Dall’Europa imperiale a quella utile
Di Carlo Pelanda (6-1-2004)
Il metodo
che ha guidato la costruzione europea dal
Forse ai lettori questo modo di trattare il problema può apparire troppo astratto. Ma prego di considerare che non lo è. L’Europa pensata negli anni ’90 si è spaccata ed i governi stanno gestendo una vera e propria dissoluzione del “modello a tendere” e non una semplice crisi nel processo di sua costruzione. Ovviamente non lo si può ammettere pubblicamente per evitare la sfiducia, ma la nave è di fatto senza rotta, pur i governi stessi in grado di farla galleggiare. E va dato merito, da pochi riconosciuto e per questo qui sottolineato, al governo italiano di aver gestito il semestre di presidenza facendo ottimamente per contenere la crisi di destrutturazione maturata in precedenza. Ciò apparirà più chiaro se analizziamo dove, perché e quando si è rotto il sistema.
Francia e
Germania, nel 1996, decisero di prendere la guida
dell’Unione e di cementarla attraverso la moneta unica. La prima aveva il
timore che
Ma l’Europa imperiale, pur incompiuta, ha lasciato in aria un tetto che bisogna sostenere con dei muri affinché non ci cada addosso. Il come scaturirà necessariamente dagli interessi delle nazioni: ognuna di esse dovrà trovare un vantaggio che bilanci il conferimento parziale della sovranità ad una costruzione condivisa. Prima che gli intellettuali ne abbiano trovato un nome, i governi hanno già svoltato verso un modello pragmatico di “dare ed avere” il cui risultato di compromesso è una sorta di governo paneuropeo. Ciò può rendere solidi i muri, ma non necessariamente alti come dovrebbero per giungere al tetto in bilico. Cosa può essere aggiunto al pragmatismo per renderlo più costruente? Una teoria dell’”Europa utile”, sostitutiva di quella “imperiale”, che faccia da motore per quelle integrazioni che siano di chiaro vantaggio per tutti. Per esempio: un codice civile paneuropeo che renda omogenee le regole economiche ed amministrative; un livello di polizia europeo basato sull’accordo dei sistemi di giustizia nazionali, un fondo monetario continentale, ecc. Si tratta in sintesi di costruire un ordine paneuropeo su quei piani dove sia chiaro il vantaggio per tutti, rimandando al futuro quelli dove non lo è nel presente. Tale modello di integrazione “intermedia”, poi, aiuterà la funzione di governo più “alta” anche se resterà basata sui compromessi intergovernativi subottimali. Questa è una bozza di “Europa utile” che si ispira al metodo funzionalista in vigore fino agli anni ’80, ma che lo ricarica proponendo di accelerare l’europeizzazione dove essa è possibile. E tanti sono i settori dove lo è – qui il punto - rimasti nascosti per l’ossessione imperiale di pensare solo al tetto. Spero con queste parole di aprire un nuovo campo di ricerca sull’Europa possibile perché utile. Ai sostenitori dell’”Europa imperiale” dico solo una cosa: non vi imputeremo il disastro che avete fatto, lo ripareremo con un metodo più realistico, ma per favore non chiamateci euroscettici. Se no dovremo rispondere con un “euroscemi”.