I militari devono (re)imparare a vincere le guerre in supervelocità

 

Di Carlo Pelanda (10-8-2002)

 

 

Cronostrategia. Uno dei temi più riservati e difficili in discussione nei think tank occidentalisti riguarda l’armonizzazione della conduzione delle guerre con i requisiti di stabilità dell’economia finanziaria globale. Le difficoltà maggiori sono due. Non c’è una tradizione di dialogo tecnico tra ambiente militare e finanziario. Seconda, la dottrina bellica americana –  che traina il resto dell’impero -  si basa su un approccio “lento”: prima si costruisce la superiorità e poi si combatte. Da un lato, tale approccio soddisfa il mercato perché all’avvio delle azioni c’è una migliore probabilità di vincere. Dall’altro, la fase di preparazione tende ad essere troppo lunga e sovradimensionata. Ed è proprio nel periodo di build-up (mobilitazione) che si scatena l’incertezza ed il rischio di sfiducia. Per esempio, nel 1990 ci sono voluti sei mesi per portare al fronte più di mezzo milione di soldati prima di sfondare un enormemente inferiore Iraq. E vi fu un forte stress nelle Borse. A quei tempi il sistema finanziario globale era meno evoluto di quello odierno. Lo stesso metodo, se usato oggi in un’economia globale più raffinata e quindi più vulnerabile, creerebbe molti più problemi. Al punto di far sorgere la domanda: che senso ha una vittoria al rischio o costo di una depressione economica mondiale? Tale domanda è di rilievo generale dopo l’enunciazione della nuova dottrina antiterrorista: poiché è un nemico che non si può dissuadere, allora gli si scatena contro la guerra preventiva. Perfetto. Ma se dovremo combattere decine di guerre, grandi e piccole, con  modalità lenta si rischia un flop pur vincendo militarmente. Proprio per questo timore l’ambiente finanziario sta stimolando l’elaborazione di una dottrina della guerra che possa dialogare con i militari. Il punto essenziale è il tempo. Costruire la superiorità in modo tale che possa essere scaricata su qualche disturbatore in non più di un giorno o due, dovunque nel globo. Cosa ottenibile con due innovazioni: (a) tecnologie di superiorità totale e non solo relativa, per esempio la portaerei volante al posto di quella navigante; (b) reimparare le tattiche di “blitz” (scuola militare tedesca, fino al 1945, ed israeliana) in modo da ridurre il fabbisogno di superiorità quantitativa (lenta) grazie alla velocità e qualità dell’azione. Per costruire le armi utili alla prima innovazione ci vorranno almeno venti anni, se si inizia oggi. Ciò rende prioritaria l’attuazione della seconda. I militari saranno probabilmente irritati da questa intrusione dei civili nella loro arte. Ma è più importante che restino sereni i gestori dei fondi pensione e gli investitori.