di Carlo Pelanda (8-4-2000)
Economia della biorivoluzione. I
futurizzanti - tra cui chi scrive
- hanno accolto con entusiasmo la
notizia che la Celera Genomics abbia realizzato la prima bozza della mappatura
di base del codice genetico umano. Sono state gettate le fondamenta informative
su cui costruire, entro un decennio, una nuova medicina capace sia di curare
intervenendo sulle cause genetiche dei mali, primi di tutti i tumori, sia di
allungare notevolmente la durata della vita. Ma la realizzazione di tali
prospettive non sarà automatica. Non tanto per le difficoltà scientiche, pur
notevoli. Il problema maggiore sarà quello del consenso. Per la prima volta
nella storia la conoscenza é in grado di modificare la struttura della vita e
di rielaborarla a piacimento. Sul piano razionale i vantaggi possibili grazie
alla biorivoluzione valgono il rischio, secondo me ben controllabile, che
qualcosa sfugga di mano. Ma é materia controversa. Molti, infatti, già vi
trovano i motivi per profetizzare la fine della specie umana (Bill Joy) o i
rischi di dittature e discriminazioni genetiche (Jeremy Rifkin), aggiungendo i
loro nuovi allarmi alla ventennale mobilitazione degli ecoconservatori contro
qualsiasi ipotesi di artificializzazione dei processi naturali. Soprattutto, le
prospettive di ingegneria genetica umana mettono sotto enorme tensione i
fondamenti teologici ed etici del cristianesimo. Poiché religione più diffusa
nell'Occidente, influenza sia i comportamenti dei risparmiatori che
finanzieranno in Borsa la creazione delle nuove biotecnologie sia la cultura
del consumo dei nuovi bioprodotti. In sintesi, per realizzarsi pienamente, la
rivoluzione biologica ha bisogno di essere incanalata entro un "ordinatore
morale" che rassicuri il pubblico
contro il rischio di catastrofi ecologiche, impieghi distorti e che risulti non
ostile alla fede cristiana. In caso contrario é probabile che le bionovità
possano incorrere in incidenti di dissenso che ne comprometterebbero la
capitalizzazione. Ma il punto problematico é che le bioindustrie hanno la
tendenza a non includere nel loro piano
di sviluppo i notevoli costi legati al requisito del consenso, cioé alla buona
gestione simbolica dei loro progetti.
Per
esempio, dieci anni fa i produttori di biotecnologie agricole hanno preferito
premere sui governi per impedire l'etichettatura dei cibi transgenici. Gli
ecoconservatori hanno avuto gioco facile nel demonizzarli pur essendo tali
prodotti innocui. Risultato: l'80% della popolazione mondiale non vuole saperne
del transgenico. Ed il settore é in enormi difficoltà. Sarebbe stato razionale spendere di più prima in termini
di trasparenza e rassicurazioni piuttosto che rischiare, dopo, la
delegittimazione morale. Ma la lezione
non é stata ancora capita. Proprio il leader della Celera Genomics, Craig
Venter, fino a poco tempo fa ha tentato di tenere per cinque anni l'esclusiva
di sfruttamento commerciale della mappatura sopra celebrata, esponendosi
ingenuamente al rischio di condanna universale. Per fortuna sono intervenuti,
un mese fa, i politicamente sagaci Blair e Clinton con una dichiarazione che ha
salvato lui e tutto il biosettore: i
dati grezzi fondamentali sul genoma umano devono essere resi liberamente
disponibili agli scienziati, ovunque nel mondo, ma le imprese potranno comunque
mantenere il diritto di brevettare le invenzioni sviluppate a partire dalle
informazioni di base. Il messaggio era chiarissimo. Cari bioproduttori, siate
generosi in merito alle informazioni generali e cercate la remunerazione
(brevetti e royalty) in sviluppi specialistici meno esposti al dissenso.
Tuttavia né Craig né il mercato azionario avevano capito l'enorme aiuto che i
due politici stavano dando al settore. Le azioni biotech scesero. E ancora
adesso Craig dichiara di avercela fatta nonostante il danno finanziario
causatogli da Blair e Clinton. La cattiva notizia é che stenta ad affermarsi
nel settore biotecnologico il principio di incorporamento dei costi morali nei
budget di investimento. E questo succede perché i bioproduttori li sottostimano
per errore di impostazione metodologica e, quindi, sopravvalutano la tassa
imposta dalla politica (imposizione della rinuncia ad alcuni livelli di
brevetto) per fornire loro il servizio di consenso. Ma la buona é che l'Impero
(cioé l'America) sta cominciando a generare
"standard di (bio)cibernazione" che aiuteranno le riluttanti
bioindustrie a non suicidarsi sul piano simbolico. Così il settore sarà meno
vulnerabile al dissenso e più solido sul piano borsistico. C'é una notizia
perfino migliore. Nella eticamente controversa area della clonazione la ricerca
ha scoperto che probabilmente non é necessario utilizzare un embrione umano
completo per coltivare organi di ricambio (oggi forniti dai trapianti), ma che
si possono utilizzare parti non strutturate dei tessuti embrionali. Ciò
significa che tale importantissima biotecnica, forse e sperabilmente, potrà
svilupparsi senza entrare in conflitto con l'idea cristiana di embrione-persona.
Potrebbe costare di più, ma francamente ne vale la pena.