MA
  SIANO DAVVERO UN PAESE CIVILE ?
 
  
  Una domanda: siamo davvero un grande
  paese civile, industriale, un paese del G7 ? E' una domanda che, chi opera in
  Italia, prima o poi si deve porre. Non si tratta, come a volte succede, del
  cronico pessimismo che ci attaglia tutti allorquando si parla di affari
  pubblici. No: è una constatazione. Una realtà messa alla prova e rodata
  dalla pratica di tutti i giorni.
  Un imprenditore, un professionista, ma anche un comune cittadino, pensionato o
  dipendente, si trova infatti, quasi giornalmente, attanagliato nella morsa
  delle nostre leggi. Decreti presidenziali, ministeriali, delegati, leggi
  ordinarie, regionali. Per non parlare delle svariate circolari, risoluzioni,
  lettere, ecc...
  Provate a fare qualcosa di innovativo, qualcosa che superi il limite
  dell'ordinaria amministrazione: guai a voi ! Vi ritroverete in un ginepraio di
  regole da cui nessuno potrà trarvi senza incertezze. Ma anche la vita
  dell'ordinaria amministrazione è costellata da mille e mille cavilli. E non
  c'e' semplificazione che tenga. Il buon Bassanini potrebbe campare due secoli;
  non riuscirebbe a spianarci la strada. Siamo in un labirinto di parole, in un
  vortice di articoli e commi che ci ingoia tutti quanti.
  Per non parlare delle spese, delle imposte, delle tasse, dei contributi. Ogni
  mese si deve comunque mettere mano al portafogli: è l'unico appuntamento
  sicuro nella nostra vita provvisoria.
   
  E' quindi evidente che le forze
  nuove, quelle che si propongono come guida futura del paese, debbano
  riflettere attentamente su tutto questo. La parola chiave, seppur brutta, è
  "delegificazione"; che non vuol dire - intendiamoci - annullamento
  di regole, vuoto legislativo. Al contrario: vuol dire mantenere poche regole,
  sicure e certe. Chiunque ha qualche rudimento in tema di diritto sa che il
  principio sacro è il seguente: "la certezza del diritto". Che in
  soldoni significa: conosco le regole e so fin dove posso arrivare con il mio
  comportamento senza violarle. Oltre, consciamente, scado nell'illecito. Oggi
  tale principio vi pare vigente nel nostro paese ? A mio parere no.
  Provate ad immaginare una banale situazione e riflettete dicendovi: sono
  davvero in grado di operare senza essere sicuro di non violare qualche norma,
  magari un regio decreto ante seconda guerra ancora in vigore ? La vostra
  risposta sarà negativa. Ma allora, si potrebbe obiettare, mi rivolgo ad un
  esperto. Bene, andate: troverete una persona senz'altro preparata che,
  tuttavia, si muove anch'essa in punta di piedi nel nostro labirinto normativo.
  Il motivo è presto detto: le troppe norme che si intrecciano, creando una
  ragnatela folle, non lasciano spazio alla certezza. Può infatti sbucare fuori
  un tribunale, una commissione o quant'altro, dicendovi che quello che voi
  credevate vero fino ad oggi non lo è più, in virtù dell'interpretazione del
  combinato disposto della norma tale e talaltra. Ed ecco la fregatura: ci
  muoviamo nell'incertezza, senza sapere se, in coscienza, stiamo violando una
  norma.
   
  Oggi per legge è stabilito tutto
  quanto: manca che ci dicano come e quando respirare ed è fatto. Occorre
  quindi che una forza nuova, si muova diretta verso l'obiettivo di ricondurre
  il paese in acque più calme, in un clima di certezza del diritto appunto. Che
  renda fiducia agli operatori, che lasci loro il tempo per dedicarsi al lavoro,
  alle idee, e non li costringa a rincorrere burocrati e ad affastellare carte.
  Forza per produrre, per inventare, non per imbrattare documenti che, nel
  migliore dei casi, finiscono in qualche umido scantinato.
  E' l'ora giusta per cambiare marcia, per portare l'Italia, finalmente, a pieno
  titolo, nel G7. Queste forze sono le bandiere blu: spero non ci deluderanno.
   
  Roberto LUCARINI