Lui, professore di politica ed economia internazionale all'University
of Georgia, non usa mezzi termini quando racconta del caso della
nostrra compagnia aerea.
Professore, ma perché solo in Italia esiste un sindacato così?
«Così come?».
Il sindacato del veto. Sconfitto in Inghilterra e negli Usa ormai da venti anni, e in Germania da almeno quindici.
«In Italia abbiamo due tipi di sindacato. Un sindacato di tipo politico e uno di tipo corporativo».
Cominciamo dal primo.
«Il
sincacalismo politico, tipo Cgil, si muove in una logica politica, è
sostenuto da una parte politica e dunque anche se può sembrare del
tutto irrazionale in realtà ha un suo obiettivo che è da ricercare
fuori dalla rappresentanza dei lavoratori».
E quello corporativo?
«Quello
corporativo invece si muove in una logica di esclusiva difesa dei
propri interessi e se ne frega del resto. Le ripeto: quando lo raccotno
ai ragazzi qui negli Usa si sbellicano dalle risate».
Come è possibile che soltanto in Italia?
«Il
mondo occidentale ha superato questi due tipi di sindacato orami da
molti anni. La Germania ha affrontato questo tema e lo ha risolto con
un modello di tipo consociativo».
E cioè?
«Ha
responsabilizzato i sindacati che di fatto sono entrati nella gestione
delle stesse aziende. tutto ciò evidentemente è andato contro una
logica tipicamente capitalistica ma ha portato a maggiore stabilità».
E sarebbe riproponibile in Italia?
«In Germania è stato possibile perché le Regioni funzionano».
Nel mondo anglosassone i sindacati invece sono stati ridimensionati.
«Non
esistono più. Resiste quello giallo, quello corporativo per
intendeerci. Ma davvero in maniera davvero ridotta. Perché ormai
scavalcato: si è passati dalla contrattazione nazionale a quella
aziendale».
Aziendale?
«Le faccio l'esempio di un caso che ho
seguito da vicino, quella di Boing. L'azienda, davanti all'ennesima
richiesta del sindacato, ha detto: "Non possiamo accettare, altrimenti
decidiamo ventimila licenziamenti. Scioperate? E allora ne licenziamo
altri ventimila". Siccome negli Stati uniti davvero lo fanno, ci sono
molte meno chiacchiere e molti più casi concreti, il sindacato ha
firmato subito».
Il sindacato che dice solo no, tuttavia, è una
caratteristica solo italiana. Neanche in Spagna e Francia resistono
ipotesi del genere.
«Attenzione, in Francia esiste ancora uan
presenza molto forte dello Stato nelle grandi aziende. Ma è anche vero
che lo Stato funziona, basta pensare che è Air France che vuole
comprare Alitalia e non il contrario. In Spagna il discorso è molto
diverso. Diciamo che ancora non si è trovato un modello e ancheloro
tendono a fare dei pasticci».
Pasticci?
«In parte seguono il
modello anglosassone, e sto pensando ad Iberia-British Airways. Ma in
parte non sono molto diversi da noi».
A questo punto come possiamo uscire da questa situazione?
«La
politca si assuma le responsabilità. È finita l'era delle parole.
Berlusconi abbia le palle di mettere all'asta Alitalia o quel che ne
resta. La venda al miglior offerente e buona notte a tutti.
Arriverderci a grazie. Un compratire si trova, Air France deve farsi
avanti e Lufhtansa pure perché corrono per essere il numero uno in
Europa».
Accadrà?
«Ne dubito. Vede, il punto è la velocità con
cui si prendono le decisioni. Negli Stati Uniti è ammesso sbagliare,
commettere un errore: la politica è comuque fatta da uomini. Guardi che
cosa è successo con Lehman Brothers. La Fed l'ha fatta fallire. È stato
un errore, il Tesoro se ne è reso conto ed è immediatamente intervenuto
il giorno dopo per evitare altri crolli. Il segretario del Tesoro
Paulson è intervenuto in dieci ore. Ecco, questo significa decidere. Il
mio amico Berlusocni che fa? Che cosa aspetta?»
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20/09/2008