La biorivoluzione non va taciuta perché basta che se ne parli, anche male, e a qualcuno piacerà

 

Di Carlo Pelanda (30-3-2002)

 

 

 

La divisione tra fautori (ecofuturizzanti) ed oppositori (ecoconservatori) della rivoluzione biotecnologica è nota. Lo è meno quella interna ai primi, di cui questa rubrica è parte, sul piano della strategia. L’ipotesi di fondo è che in qualsiasi conflitto tra tecnica e morale la seconda riesce ad ostacolare inizialmente le novità della prima, ma alla fine il progresso vince. Perché la tecnologia è conoscenza che si realizza in dominio concreto sulle cose (magia attuale) e quindi si dimostra più potente di credenze che hanno meno forza realistica (magie e salvazioni nominali o inferiori), sostituendole. Tale scenario è condiviso dai futurizzanti, ma la sua interpretazione operativa crea due campi. Il primo, semplificando, confida molto sulla direzionalità storica detta sopra: è un vento costante in poppa. Da qui trae la conseguenza che per minimizzare i dissensi iniziali contro una novità la strategia migliore sia di star zitti, fare senza dire, cioè di annullare la barriera “anteriore” scavalcandola attraverso la potenza dei risultati “posteriori”. Monsanto, per esempio, decise nei primi anni ‘90 di nascondere la modifica genetica degli organismi vegetali allo scopo di non aizzare subito la canea ecoconservatrice. Fu un errore che portò alla demonizzazione – facile proprio per il difetto di trasparenza – di quella tecnologia nonostante le sue innocuità ed efficacia. Infatti il secondo campo crede di meno che vi sia un vantaggio automatico del progresso perché la storia e l’evoluzione sono esposte a variazioni casuali dei criteri selettivi. Inoltre valuta che la discontinuità biotecnologica sia epocale: per la prima volta l’Uomo potrà andare oltre qualsiasi limite finora vincolante. Probabilmente nel futuro gli umani immortali e i loro successori immoribili, post-umani, rideranno della paura che tale prospettiva provoca oggi. Ma c’è e la sua forza di blocco potrebbe essere superiore al vento del progresso, in particolare se lo scenario restasse opaco, come un complotto di pazzi contro i saggi. Quindi la strategia più razionale per i futurizzanti non è quella di “far tacendo”, ma di farne parlare. Qui il punto. E’ irrilevante che ora prevalga la saggistica demonizzante. Per terrorizzare deve comunque informare il pubblico, quasi totalmente ignaro, sui termini della biorivoluzione. E probabilmente ad una parte di questo ne piaceranno sia i benefici di breve (medicina) sia il sogno remoto di “ecoliberazione”, anche se presentati in negativo. Per esempio, Francis Fukuyama scrisse sulla fine della storia, ma nel suo recente “Futuro post-umano” ne descrive, pur con terrore, l’inizio di una nuova. Appunto.