Guardando
l’allegato (sotto) 320 anni non sembrano passati utilmente per i
lavori pubblici. Ho
notato che spesso le opere pubbliche, quando sono terminate, scontano
costi eccessivi per le manutenzioni. Infatti, i progettisti, sia per
leggi specifiche, sia per evitare accuse di favorire determinate case,
danno descrizioni generiche dei materiali e dei componenti degli
impianti tecnologici, lasciando campo libero alle imprese, che
logicamente utilizzando i materiali con i costi inferiori. A questo va
aggiunto che direttori dei lavori, assistenti e collaudatori, non
possono controllare o verificare ogni particolare, con la conseguenza di
lasciare tanti piccoli e grandi difetti di costruzione da risolvere nel
futuro, quasi sempre a carico dell’acquirente (soggetto pubblico). La
soluzione a mio avviso è molto semplice, basterebbe obbligare tutte le
amministrazioni pubbliche a bandire gare che affidino contestualmente ai
lavori di costruzione ed alle forniture la manutenzione,
organizzata come di seguito. Per
le forniture, manutenzione da offrire contestualmente alla offerta di
gara con durata pari al ciclo di vita dell’apparecchio, dove dovrebbe
essere previste con vincolo in fase di offerta quotazione del bene
fornito in diviso in ogni suo componente, comprendendo parti di ricambio
e manodopera e quantificazione economica delle parti escluse (che
potrebbero essere sostituite con oneri al di fuori dei canoni, per
esempio a seguito di danneggiamenti da parte di terzi), così evitando
di acquistare una apparecchiatura, ad esempio diagnostica, molto
economica in fase di acquisto ma dai costi di manutenzione di uno
shuttle. Per
i lavori pubblici, si potrebbe prevedere l’assegnazione contestuale
della realizzazione dell’opera e della manutenzione decennale
integrale con canoni prestabiliti, a decorrere dall’ultimazione dei
lavori, dove dovrebbero essere quotate in fase di offerta tutti
i componenti, sottocomponenti ed interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria con le relative modalità (non raccogliendo
delle fotocopie di fotocopie inutili ed illeggibili di foglietti di
istruzioni), vincolando alla gestione della manutenzione, la stessa
impresa o consorzio con i subappaltatori autorizzati per le singole
lavorazioni e i fornitori dei materiali (anche questi ultimi dovrebbero
essere obbligati a garantire la fornitura di ricambi nel decennio a
prezzi prestabiliti). A
mio avviso, dovendo l’impresa aggiudicataria mantenere in efficienza
l’opera per 10 anni, dove emergerebbero almeno il 90 % dei difetti non
accertabili in fase di costruzione e collaudo, la stessa impresa, se
bene irreggimentata contrattualmente (con fideiussioni serie) avrà
tutto l’interesse a realizzare un manufatto di qualità, quindi
utilizzando materiali e componenti affidabili, perché il suo guadagno,
lo conseguirebbe con i lavori, offrendo un prezzo giusto e poi lo
ritroverebbe ancora nei contenuti costi di gestione, conseguendo per la
pubblica amministrazione la prevedibilità della spesa anche a lungo
termine e la sua fruibilità nel suo ciclo di vita. In due parole penso
che si avrebbe una selezione darwiniana degli appaltatori di opere
pubbliche, senza affannarsi in compilazioni di modelli che vanno a
costituire solo carico di incendio per gli archivi pubblici, ma
certamente non reggono i palazzi. Cordialmente
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