25/08/2006

Preg.mo Sig. Pelanda,

                                                     la sua strategia teoricamente non fa una piega, ma purtroppo è inattuabile: lei sa, vero?, che un qualsiasi musulmano può essere messo a morte da un qualsiasi fedele se mette in dubbio una qualsivoglia parola del Corano? Quando lei saprà per certo che il più insignificante ulema nel più piccolo villaggio di questo mondo, di fronte anche a soli tre fedeli avrà avuto il coraggio di esprimere un parere positivo sull’idea esposta e motivata nello scritto che Le allego, allora ne riparleremo. Nel frattempo non perdere tempo a dialogare con dei maestri nel menare il can per l’aia (o, parliamo chiaro, nel prendere per il culo deprecando il terrorismo ma non rinnegando, o almeno ridimensionando, i versetti del Corano che lo giustificano). Sarei peraltro interessato a sapere qual è la chiave per modificare il codice culturale islamico che avete trovato nel think tank del 2001.

                   La mia più grande stima e i più distinti saluti.

                   FDP,  Udine  

 Venerdì Santo  2004

 

 

E’ POSSIBILE DISINNESCARE LA BOMBA ISLAM ?

 

   E’ vero: la religione musulmana è una bomba terrificante capace di far esplodere tutto il pianeta, perché, almeno nella sua versione attuale, è l’incubatrice del terrorismo peggiore, quello fideistico.

   L’abbiamo tutti visto con i nostri occhi, nei giorni scorsi in Iraq, come nasce un gruppo terroristico: un trentaduenne religioso sciita di punto in bianco è riuscito a  convincere migliaia di fedeli a prendere le armi e a uccidere addirittura chi li aveva liberati dal loro oppressore, semplicemente portando a motivazione le parole di Maometto contro i nemici della fede. Così, proprio così è nato, nasce e rinascerà  in continuazione il terrorismo musulmano internazionale: sarà inutile eliminare nei vari paesi del mondo i tentacoli di una piovra che vive e si rigenera nelle viscere degli stati musulmani integralisti semplicemente per volere di un prete islamico.

   Questo è tecnicamente possibile perché in effetti nella ‘bibbia’ dell’Islam, il Corano, l’ammissione e anche l’ordine dell’uccisione dei ‘nemici’ sono messi più di una volta sulla bocca di Maometto.

   Ma se si potesse dimostrare che queste dichiarazioni del profeta non rientravano nella sfera religiosa e non erano precetti morali, ma nascevano da esigenze di natura ‘politica’ allora la situazione potrebbe cambiare radicalmente.

   Purtroppo il grande problema della religione musulmana è che non ha una gerarchia o autorità autorizzate a interpretare il Corano ed è addirittura passibile di morte chiunque anche soltanto accenni a farlo.

  E’ giocoforza quindi che provino a leggere correttamente il Corano i non-musulmani e anche alla svelta: ne va della loro sopravvivenza.

  E’ quello che ha provato a fare il sottoscritto…con una grande sorpresa: l’Islam integralista si può disinnescare e la base comune per una soddisfacente convivenza di religoni e popoli diversi è molto più ampia, grazie a Dio, di quello che si pensi.

     

Come leggere il Corano

 

   Quello che mi ha fatto apparire chiarissimi il senso e i limiti veri dell’Islam è stato semplicemente il metodo con cui ho voluto leggere il Corano.

   Da buon occidentale di cultura ellenistica-positivistica ho cominciato a valutare l’’oggetto’ nei suoi aspetti materiali.

   Comunemente questo libro propone la lettura dei 114 capitoli (‘sure’, composte da versetti) iniziando (chissà perché) dal più lungo e finendo con il più corto.

   Ritenendo questo metodo un’infantile assurdità (che la dice lunga sulla capacità interpretativa dei musulmani), ho optato per una più logica lettura in ordine cronologico, cosa permessami fortunatamente dal curatore del testo ed estensore di una valida introduzione.

   Confrontando quanto racconta il testo secondo questo ordine e le vicende in ordine temporale della vita di Maometto ho capito la chiave interpretativa di questo Sacro Libro.

 

L’Islam è una buona religione?

 

   Ho impiegato tre mesi per leggere il Corano, non per la lunghezza del testo, non per la difficile comprensione, ma perché letterariamente è un ‘mattone’ pesantissimo, da sorbire a dosi molto piccole.

   Partito convinto di leggere una manuale per tagliagole, ho dovuto ricredermi: il Corano insegna effettivamente una buona religione. E chi ne trae giustificazioni alla violenza o è un’ignorante o è in malafede.

   Se non avete tempo o voglia di leggervi il Corano da soli, Ve lo dimostro in quattro pagine, con parole e logica normali, premettendovi che il vero problema attuale dell’Islam non è di essere una religione ‘diversa’, ma semplicemente arretrata. Lo è nella interpretazione della sua ‘bibbia’; lo è nella sua attuazione, ferma alla fase teocratica o integralista che il Cattolicesimo ha già superato da almeno 7 secoli (grazie al provvidenziale istituto del Papato, garanzia di coerenza e, insieme, di costante modernizzazione che purtroppo i molteplici e scoordinati eredi, per di più carnali, del Profeta non possono dare).

 

La prima parte del Corano: i principi morali dell’Islam

 

   Muhammad (o, italianamente, Maometto) indubbiamente è stato un vero profeta mandato da Dio per convertire al monoteismo e alla bontà un coacervo di tribù arabe che vivevano di pastorizia e di razzie con il nullaosta di una religione politeista e idolatra ancora sei secoli dopo Cristo.

   L’Islam è una religione valida, derivata direttamente dall’Ebraismo con una robusta iniezione di ‘bontà’ cristiana, senza però arrivare all’altezza e alla nitidezza dell’”Ama il prossimo tuo come te stesso” e senza riuscire (vedremo poi perché) a fare a meno di una dettagliata precettistica liturgica e socio-ecnomica.

    La lunghissima e faticosissima lettura del Corano (580 pagine contro le 72 del Vangelo più lungo) fa capire la durezza delle meningi  dei suoi destinatari e rende chiaro perché Dio ha voluto scegliere e preparare a lungo il popolo degli Ebrei per rendere comprensibile almeno a una piccola parte di essi il messaggio concentrato e purissimo dell’Uomo-Dio Gesù: tra il Vangelo e il Corano corre (con tutto il rispetto) la stessa differenza che c’è tra un’aquila e un pitbull.

   Ne consegue che il Vangelo oggi si può leggere esattamente e interamente come 2000 anni fa mentre il Corano nella sua stesura originale è una martellata continua alla scatola cranica di un europeo. Il testo non è un racconto ma una enunciazione diretta, come fatta dallo stesso Muhammad (che però fu scritta da altri dopo la sua morte). 

   In sintesi, cosa insegna di buono il Corano?

   C’è un unico Dio, che ha creato tutto e che manda periodicamente tra gli uomini i suoi profeti (tra cui Gesù) affinché essi lo riconoscano, gli siano devoti e si comportino bene soprattutto verso gli altri credenti (con le solite buone azioni, correttezza, morigeratezza, tolleranza e generosità, nonché preghiera e forti elemosine): alla risurrezione dei morti, chi avrà creduto al profeta avrà il paradiso; chi non avrà creduto sarà condannato, in un giudizio universale, a pene eterne, senza alcuna remissione.

   Questi concetti sono espressi in modo molto semplice e, letterariamente, molto potente (il Corano, in arabo, risulta un testo spesso poetico). La loro ripetizione ossessionante tende a ‘spianare’ la mente e a creare nella psiche una forte angoscia escatologica, impedendo qualsiasi prospettiva esistenziale terrena: infatti (e questo è un elemento molto importante) in questa vita, da vivere in continua tensione e senza nessuna illusione, non ci si deve aspettare nessun  premio da parte dei buoni, ma neppure castighi da parte dei cattivi, perché tutti i conti saranno regolati nel giudizio universale. Tale prospettiva ultraterrena è l’aspetto del Corano da cui, non correttamente, si sono originati atteggiamenti fatalistici e immobilistici  per diversi periodi in larghi strati di popolazioni musulmane.     

   Questi sono i contenuti (molto consonanti con il Cristianesimo ma soprattutto con l’Ebraismo) della prima parte del Corano che rappresenta circa i due terzi dell’opera.

 

Il problema: i precetti della seconda parte del Corano

 

   La seconda parte del Corano (l’ultimo terzo dello scritto) oltre a ripetere molti concetti generali della prima parte, entra nel dettaglio della vita di tutti i giorni esprimendo molti giudizi e precetti sui comportamenti individuali e collettivi sul piano religioso, civile e politico alcuni dei quali appaiono oggi veramente inaccettabili, specialmente ai cristiani educati da principi come questo: “Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Giovanni IV, 23). Questo insieme di norme costituisce per i musulmani quello che per i cattolici è il Diritto canonico.

   Il problema è costituito dal fatto che il Diritto canonico (a differenza del Vangelo) è modificabile nel tempo (per decisione del Papa e dei Vescovi) mentre i musulmani sostengono che le leggi della seconda parte del Corano hanno valore assoluto come i principi della prima parte e quindi devono valere oggi tali e quali come 1400 anni fa.

   E’ questa posizione intransigente che crea attrito con il mondo occidentale cristiano, per il quale è naturale il progressivo cambiamento delle leggi, ma non dei principi, in relazione all’evoluzione globale dell’uomo.

   Inoltre in questa seconda parte del Corano (e mai nella prima!) ci sono una dozzina di versetti (su un totale di 6.235) che incitano alla violenza contro i miscredenti, entrando tra l’altro clamorosamente in contraddizione con la bonaria ed escatologica visione del mondo insistentemente proclamata nella prima parte.

   Ebbene, se teniamo presente da chi, quando e perché questa ben identificabile seconda parte del Corano fu proclamata, possiamo tranquillamente togliere tutti i versetti ‘normativi’ dal ‘corpus’ dei veri e propri insegnamenti religiosi di Muhammad e raggrupparli in un’area di precettistica e di disposizioni socio-politiche (strettamente legate alle vicende dell’autore e del suo popolo e quindi prive di valore universale, nello spazio e nel tempo) che abbia con il nucleo primordiale del Corano lo stesso rapporto che ha il Diritto canonico con il Vangelo.

 

La soluzione: chi era il Profeta e come è nato il Corano

 

   Occorre considerare che Muhammad è stato asceta, mistico (ebbe anche delle visioni) e profeta a pieno tempo per dieci anni (dal 612 al 622 dopo Cristo) nella città della Mecca, centro dell’Arabia pullulante di idolatri che, dopo la morte della facoltosa moglie, resero insicura la sua vita, a causa della predicazione radicalmente innovativa.

   Muhammad si rifugiò pertanto nella vicina città di Medina in cui mancava, guarda il caso, un capo politico, essendo abitata da gruppi etnico-culturali diversi (vi erano anche numerosi ebrei). Egli ne approfittò (dato il forte carisma) per divenire capo della città e così concretizzare e ufficializzare la sua religione in una società teocratica. Con la forza intrinseca di questo sistema teocratico (tipico delle società primitive), oltre a continuare la predicazione e dare nuove regole ai costumi, usanze e attività economiche della comunità medinese, riuscì a condurre numerose battaglie, razzie e tradizionali massacri che, dopo dieci anni, gli consentirono la conquista della Mecca e di gran parte dell’Arabia.

   Una considerazione storico-religiosa: se Dio non avesse inviato Muhammad e Muhammad non avesse messo Dio direttamente a capo della comunità medinese, quasi certamente l’Islam non sarebbe sopravvissuto al contrattacco della comunità idolatra meccana, e quindi questa  indispensabile nuova religione non avrebbe portato la salvezza morale e materiale a numerosi popoli dell’Africa e dell’Asia. Anche per questo Muhammad dovrebbe essere considerato un profeta mandato dallo stesso Dio Provvidente dei giudei e dei cristiani.

   Muhammad, in pratica, impersonò insieme due ruoli biblici: quello del ‘profeta’ portatore delle parole e delle leggi di Dio, come Mosè, e quello del ‘condottiero’, come Giosuè, l’effettivo conquistatore della Terra promessa.

   Le poche parole di Muhammad che incitano alla violenza (contenute nella seconda parte del Corano, quella medinese) si riferiscono pertanto alla sanguinosa guerra che egli colà dovette sostenere. Chi realizzò la stesura definitiva del Corano ovviamente riportò tutto quello che egli disse senza fare distinzione tra religione e politica  e presentando tutto come parola di Dio trasmessa dal Profeta. E’ evidente invece che a Medina (lo conferma, oltre ai contenuti, anche il diverso modo di esprimersi) Muhammad ha parlato come condottiero e non come profeta, pur ricordando ogni tanto i precedenti temi religiosi.

   Nella diversissima situazione storica ed evolutiva di oggi, noi abbiamo non soltanto la capacità e il diritto ma anche il dovere, anche verso lo stesso Muhammad, di depurare il Corano dalle affermazioni contingenti ed allegoriche e quindi di non considerare come tendenziali assassini oltre un miliardo di persone.

   Per la stessa ragione non dobbiamo svilire il Corano in altri dettagli: l’accusa di edonismo materialista basata sul ‘paradiso’ coranico, ad esempio, è infondata perchè il Profeta non poteva raffigurare a rozzi predoni un paradiso senza donne, che comunque sono, le poche volte, indicate delicatamente come giovani mogli: molte più volte, invece, è ripetuta la promessa di acqua fresca e cibo, oggi ovviamente di molto minore ‘appeal’!. Così pure la poligamia all’epoca e nell’area (in cui la mortalità maschile era altissima) era stata provvidenzialmente pensata a vantaggio di vedove e orfane (tra l’altro, molto tutelate sul piano economico).

   La seconda parte del Corano va depurata, quindi, sul piano religioso, da tutta la precettistica ‘civile’ e dalle disposizioni politiche e militari richieste dalla situazione storica. D’altra parte le affermazioni ‘medinesi’ violente sarebbero in totale contrasto con le affermazioni pacifiche e fataliste del periodo ‘meccano’.

   Avere capito questo enorme problema è per noi occidentali e cristiani  un passo importantissimo

che ci permette di vedere e trattare gli islamici in modo nuovo e senz’altro più accettabile.

   Ma la sua soluzione non può venire che all’interno dell’Islam stesso, che deve decidersi una volta per tutte a: - separare la religione dalla politica; - depurare dalle scorie storico-politiche i suoi precetti di pratica religiosa. Se al presente non ha figure istituzionali in grado di farlo, si organizzi, e anche in fretta, perché i due mondi si stanno sovrapponendo molto velocemente e l’europeo medio comincia a capire che non può vivere con un immigrato virtuale tagliagole nell’appartamento di fronte.

 

I versetti incriminati e la Storia

 

   Ed ecco i versetti della seconda parte del Corano più ‘pesanti’ cui, per una migliore valutazione, premetto il versetto III, 134 della cui presenza assieme agli altri qualche esagitato Ulema dovrebbe dare spiegazione: “I credenti perdonano gli offensori”!

(Ricordo che la numerazione dei capitoli non rispetta l’ordine cronologico).

XXXIII, 61: “Uccidete i vostri nemici”

IX, 5: “Uccidete gli idolatri”

IX, 14: “Gli idolatri Dio li castigherà per mano vostra”

IX, 29: “Combattete i miscredenti finchè non paghino il tributo”

IV, 91: “Gli ipocriti, chi si tiene in disparte e non offre  pace e non getta le armi, prendeteli e uccideteli dove li trovate”

II, 191: “Uccidete chi vi combatte”.

   Queste inaccettabili affermazioni non dobbiamo, onestamente, ritenerle facenti parte della dottrina islamica perché si riferiscono chiaramente alla guerra sanguinosa che i ‘credenti’ medinesi stavano combattendo con i nemici meccani, ‘idolatri’ e ‘miscredenti’, per la propria sopravvivenza: non hanno fatto lo stesso anche i cristiani nel Medioevo e nel Rinascimento contro gli stessi musulmani? Per non parlare degli ebrei…

   Muhammad era un uomo del suo tempo, come Mosè e come Giosuè: non hanno forse ucciso anche loro? Giosuè non era forse il capo degli ebrei che hanno massacrato fino all’ultimo bambino ben sei popoli per conquistare la terra promessa e questo su precisa disposizione di Dio? “Quando ti avvicinerai a una città per attaccarla, se la città non accetta la pace la stringerai d’assedio e il Signore tuo Dio la metterà nelle tue mani. Passerai tutti i maschi a fil di spada, mentre le donne, i bambini, il bestiame e quanto ci sarà nella città lo catturerai. Invece nelle città di questi popoli che il Signore tuo Dio ti dona  in eredità non lascerai viva anima alcuna ma voterai allo sterminio Hittiti, Amorrei, Cananei, Perizziti, Evei e Gebusei.” (Deuteronomio XX, 10-18). Gli ebrei dell’odierna Israele si trovano esattamente nella stessa situazione politica di tremila anni fa e tuttora considerano valida la Bibbia: dovrebbero forse sterminare (e potrebbero farlo facilmente) tutti gli abitanti non ebrei della Palestina? No, perché gli ebrei evoluti sanno che non può valere oggi una disposizione, seppur divina, di tremila anni fa. Invece i musulmani integralisti pensano di dover sterminare ebrei e cristiani in forza di un ordine di Maometto di 1400 anni fa.

   A questo punto, chi sono gli ignoranti, incapaci di intendere le parole del proprio Libro Sacro?

   Ci sarebbero ancora moltissime considerazioni da fare sul Corano e sulla Shari’a  (‘corpus’ legislativo e normativo creato dagli immediati successori di Muhammad cui però gli islamici non riconoscono valore assoluto), soprattutto sulla precettistica e le sue conseguenze sulla convivenza dei musulmani con concittadini di altre religioni, ma sarebbero comunque inutili se non si rimuove questa mannaia sospesa della ‘licenza’ di uccidere in nome di Dio.

 

La ‘guerra santa’

 

   Il versetto II,191 (“Uccidete chi vi combatte”) è quello che i musulmani portano a giustificazione della ‘jihad’ o ‘guerra santa’:  Muhammad, però, non l’ha mai nominata o proclamata con questo senso. Pertanto, visto che gli Ulema attuali sono così ligi alla parola del Corano e solo a quella, devono piantarla di usare questo termine che tanto effetto fa sui loro fedeli.

   Innanzitutto perché il messaggio religioso del Corano (per chi lo legge cercando di capirne il senso generale, con semplicità e onestà, e non pappagallescamente) è nettamente non-violento sia nelle enunciazioni sia nelle motivazioni.

   In secondo luogo, perché è ormai assurdo nei fatti non separare le regole della convivenza civile da quelle religiose: nel terzo millennio dopo Cristo ci ritroviamo tra i piedi gruppi di islamici fanatici pronti a dichiarare la ‘guerra santa’ perché le autorità civili proibiscono di portare il velo a scuola!

   E infine, chi ci assicura che chi dichiara la ‘jihad’ non lo faccia soltanto per legittimare i propri istinti violenti e le proprie brame di beni o di potere (o, più modernamente, maggiore visibilità politica) come hanno fatto per secoli, approfittando di sudditi-fedeli acritici e frustrati, califfi e sultani di tutto il Medioriente ?      

 

Cosa possiamo fare noi oggi?

 

   Di fronte a un mondo politico-religioso così arretrato come quello musulmano (senza nulla togliere al livello spirituale dei singoli individui che è da ritenere, tra l’altro, nettamente superiore nella media a quello dei cristiani) da parte del mondo occidentale occorrerebbe tenere un duplice atteggiamento, non per prevaricare ma neanche per soccombere.

   Da una parte accettare l’Islam, anche sul piano legislativo, come una delle grandi religioni monoteistiche, con gli stessi valori di fondo del Cristianesimo e dell’Ebraismo (che il Corano rispetta), alla condizione categorica di liberarsi una volta per tutte dall’integralismo separando ufficialmente per sempre i principi del Corano meccano (da codificare in una specie di decalogo) dai precetti del Corano medinese (passibili di modifiche nel tempo da parte di un organismo rappresentativo dei religiosi islamici ).

   Dall’altra usare il pugno di ferro sia in pace (niente moschee stabili né con funzioni politico-culturali; niente favoritismi comportamentali) sia in guerra (ricordiamoci che l’Islam è sempre stato totalitario e per quanti rapporti culturali ci siano stati nei secoli tra le due civiltà, non ha mai smesso di tentare di conquistare con le armi l’Europa finchè non abbiamo distrutto fisicamente la sua potenza militare a Lepanto e a Vienna) fino a quando i musulmani non accetteranno di togliersi la benda dagli occhi e dal cervello. E’ molto simbolica la striscia di stoffa con scritte che i combattenti islamici si mettono attorno alla testa: le frasi ‘sbagliate’ del Corano gli impediscono di ragionare.

    La mossa successiva, quando si fosse cominciato a muovere qualcosa all’interno degli ecclesiastici musulmani nel senso da noi auspicato, potrebbe essere la richiesta di sottoscrivere pubblicamente una professione di fede (che gli  islamici già usano: la ‘shahada’) sul Corano ‘depurato’ a tutti coloro che vogliono risiedere in un paese occidentale.