La sorpresa asiatica in realtà non deve sorprendere

Di Carlo Pelanda (25-6-1999)

Nell’autunno del 1998 la maggior parte degli scenari prevedeva per il 1999 una situazione dell’economia globale molto peggiore di quella che è in atto, in particolare a causa dell’Asia. Il Giappone veniva dato ancora in recessione a metà di quest’anno. Invece è in crescita ed il governo nipponico sta avendo problemi a tenere basso lo yen contro il dollaro. La Cina veniva profetizzata – in un famoso scenario catastrofico dell’Economist – in preda alla crisi finanziaria e recessiva. Da metà maggio ad oggi le due borse cinesi sono salite più del 50%. In sintesi, gli osservatori economici stanno in questi giorni facendo i conti con una imbarazzante (buona) sorpresa asiatica. I lettori di questa rubrica hanno meno motivi per stupirsi in quanto gli scenari qui pubblicati nel recente passato hanno anticipato con certa precisione la realtà ora in atto. Ma il più dei commentatori tecnici insistono con infastiditi e moralistici "dura minga, non può durare" ricordando che in base agli standard occidentali di buona economia sia in Giappone che in Cina si riscontrano fenomeni di enorme disordine per cui è impossibile che lì una qualche crescita possa essere solida. Ed è al riguardo della Cina che si trova la più bella chicca di moralismo economico. Scrive, ad esempio di tanti altri, il Securities Market Weekly, in merito alla recente impennata delle due borse cinesi, vista come pericolosissima bolla speculativa: " è il miglioramento reale dell’economia che deve trainare i valori azionari e non il contrario". Analizziamo questo punto specifico per vederne meglio uno generale.

Mettiamoci nei panni dei poveri governanti cinesi. Semplificando, questi stanno liberalizzando uyn sistema industriale statalizzato del tutto inefficiente ed insostenibile. Ciò significa che decine di milioni di lavoratori sono per strada e che al sistema vengono tolte molte fonti tradizionali di Pil tipiche dell’economia assistita. Questo buco di ricchezza deve essere compensato..Ma prima che il libero mercato possa riempirlo passa del tempo. Quindi è inevitabile inondare l’economia con iniezioni di spesa pubblica. Pechino ne ha impegnata una quantità mostruosa, ma ancora non basta. Dove trovare altri soldi? Bingo, le famiglie cinesi risparmiano mediamente circa il 40% del loro reddito. Come farglielo tirare fuori dalla banche – che non funzionano- e metterlo in circolazione nell’economia interna per renderla più capace di generare lavoro? Visco, da noi, alzerebbe le tasse. Ma i più creativi comunisti cinesi hanno risposto, invece, pompando un rialzo borsistico artificioso. Perché? La frenesia speculativa del cinese medio è superiore alla sua vocazione al risparmio. Sano, vorace e rapace capitalismo naturale. Così Pechino, scegliendo il momento buono nel ciclo internazionale, ha ridotto i tassi e preso altre misure per spostare il risparmio congelato nelle banche verso il più dinamico mercato azionario. La Borsa di Shangai, in un mese, ha fatto un rialzo del 51%. Quella di Shenzen del 54% (indici in valuta locale semiconvertibile). Più importante, le cosiddette "B Shares", cioè i titoli azionari denominati in dollari di aziende private, hanno avuto un aumento del 113% nella seconda e del 78% nella prima. In meno di un mese non è poco. Per un moralista questa è una repellente e catastrofica bolla. Secondo me, invece, è una politica astuta per far tornare il dinamismo nel mercato finanziario cinese prima che i numeri reali dell’economia possano sostenerlo, di fatto aiutando questi a farlo. Certo che è una bolla, ma ne genererà a sua volta un'altra (pur inevitabile qualche caduta) e un’altra ancora. Cos’è una somma sequenziale di tante bolle speculative? Alla fine è crescita. Ottenuta con il metodo esattamente opposto di quello considerato sano. Ma cosa altro potevano fare? E in Giappone è successa una cosa simile. La causa dell’inefficienza era l’intreccio tra politica ed economia. Invece di seguire il dettato accademico di separare le due per conquistare la crescita, la prima ha finalizzato la sua azione non a togliere risorse al sistema, ma a dargliene, con tutti i mezzi leciti, illeciti, fantasiosi, pratici. La lezione generale è che la teroia economica standard sottovaluta l’importanza che può avere la politica, se vuole, nello stimolare l’economia attraverso una varietà di mezzi che sono superiori al mercato. "Dirigismo" in Occidente ha sempre avuto il significato di intrusioni politiche che soffocano il mercato. E per questo non abbiamo mai esplorato a fondo le sue eventuali virtù. Che vediamo in modo inverso a quello occidentale in Oriente dove la politica, pressata dall’emergenza, ha voluto trasformarsi in una grande e selvaggia leva finanziaria per creare il mercato invece che ucciderlo. Capire questo significa poter dare una maggiore base di ottimismo agli scenari asiatici. E non è troppo difficile. Il partito comunista cinese ha dichiarato che il capitalismo è il miglior strumento per dare ricchezza alle masse. Un gesuita, alla fine del 1500 ha definito il Giappone come l’esatto contrario dell’Occidente. Consiglio agli scenaristi: parlare di più con gesuiti e cinesi.