Bentornato Made in Italy
Di Carlo Pelanda (15-5-2006)
I dati Istat certificano un’ottima crescita del Pil nel primo trimestre. Un po’ è stato l’effetto della rimbalzo in Germania, mercato principale per le esportazioni italiane, ma il più è dovuto al fatto che le aziende italiane si stanno adattando ai nuovi requisiti competitivi del mercato globale. In sintesi, l’economia italiana (Nord e Adriatico) è di nuovo trainata dall’export. Di questo fenomeno sono protagoniste le “multinazionali tascabili” ed i distretti industriali. Analizziamolo per vedere a quali condizioni potrà essere duraturo o meno.
Per i cultori
della materia sarà molto utile leggere il recente rapporto sul “Made in Italy”
redatto dall’Ufficio studi di Mediobanca. In esso si trova che le esportazioni
italiane, dal 1996 al 2005, sono cresciute del 45%, la metà di quelle mondiali
aumentate nello stesso periodo del 92%. Ma anche che nel periodo 2000 – 05 si è
instaurata una tendenza di continuo aumento del nostro export. Vuol dire, in
sintesi, che allo scoppio della globalizzazione alla metà degli anni ’90, vero
e proprio “globobang”, le aziende italiane si sono trovate spiazzate sia perché
il modello politico nazionale le caricava di costi decompetitivi e inefficienze
fuori dai cancelli della fabbrica sia per problemi di efficienza e
competitività dei prodotti e dei processi aziendali. Poi pian pianino le
imprese sono riuscite ad autoriformarsi bilanciando il peso dovuto al fisco
oppressivo, ai costi di un sistema senza concorrenza (prezzo dell’energia
perfino il 50% in più dei competitori) e con infrastrutture inadeguate. Il
“pian pianino” non è dovuto a lentezze intrinseche delle imprese, per loro
natura o molto veloci o morte, ma a due fattori esterni sfavorevoli: la
stagnazione tedesca dal 2001 al 2005 che ha ridotto l’export verso quel mercato
primario per l’Italia e l’incremento del valore di cambio dell’euro sul dollaro
che ha penalizzato le vendite all’estero sul piano della concorrenzialità dei
prezzi. Ma, alla fine, ripartita un po’