di Carlo Pelanda (15-4-2000)
Già da molto tempo i titoli azionari del
comparto tecnologico hanno mostrato andamenti del tutto indipendenti dalla
valutazione basata su parametri classici, quali i cosiddetti fondamentali.
Questo vuol dire che per gli operatori é irrilevante il concetto di
sopravvalutazione. Così come nell'ultimo anno ci sono stati centinaia di titoli
che apparivano "sottovalutati", ma nessuno se li é filati perché l'umore
della maggioranza degli investitori percepiva rialzi più promettenti in settori
diversi. In sintesi, il punto é che sono più i flussi "grossolani" di
capitale e le mode che determinano gli andamenti borsistici che non altri
fattori "raffinati", tipo la valutazione di dettaglio sulle
prospettive di una singola impresa. Usiamo questa chiave analitica per tentare
di delineare lo scenario borsistico nel prossimo futuro.
La crescita alle stelle del mercato azionario
americano é stata spinta, dal 1995 in poi, da un enorme ed anomalo flusso di
capitali. La tendenza alla riduzione dell'inflazione e dei tassi ha trasferito
molto capitale dai titoli a reddito fisso, poco remunerativi, alle azioni. Tale
movimento é stato anche stimolato da un umore generalmente ottimistico sulla
crescita statunitense. Le conferme fattuali che ciò era vero hanno, poi,
amplificato il fenomeno. E attratto sempre più i risparmi da tutte le parti del
mondo. Cosa che é diventata una vera e propria inondazione di capitali
nell'autunno del 1998, quando il mercato americano appariva l'unico crescente
in un mondo tutto in recessione o in stagnazione. La riduzione dei tassi del
dollaro in quel periodo ha inondato ulteriormente di liquidità il sistema. La
bolla di denaro abbondante si é riversata nel canale che remunerava di più, le
Borse americane ed i titoli tecnologici che erano la nuova moda, aumentando
ovviamente il livello del lago. E il valore di cambio del dollaro. Fatto che ha
gonfiato ulteriormente la bolla anche perché ha contenuto (per il poco prezzo
delle importazioni) l'inflazione e
rinfuocato l'ottimismo rialzista. Ma
adesso i flussi di capitale aggiuntivo stanno riducendosi perché quasi tutto il
risparmio mondiale che poteva andare
sul dollaro ed a Wall Street ci é già andato. C'é meno acqua nei fiumi ed il
livello del lago non sale più. Per questo la crescita azionaria (aggregata)
ha trovato un "tetto". La
situazione di oggi - semplificando - é che permane ancora molto ottimismo, ma
c'é meno capitale aggiuntivo capace di trasformarlo in crescita finanziaria
ulteriore. E questo é un notevole problema di (macro)limite espansivo perché
non si vede da dove possano venire nuovi denari ad alimentare le Borse
statunitensi. Inoltre, più le economie asiatica, europea e sudamericana si
riprenderanno, più é prevedibile che i capitali rifugiatisi nel dollaro nel
periodo di loro crisi o stagnazione vi torneranno, abbandonando (in parte) Wall
Street. Quindi la tendenza più probabile di medio-lungo periodo - per altro
invertibile da troppi nuovi fattori per stabilizzare tale previsione - é di
una contrazione della Borsa americana.
Ma, al momento, interessano di più gli andamenti nei prossimi mesi, cioé quelli
più delicati perché vi sarà la transizione da un clima rialzista che dura da un
quinquennio ad uno più ambiguo. Come se dopo una lunga corsa, accaldati, ci si
trovi in un frigo. Sarà un crollo? Probabilmente no. Lo si può intuire dal
fatto che il dollaro non ha perso terreno nei confronti dell'euro nonostante il
crollo del 25% del Nasdaq in pochi giorni. Significa che il mercato crede nella
possibilità di fare ancora profitti da quelle parti nonostante la situazione
tecnica di "tetto", ma nel mantenimento di certo ottimismo tra i
risparmiatori. Come? Attraverso rally rialzistici, cadute, altri rally. Finita
la grande bolla, si passa alle bollicine. La selettività non sarà intesa,
moralisticamente, come ricerca del titolo più solido, ma in termini di chi é
più furbo nel vendere un minuto prima dell'inversione di un rialzo. Nel film la
"Caduta degli schei" la colonna sonora sarà quella della
"Cavalcata delle "Wall-kirie". Ciò, se si verificherà, non deve
sorprendere né scandalizzare. Il mercato finanziario tende ad operare più
attraverso bolle che non adottando razionalità lineari. E' la sua natura, dove
la bolla non é l'anomalia, ma la norma. Pericolosa? Certo, ma se il mercato
fosse razionale sarebbe già crollato. Quindi la capacità di generare bollicine
nonostante forti limiti all'espansione sarebbe, in fondo, buon segno.