Caro
professore, ho
letto le Sue considerazioni su ‘il Foglio’ assieme a quelle di Giorgio
Israel e di Giuseppe Sermonti e Le voglio esporre talune mie
considerazioni tralasciando di ‘confessare’ le mie convinzioni
personali che (seppure sia divenuto un vezzo abituale darne comunicazione
chiara e anticipata all’espressione delle proprie idee da parte di ‘scienziati’,
‘filosofi’, ‘giornalisti’ certificati o anche dei più semplici
‘lettori’) non interessano nessuno né dovrebbero interessare
chicchessia al di la delle affermazioni espresse su carta. Come
noi tutti convinti assertori del ‘progresso umano’ (in crescita sempre
seppure sempre travagliato dall’imperfezione e dalle incoerenze umane)
sono convinto che l’odierno ‘occidente’ sia portatore di una civiltà
‘superiore’ alle molte con essa purtroppo ancora coesistenti nel 21°
secolo. Ciò non ci garantisce la conservazione dello stato di
‘migliori’ in eterno. L’assenza di una solida adesione interna ai
principi fondanti potrebbe infatti condurci all’estinzione (come avvenne
per i Dinosauri e per tante altre specie e civiltà nel passato). Lotto
assieme ad altri per garantire la sopravvivenza e la proliferazione della
Nostra civiltà ed assicurarle quindi il trionfo. Ciò non significa
arrestarne il progresso sulla strada del miglioramento continuo dalle sue
‘imperfezioni’ umane (e pertanto storicamente inesauribili). La
convinzione circa la ‘superiorità’ della nostra civiltà (erga omnes
humani) mi obbliga anche a considerare con pieno ottimismo la strada
intrapresa nelle sofferenze e col metodo di tentativi ed errori da almeno
parecchi millenni. Il
fatto stesso che siamo riusciti faticosamente ad assicurare al mondo un
lungo progresso coronato dall’attuale ‘superiore’ livello di civiltà
non ostante la componente animale dell’uomo ci abbia costantemente
spinto a tenere atteggiamenti drastici e bellicosi mi spinge per coerenza
ad ammettere che il progresso non stia seguendo un percorso ‘a la
Monod’ (solo ‘casualmente’ segnato da migliorie) bensì che esso
segua una linea evolutiva (che chiamo ‘intelligente’ solo in quanto
costantemente orientata al meglio). Che poi l’’intelligenza’ sia
stata iniettata una tantum all’atto del Caos’ iniziale come dote
intrinseca di uno sviluppo dalla massima entropia ad una graduale crescita
di ordine (che possiamo notare sia nel cielo stellato che nel mondo
animato) invece che in altri modi estemporaneamente, non toglie che
occorra ammettere la molto inferiore probabilità statistica di un tipo di
‘evoluzione casuale’ (a la Monod) rispetto all’accettazione
dell’esistenza di un’’energia superiore’ che è capace di dare un
senso all’evoluzione grazie a una legge capace di garantire la
sopravvivenza al suo ‘disegno intelligente’. Nessuno può sperare di
definire il concetto ‘epistemologico’ di scienza in modo tanto
riduttivo da riportare le esperienze umane sotto il solo cappello delle
tradizionali scienze fisiche. Tuttavia ogni ‘scienziato’ deve
accettare la sfida di riuscire a scoprire quale sia lo strumento (la ‘legge’)
di cui si serve quell’energia superiore (che trascende la stretta natura
fisica ed umana) per guidare l’evoluzione sia della natura inanimata che
di quella animata. L’unicità
della conoscenza e quella delle leggi seguite dalla natura mi obbliga
altresì ad ammettere che non ci possa essere una drastica e riduttiva
frattura tra ‘scienze naturali’ e ‘scienze umane’. Soprattutto
dopo la scoperta del DNA e dei suoi profondi legami con la trasmissione di
informazioni tra generazioni lungo una costante evoluzione positiva
dell’uomo e della natura. L’unicità
della scienza deve tra l’altro obbligarci ad accettare che la logica e
la matematica siano gli strumenti comuni di cui lo ‘scienziato’ può
servirsi per affermare o confutare le proprie teorie. Sia in materia
tecnologica che in quella organizzativa delle tecnologie al servizio del
progresso civile. Ciò
ci suggerisce di trovare anche una comune base etica alla ‘libertà di
ricerca’ in qualsiasi disciplina siamo interessati. Infatti la
destinazione sociale (economica, politica o semplicemente astrattamente
‘culturale’) della ricerca (da quella pura a quelle applicate) ci
obbliga a non ritenere che la ‘libertà’ sia IL valore basante della
civiltà umana. Se si vuole vivere in gruppi sociali, infatti, la
‘libertà’ è un valore che (seppure consensualmente) accettiamo di
‘barattare’ per una migliore ‘qualità di vita’. Che tale
‘etica’ superiore cui siamo disposti a cedere dosi della nostra libertà
individuale risulti nelle epoche e tra le etnie molto elastica e
variabile, ci convince di avere un parametro tramite il quale poter
decidere della ‘superiorità’ dell’una rispetto alle altre. È ad
esempio agevole per noi dare una misura eticamente superiore al sacrificio
consensuale di sé del missionario rispetto a quello del kamikaze o del
terrorista. Una
regolamentazione della libertà di ricerca non credo sia un atto
inaccettabile purchè si basi sull’affermazione di valori basanti della
nostra civiltà. Il relativismo etico invece rinuncia poco
scientificamente ad approfondire tali temi trasversali a tutte le scienze
dietro la pretesa di non voler riportare la ‘scienza esatta’ sotto il
dominio della ‘chiesa cattolica’. Rinunciando a distinguere tra la
sfera della scienza (ivi incluso cercare di capire la ‘legge’ che
garantisce il ‘disegno intelligente’ al progresso umano E naturale) e
quello della fede (che magari riesce perfino a considerare ‘migliore’
la scelta della ‘eugenetica preventiva’ di rieri e di domani rispetto
alla ‘assistenza umana e sanitaria’ dei sofferenti oppure Io
ho ‘fede’ nella scienza in quanto sono convinto dai miei studi (e
costanti curiosità scientifiche) dell’esistenza di una ‘linea
intelligente’ (e non Monodiana) che guida il progresso umano e naturale.
Ciò non ha nulla a che fare con ‘posizioni’ fideiste (creazionismo o
meno e Darwiniste o neo-Marxiste). Infatti anche Galileo era cosciente di
avere capito solo qualcosa di parziale mentre Newton (al contrario del
matematico Leibnitz) era certo di avere risolto i problemi naturali
addirittura deterministicamente con mezzi matematici originali
(convinzione dimostratasi fallace soli qualche decennio dopo grazie a
Faraday-Maxwell che aprirono la strada alla relatività Einsteiniana e
alle odierne teorie del campo unificato quanto-elettro-dinamico quasi
senza soluzione di continuità sul piano della ‘revisione’
logico-concettuale da essi inaugurata). Infatti anche Marx ha affermato un
punto di vista originale per esaminare criticamente la Storia seppure le
sue sicurezze ‘scientifiche’ (socio-economico-politiche) abbiano avuto
un ruolo puramente ‘fideista’ e si siano potute dimostrare
autonomamente sterili e fallaci. Infatti Darwin (indipendentemente dalle
sue convinzioni personali su società e politica) ha fornito un
rivoluzionario concetto per osservare la diversità delle specie in natura
pur non avendo fornito alcuna solida chiave di ‘soluzione scientifica’
del problema della origine delle specie e della loro ‘evoluzione per
salti discreti’ fino all’assetto dell’uomo e delle specie attuali.
Cancellare Dio dall’evoluzione non semplifica il progresso delle
conoscenze gli sottrae solamente una delle possibili giustificazioni
nell’altrimenti improbabile origine della ‘logica evolutiva’ (non
dei meccanismi – o ‘leggi’ – ‘scientificamente’ conoscibili da
essa seguiti). La
leggo sempre con interesse e curiosità (soprattutto in quanto gli
‘scenari geo-politici’ devono potersi fondare su scelte etiche di
civiltà che diano legittimità agli interventi pratici che è sempre
necessario adottare per agevolarne o contrastarne la realizzabilità, cordialmente
Carlo
(Vitali)
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