Le Borse non scendono per crisi di fiducia ma per dare spazio a future bolle

 

Di Carlo Pelanda (8-6-2002)

 

La quasi totalità dei commenti avverte che le Borse americane stanno scendendo per il preponderante effetto della sfiducia sulla trasparenza del mercato finanziario. Sarebbe sorprendente se ciò risultasse vero. Significherebbe che il mercato può venir orientato da ragionamenti raffinati e complessi, per esempio porsi il problema della veridicità di un bilancio. Non esiste: gli operatori finanziari pensano in termini brevi, semplici, lineari ed esclusivamente speculativi. Per esempio, negli ultimi quattro mesi del 1999  circa 500 miliardi di dollari “a leva” (mostruoso) furono indirizzati sul Nasdaq. C’era voglia di gonfiare ancor più la bolla, pur quasi ai limiti di tenuta, perché si percepiva che sarebbe stato possibile in base allo straordinario flusso di capitale che stava lì  convergendo da tutto il mondo. Questo è un esempio di ragionamento corto, lineare e finalizzato. Il “vero” mercato ragiona così, pochissimi i gestori prudenti, anche perché rari, ormai, quelli che sanno guadagnare al ribasso senza, quindi, la pressione a dover sempre e solo tentare bolle. Un altro esempio è utile. Nel 1997 si notava una straordinaria domanda di titoli tech ed internet. Il mercato non si è posto il problema della consistenza. Ha visto l’opportunità di bolla e ha solo tentato di migliorarne la cover story trainante. Cosa ottenuta inventando l’idea che ad un “click” (contatto con un sito) corrispondesse un valore monetario reale. La cosa divertente è che nessuno dei gestori ha mai pensato che tale fesseria fosse vera, ma tutti l’hanno usata per rinforzare la netbolla in fase di gonfiaggio. Il caso Enron in confronto a quanto detto è roba da bambini. Quindi è improbabile che la trasparenza sia il problema. Lo è, piuttosto, il fatto che il mercato non vede occasioni per fare altre bolle. Con una precisazione che è il punto dello scenario di breve. Quando a metà 2000 si è visto che vi sarebbe stata una contrazione molti hanno scommesso su un veloce rimbalzo. E hanno pensato, il Nasdaq ormai indifendibile, che si poteva mantenere l’indice Dow Jones a quota 10mila senza farlo scendere, una sorta di ponte. Ma hanno sottostimato – tipico – il fatto che la bolla precedente è stata veramente gigantesca. Ora il mercato sta realizzando che per dargli nuovamente spazio di crescita deve farlo prima scendere. Cioè arrivare a 9500, meglio se sotto i 9000, per poter poi lanciarlo verso i 12.000. Facendolo riverberare sul Nasdaq, che è già pronto da tempo sui minimi, dove si tenterà la vera nextbubble. Un certo moralismo e qualche pulizia sono contingentemente utili per poter replicare i soliti giochi speculativi.