Il Fondo monetario non può regolare il mercato globale e devono pensarci direttamente i poteri forti mondiali

di Carlo Pelanda (23-7-1998)

 

Il mercato é globale, ma non ha ancora trovato un'architettura politica fatta di regole e standard comuni altrettato globali. Quindi c'é un gap tra scala del mercato e mezzi regolativi per stabilizzarlo. Ciò é la fonte delle instabilità finanziarie attuali e potenziali che stanno aumentando l'incertezza dell'economia planetaria. Come colmare il gap?

La risposta in atto, da parte dei governi, autorità monetarie dei G7 - e lobby finanziarie - é quella di potenziare le capacità del Fondo monetario internazionale, e sistemi connessi, sia nel concedere prestiti per il tamponamento delle crisi finanziarie sia nel prevenirle. Tuttavia la soluzione in atto é sottodimensionata in relazione al problema. Questo riguarda la regolazione microeconomica dei singoli paesi. E' proprio a tale livello, cioé quello delle regole interne finanziarie ed economiche, che nascono le instabilità macroeconomiche ed effetti domino internazionali. Il metodo del Fondo per risolverle é quello tipico del bastone e carota. Ti ricapitalizzo, ma in cambio fai la riforma del sistema interno. In realtà tale metodo di intervento condizionale non funziona come "regolatore" efficace in quanto, alla fine, il Fondo é costretto a dare i soldi o senza aver condizionato un bel niente nel caso di paesi forti o avendo trasformato il condizionamento in una crisi sociale, nel caso dei paesi più deboli. Esempi del primo caso, più inquietanti.

Stabilizzare finanziariamente il Giappone significherebbe anche forzare il sistema locale ad esplicitare il suo debito bancario inesigibile complessivo che è probabilmente dieci volte più grande di quello ammesso. Ma se ciò fosse fatto gli istituti finanziari nipponici potrebbero improvvisamente vendere i titoli del tesoro statunitensi per tentare di riparare i propri bilanci prima di essere costretti al fallimento. E in questo caso, non bilanciabile con altre fonti di mercato se avvenisse massicciamente ed in tempi brevi, la Fed dovrebbe reagire in emergenza alzando di molto i tassi del dollaro e, quindi, rischiando una recessione di vaste proporzioni in America. In una situazione del genere il vantaggio della riforma di trasparenza in Giappone sarebbe ottenuto al costo di una prolungata crisi economica mondiale. Ed infatti il Fondo, e gli americani, neanche la tentano come pressione preventiva, pur sapendo che il bubbone dell'opacità giapponese prima o poi scoppierà con rischi di riverberi planetari. Anzi, lo finanziano perché sotto ricatto.

Un altro esempio è la Russia. Come può il Fondo condizionare il sistema politico locale quando questo ha capacità di ricatto nucleare sia attive (per aggressione) che passive (disordine interno) nei confronti del mondo? Non può. Deve pagare e basta. Infatti pochi giorni fa gli oligarchi russi (sette sugli otto agglomerati industriali-finanziari principali che hanno il vero potere) hanno rifiutato polemicamente la condizionalità riformatrice proposta dal Fondo. Cinicamente, ma realisticamente, hanno implicitamente detto: "se noi abbiamo la capacità di ricatto allora saremo noi a dire quali riforme vanno bene e quali no". E se qualcuno non crede loro, basta che facciano filtrare riservatamente una bomba nucleare miniaturizzata nell'arsenale di Saddam Hussein. Immaginarsi il terrore alla casa Bianca e la celerità nell'ordinare al Fondo di pagare senza discutere.

In sintesi, questa non é regolazione, ma solo ricapitalizzazione di sistemi decapitalizzati dal malgoverno interno senza che ne vengano risolte le cause, cioé un semplice e dissipativo bailing out. E non é colpa del Fondo. Come potrebbe un'agenzia finanziaria (pur guanto che riveste la mano forte americana) riuscire a correggere intrusivamente i modelli di nazioni con capacità totali, o solo medie, di ricatto? Non ha senso. Il problema non é stato ancora affrontato in termini sistemici, ed esplicitato con chiarezza, perché ora prevalgono le esigenze di tamponamento allo scopo di evitare crisi mondiali. E la priorità é quella di dare più soldi al Fondo affinché estenda la sua coperta di salvataggio. Ma non può evidentemente durare a lungo in quanto tale metodo implica usare sempre più soldi, che già vengono a mancare, per protrarre crisi che così rischiano di marcire e mandare in cancrena, dopodomani, il mercato globale.

Va cambiata strategia. Quella del condizionamento indiretto attuata dagli Stati Uniti attraverso il Fondo non funziona. Probabilmente bisogna passare ad un condizionamento diretto. Nei casi dove c'é stato le cose hanno funzionato. La crisi finanziaria del Mexico di qualche anno fa é stata brillantemente risolta dall'impegno di sostegno diretto, e condizionante, da parte degli Stati Uniti. Quella dell'Indonesia é stata sbloccata da un golpe probabilmente indotto da questi ultimi. In ambedue i casi il Fondo era attore secondario, tecnico, mentre l'azione condizionante veniva presa in mano direttamente da chi aveva la capacità politica di farlo. Ovviamente gli Stati Uniti non possono agire da regolatori intrusivi "in chiaro" per tutto il sistema. Ma un G7 che evolva cooptando le nazioni emergenti sì. E sarebbe il nucleo del nuovo ordine economico mondiale, lasciando al Fondo il suo mestiere vero: semplice sportello delle potenze.