi che paiono personali pur travestiti come
istituzionali. E’ accettabile che la riparazione del sistema venga tentata in
una situazione di ostilità e lotta di potere tra governo e Banca centrale? No,
evidentemente, perché ciò toglierebbe credibilità all’azione, delicatissima, di
riordino. Quindi tale conflitto deve finire o con una ricomposizione o con le
dimissioni di uno dei due. La prima è improbabile. Tra i due è Fazio a non
risultare difendibile in quanto ha violato la sostanza, pur non la forma, della
sua missione istituzionale. Quindi la componente “personale” della riparazione
del sistema dovrà inevitabilmente iniziare con un atto di responsabilità da
parte del governatore della Banca centrale. Per interesse generale, il
riferimento etico a cui tutti gli uomini e donne che operano nelle istituzioni
pubbliche dovrebbero ispirarsi.