| Parola d’ordine? No profit | |
| 
          Solo un’abile
          operazione dei mass media ha potuto nascondere il bilancio
          fallimentare della politica sociale dell’Ulivo. Perché i dati
          dicono che gli italiani si sono impoveriti. Come uscirne? Valorizzando
          il privato sociale. Per non soffocare nello statalismo “buono”
          della sinistra
         | |
| 
          La sinistra
          europea è ancorata ad un grado di socialismo nell’architettura del
          Welfare State che, oltre ad essere inefficiente ed insostenibile, è
          inutile. Non ha senso (pratico) mantenere un sistema di diritti
          economici pesanti per tutta la popolazione quando meno di 1/5 circa è
          in effettivo stato di bisogno totale. I sistemi di Stato sociale
          dell’Europa continentale risentono ancora di una tradizione
          dirigista. Questa si è affermata come necessità di organizzare la
          macchina sociale affinché fosse nutrita, istruita ed inquadrata per
          poter fare le guerre nell’ambito di una crescente modernizzazione
          tecnica dei sistemi bellici. La componente “nazionalsocialista” è
          ancora molto rilevante entro gli ordinamenti dello Stato sociale
          francese, tedesco ed italiano. Cui va aggiunto, derivante dal medesimo
          ceppo, un forte protezionismo nazionale. Questi due residui del
          vecchio “contratto sociale d’impero” – ti tutelo, ma in cambio
          combatti - si sono mescolati agli elementi socialisti che hanno
          prodotto la corrosione del mercato: tasse elevate disincentivano gli
          investimenti; il protezionismo sindacale rende troppo rigido e costoso
          il mercato del lavoro; il corporativismo riduce la concorrenza ed il
          suo effetto benefico; la forte presenza residua dello Stato
          nell’economia distorce la funzionalità del mercato e la soffoca.
          Finalmente ci sono segni che tale situazione disastrosa – una vera e
          propria emergenza attutita solo dalla cosmesi prodotta dalla dominanza
          culturale della sinistra sui media - è sempre di più compresa ed
          oggetto di ricerca. Ma il riformismo di sinistra si scontra con
          l’incapacità di concepire modelli diversi da quello statalista. In
          Italia, nei cinque anni dell’Ulivo, abbiamo visto nei fatti questo
          limite: la riforma della burocrazia si è limitata a smuoverla un
          po’, ma non l’ha ridotta; il risanamento minimo delle finanze
          pubbliche è stato ottenuto attraverso un aumento delle entrate e non
          delle capacità di crescita; la riforma sanitaria ha salvato il
          principio del monopolio statalista e ha cercato l’efficienza
          riducendo la qualità del servizio; la nuova occupazione è stata
          creata nel raggio breve d’iniziative finanziate dalla spesa pubblica
          e non dalla competitività autonoma del mercato. Un risultato
          fallimentare. Peggiorato dal dato che mostra quanto in Italia sia
          aumentata la povertà assoluta ed il disagio di chi è in situazioni
          (mediche, familiari, ecc.) di forte bisogno. Nel caso migliore, per
          riorganizzare tutto il sistema di socialità dello Stato in modi più
          efficienti e socialmente efficaci, ci vorrà almeno un lustro. Una
          delle principali chiavi per farlo sarà il “privato sociale”,
          attraverso la valorizzazione delle istituzioni senza scopo di lucro. A
          fronte di una cultura molto diffusa del volontariato sociale, in
          Italia, le regole esistenti lo soffocano invece di facilitarlo. Tale
          cretinismo istituzionale, praticato da decenni, è spiegabile solo con
          il desiderio della sinistra di ottenere il monopolio della solidarietà
          via statalismo. Non è stupidità, ma un disegno. Di buono, se la
          sinistra perderà il potere nelle prossime elezioni, è che tale tappo
          al privato sociale potrà essere rimosso. Quali misure, allora,
          saranno risolutive per la ripresa detta sopra? Anzitutto
          l’investimento sul privato sociale, che deve diventare un oggetto di
          legislazione prioritaria, di modo che, col sistema delle detrazioni e
          bonus fiscali e in un quadro di effettiva trasparenza (albo, regole,
          controlli su qualità dei servizi erogati), le istituzioni senza scopo
          di lucro possano svolgere le loro diverse mission di sostegno sociale.
           
 | |
| 
          di Pelanda Carlo
         | |
| 
          (c) 2000 - Editoriale
          Tempi duri s.r.l.
           |