04/02/2005

Gentile Professor Pelanda,  con riferimento al suo articolo apparso stamane su Il Giornale dal titolo "Il confine morale" le dirò che non trovo affatto fuori luogo le sue valutazioni sulla sinistra italiana, né esagerata la definizione di una linea di demarcazione morale nei confronti di chi fa del cinismo e dell' ipocrisia la divisa da indossare permanentemente nell' affrontare il dibattito politico. Come Lei sono anch'io convinto che il dialogo con simili soggetti è pressoché inutile se non dannoso perché privo di quella lealtà reciproca che consente di ammettere gli errori, come anche di riconoscere i meriti altrui senza perdere di dignità.

Tuttavia la sua ricetta mi sembra di difficile applicazione: in primo luogo perché chiamando in causa valori morali imporrebbe una integrità e coerenza comportamentale da parte di tutto lo schieramento di centro-destra tale da costituire un modello virtuoso inattaccabile, forse impossibile da pretendere; poi perché non mi appare né giusto, né proficuo applicare il confine a tutta la sinistra (intesa come arco dei partiti che costituisce l'opposizione), dato che sarebbe meglio distinguere tra chi al "male" è stato scientificamente addestrato divenendone un professionista e cioè comunisti e relative varianti ex e post e chi dal "male" è stato attratto per ingenuità, calcolo o debolezza come ex democristiani, socialisti ecc. Sono cioè dell'idea che si dovrebbe fare ogni sforzo per recuperare al "bene" coloro che per tradizione e credo sono lontani dall'ideologia marxista-leninista che costituisce la vera radice dell'anomalia da Lei denunciata e che sono solo compagni di strada occasionali dei veri sinistri, dei quali peraltro subiscono la nefasta influenza anche nei metodi.
Ciò detto mi rendo conto che una simile operazione di salvataggio sarebbe destinata all'insuccesso senza il coinvolgimento della potente forza morale e di persuasione della Chiesa Cattolica, se non altro nei confronti di coloro che a sinistra si ispirano al suo insegnamento (e non sono pochi). Occorre perciò che le forze che oggi governano il Paese si accreditino non solo per efficienza ed operosità, ma anche per quella visione solidaristica e cristiana della società che si preoccupa di tutti e non dimentica gli ultimi.  In definitiva è tempo che la democrazia liberale dimostri che la ricchezza e il benessere  non sa solo produrli ma anche equamente e saggiamente distribuirli. Solo così si indurranno le forze politiche oggi all'opposizione ma estranee al comunismo e ai suoi metodi a rientrare nella loro casa naturale, restituendo i seguaci di tale ideologia al rottamaio della Storia come già avvenuto in tanti altri Paesi.  Con la più viva cordialità Giuseppe Zuccarini - Perugia