Sinistra protezionista
Di Carlo Pelanda (5-5-2004)
Sabato 1° maggio abbiamo festeggiato la riunificazione dell’Europa. Ma venerdì 30 aprile Schroeder ha ufficializzato di fronte al Parlamento tedesco un vero e proprio ricatto ai nuovi 10 membri orientali dell’Unione. Se ci farete concorrenza fiscale – a suo dire – “sleale” riducendo troppo le tasse: (a) vi toglieremo i finanziamenti europei; (b) spingeremo sul modello di Europa a due velocità per lasciarvi fuori dalle decisioni; (c) ostacoleremo la vostra inclusione nelle regole di accesso al mercato europeo del lavoro. A cui si può aggiungere un quarto punto non citato, ma accennato, forse il più perfido: (d) vi imporremo in modi non flessibili il rispetto delle 97.000 pagine di regole comunitarie, per esempio quella degli standard ecologici che da sola comporterebbe un costo complessivo di 120 miliardi di euro ai nuovi entrati. In sintesi, l’allargamento dell’Unione sta sollevando un problema molto serio di “ordine europeo”, articolato in tre punti: il socialnazionalismo protezionista; la giusta quantità di tasse nel mercato unico; il bilanciamento intraeuropeo tra interessi dei Paesi poveri e ricchi.
Cominciamo l’analisi da
quest’ultimo. La tassazione diretta sulle imprese in Germania è del 38%. In
Polonia e Slovacchia del 19%, la seconda
aspira a quote ancor più competitive spinte dal governo di Mikulas
Dzurinda (centrodestra). Già adottate dalla Lettonia (15%) e dall’Ungheria
(16%). Con questi numeri lo scenario più probabile è che molte imprese e
conseguente occupazione migrino dalla parte centro-occidentale ad alta
fiscalità dell’Europa verso quella orientale. Ma i Paesi della seconda
raggiungono sì e no la metà della ricchezza media degli europei più sviluppati.
Quindi per farli crescere, e portarli alla pari con noi in un decennio, non c’è
altra alternativa che quella di lasciarli liberi di usare i loro costi
sistemici minori per attrarre investimenti. In cambio noi avremo, alla fine,
nuovi mercati più ricchi che compreranno di più i nostri prodotti. Ma come resistere, nei Paesi a maggior
costo, a tale concorrenza prima che l’effetto benefico complessivo si realizzi?
Se alzassimo i costi degli emergenti ciò rendererebbe per costoro impoverente
l’adesione alla Ue, destabilizzandola, e priverebbe il mercato complessivo del
beneficio futuro portato dalla loro crescita prospettica. La soluzione giusta,
pertanto, è quella di ridurre anche nei Paesi maturi le tasse il più possibile
per attutire l’impatto della concorrenza fiscale intraeuropea. In sintesi,
esiste una soluzione “di mercato” che può bilanciare gli interessi. Per inciso,
L’Italia, con la riforma fiscale impostata da Berlusconi si muove in questa
saggia direzione.
Ma la Germania “di sinistra”
non lo fa perché ciò implicherebbe l’abbandono del suo modello di fatto
socialista. Ed agendo in tal modo, con la complicazione del ricatto, mette a
rischio la stabilità europea. Ma il punto più delicato è un altro: Schroeder
non si è neanche sognato di esplorare uno scenario meno protezionista perché
assume che la Germania possa imporre il suo interesse prevalente agli altri.
Brutto segno: la sinistra tedesca protezionista riscopre il nazionalismo di
potenza e preferisce sabotare l’Europa piuttosto che modernizzare il modello
interno. Speriamo non si riapra in nuova forma l’antica “questione tedesca” che
proprio il progetto europeo è servito a chiudere. Ma c’è il rischio. Ed anche
quello che tutti i Paesi ad alto costo esposti alla concorrenza orientale
intraeuropea, penso a Francia e Svezia in particolare, possano reagire come la
Germania. Con la complicazione che tutta la sinistra europea, di fronte al
dilemma tra il ridurre le tasse interne o alzare i costi agli emergenti, scelga
la seconda opzione, eurodevastante. Irresponsabili come sono, si pensi ai
nostri, è una previsione purtroppo credibile.
Per evitare tali pericoli
bisogna trovare un modo per bilanciare meglio gli interessi dei Paesi più
ricchi ad alti costi con quelli, più poveri, a bassi. Il tema è annoso, ma le
soluzioni emerse poche. In Europa potremmo sperimentare le seguenti. Nel futuro
ci vorrà certamente un’armonizzazione fiscale senza la quale non potrà esserci
mercato unico. Il farla a tasse massime, per esempio 50%, sarebbe un suicidio.
Quindi va fatta al ribasso. Ma qual è la soglia minima di tassazione diretta
sotto la quale non si può scendere senza pregiudicare l’attuale concetto di
Stato sociale? Secondo molti analisti è attorno al 30%. Tale numero, in
particolare, è considerato possibile per la Germania. Se così, allora si potrebbe
concordare tra tutti gli europei un “corridoio fiscale” che porti, nel giusto
tempo, a tassazioni dirette totali non più alte del 33% e non più basse del 25.
Tale margine di oscillazione non
sarebbe tale da creare scompensi eccessivi. Entro questo ordinamento
tendenziale-finale, poi, i Paesi orientali avrebbero il diritto a tasse minori
per un decennio, eventualmente bilanciabili da una rinuncia ad una parte dei
contributi comunitari a sollievo di Paesi donatori quali la Germania. In
sintesi, avrei preferito sentire un discorso equilibrato del genere da parte di
Schroeder piuttosto che la minaccia ricattatoria socialnazionalista. E per
essere sicuri che questa non venga attuata prego il governo italiano di
vigilare a difesa dei nostri fratelli orientali, dell’Europa delle libertà.