Il pericoloso sdoppiamento della politica estera italiana
Di Carlo Pelanda (29-7-2006)
E’ evidente una divergenza tra Prodi e D’Alema che sta creando due linee di politica estera. Da un lato è cosa ovvia: il secondo si considera un leader politico pari, se non superiore, al primo e quindi non ci si può aspettare che agisca come esecutore delle strategie del premier. Infatti i commentatori trattano le diversità tra i due come un normale battibecco tra galli nel pollaio dell’Unione. Ma molti segnali e dati indicano che all’origine della divergenza ci sia ben di più.
Prodi, o
qualcuno nel suo staff, appaiono molto sensibili alle pressioni di due
interessi pericolosi
per l’interesse nazionale italiano: iraniano e francese. La lobby iraniana è
sempre più attiva in Italia e dotata di mezzi. Inoltre l’Eni, presente in Iran
con massicci investimenti, è ricattabile. Da un lato, per aiutare l’Eni, è ovvio che Roma debba agire con prudenza nei
confronti di Teheran e farle qualche favore. Ma Prodi
ha cominciato ad andare un po’ troppo oltre. L’idea di
proporre l’Italia come mediatore tra Iran ed entità filoiraniane
e gli altri nello scenario mediorientale è stata
espressa in modi tali da far percepire Roma come cliente di Teheran.
E anche come serva sciocca della pro-iraniana, ma
anche attenta a non rompere con Usa e arabi,
Parigi. Con la complicazione di un crescente conflitto
tra sciiti e sunniti dove un eccesso di simpatia per
i primi potrebbe compromettere le buone relazioni con i secondi. Infatti
Carlo Pelanda