L’atteso rimbalzo dell’economia Usa dipenderà da un inciucio tra Fed e i mercati finanziari

 

Di Carlo Pelanda (31-3-2001)

 

 

 Continua l’incertezza sull’entità del rallentamento americano - se sia recessione o meno – e sui tempi del rimbalzo: già nel secondo semestre del 2001 o bisognerà aspettare il 2003? Sarà a “V” (veloce e forte), a “U” (lento, ma poi forte) oppure interverrà una fase prolungata di stagnazione, a “L”. Il mercato aspetta con ansia nuovi dati per capirci qualcosa. Ma il nervosismo è alimentato principalmente dal sospetto che Greenspan non abbia la teoria giusta per gestire la situazione. Un fatto poco noto, ma cruciale, è che da almeno due anni la Federal Reserve sta cercando di raffinare gli strumenti di lettura delle tendenze economiche perché si è accorta che quelli disponibili non sono più adeguati. Già negli anni ‘60 c’era stata una crisi “econometrica”: i modelli che rappresentavano la vecchia economia non erano più efficaci nella nuova. Ora si ripresenta un problema simile, complicato dalla novità della finanziarizzazione totale dei cicli economici. Alan Greenspan, leggendo tra le righe della sua relazione alla società di econometria americana, questa settimana, sembra volerlo risolvere aumentando la quantità di  indicatori capaci di avvertire in tempo reale i cambiamenti e di indicare i giusti tassi nel giusto tempo. In effetti tali decisioni sono state finora prese “by the book”, ma  il libro è non è più aggiornato. Per esempio, la riduzione fortissima dei tassi nel 1998, basata su una probabile sovrastima del rischio di crisi della liquidità globale, ha involontariamente lanciato la bolla borsistica del 1999. Ma anche il rialzo dei tassi per sgonfiarla e riequilibrare l’eccesso di domanda di consumi, dalla fine del 1999 a metà 2000, è stato troppo graduale e, alla fine, eccessivo: sfasato. E’ apparso poi vistoso il ritardo nel ridurli quando la crescita è precipitata in pochi mesi da un incremento tendenziale del Pil dell’8% all’1 registrato nel dicembre 2000. Già la manovra improvvisa del gennaio 2001, fuori agenda, ha lasciato capire che Greenspan sta cercando di ridurre la divergenza tra andamenti economici reali e tempi/livelli dei tassi monetari. Molto probabilmente nel prossimo futuro si arriverà ad una miglior corrispondenza tra i due e ad un deciso miglioramento della governabilità del sistema economico. In sintesi, il dato rassicurante è che la Fed sta modernizzando il “book”. E già in estate ci saranno i tassi giusti per generare un rimbalzo. Ma c’è un problema. L’economia è sempre meno governabile (in su) dai tassi e valgono sempre di più le aspettative. La politica ha pochi strumenti, per lo più rigidi (il cambio) o di effetto lento (la leva fiscale). Quindi il compito principale  resterà a carico della sola banca centrale. Non avendo gli strumenti per svolgerlo è prevedibile che dovrà allearsi al mercato, in particolare cercando un’inedita (ed eretica) collaborazione sulla determinazione del saggio di profitto del sistema economico, momento per momento. Ho la sensazione che la Fed dovrà arrendersi alle esigenze trimestrali degli operatori borsistici per ottenere in cambio da loro e dalle banche un ritorno dell’esuberanza senza eccessi. Inciucio difficile e incoffessabile, ma da questo dipenderà la forma del rimbalzo: a “U” se si metteranno d’accordo, a “L” se no.