A Copenaghen si è svelato che l’Unione non ha poi tanta voglia e capacità di allargarsi

 

Di Carlo Pelanda (14-12-2002)

 

Eurorisiko 2. Da un’analisi precedente in merito ai confini finali dell’Unione Europea era emersa la razionalità di tenerli ambigui. Turchia forse sì forse no, Russia lo stesso, comunque nessuna porta chiusa, anche se non aperta. Perché la non specificazione dei confini futuri è fatto tipico di un sistema forte, in espansione. E tale forza sarebbe la miglior leva per convincere gli Stati Uniti a creare prospetticamente con gli europei un sistema integrato, il vero consolidamento finale dell’Occidente: piuttosto che veder sorgere un impero eurasiatico in competizione credibile con quello americano, il secondo non avrebbe altra scelta che quella di aprirsi ad una progressiva fusione con il primo. Ma il vertice di Copenaghen ha mostrato che gli europei non sono in grado, né lo saranno nel prossimo decennio, di praticare una geopolitica così raffinata ed acrobatica. Non perché vi siano stati particolari disordini o dissidi, ma per il fatto che le proposte di visioni forti, per esempio quelle espresse da Berlusconi e Blair in merito all’accelerazione dell’inclusione della Turchia, non sono riuscite a superare la logica eurointroversa e un po’ bottegaia degli altri partner. Ciò ha dato la sensazione che l’Unione non abbia un motore politico sufficientemente robusto per darle voglia e capacità di impero espansivo. Tuttavia, si è anche notata una rimarchevole abilità degli europei nel gestire una pletora di interessi nazionali divergenti sia tra i 15 sia tra i nuovi 10 in arrivo. L’impressione complessiva è che l’Unione, pur non riuscendo ad essere Traiano (impero in costante allargamento), potrebbe essere capace di comportarsi come un buon Adriano (limes definitivo e priorità all’armonizzazione interna). E tale sensazione genera un altro scenario. L’Unione si fermerà ai confini della Russia e della Turchia, ingloberà le residue aree interne (Balcani) e si concentrerà sulla propria strutturazione. L’impero americano cercherà con l’Europa un rapporto di “convergenza sufficiente” senza necessità di spingersi oltre. Preferirà il costo di difenderla che quello di integrarsi ad essa. E tale situazione geopolitica renderà conveniente, per gli Usa, far riemergere un impero russo alleato abbastanza forte da presidiare la parte di mondo meno praticabile dalla talassocrazia americana. Lo svelarsi del limite espansivo degli europei rende più probabile un consolidamento dell’Occidente come sistema di alleanza fra tre Rome separate piuttosto che come Roma più integrata (aquila tricipite). Meglio di niente, ma potrebbe diventare un movimento della storia forse troppo lento e debole per reggere la sfida dell’Oriente islamico ed asiatico.