La rivoluzione tecnologica è
evoluta nonostante gli incidenti di percorso
e sta generando la Next Economy
Di Carlo Pelanda (per
30-3-2004)
La rivoluzione tecnologica
non solo prosegue, ma sta accelerando in molti settori. Al punto da far
ipotizzare la prossima irruzione di una Next Economy. Con questo nome si
intende un futuribile dove l’evoluzione della tecnologia dell’informazione,
unita e ricombinata con altre, arriverà ad una massa critica tale da far
compiere un salto discontinuo al sistema economico planetario, riconfigurandolo
totalmente. Tale ipotesi può sembrare sorprendente alla luce dell’implosione
della precedente New Economy e della delusione al riguardo del traino
producibile dalla tecnologia dell’informazione
sugli investimenti finanziari. Ma il rigonfiamento e lo scoppio della
tecnobolla, 1996-2000, così come l’eccesso di anticipazione finanziaria degli
effetti economici di altri sviluppi conoscitivi in biologia, chimica, nuovi
materiali, ecc., sono stati piccoli incidenti di percorso che non hanno
interrotto la tendenza. Per esempio, la diffusione della tecnologia
dell’informazione su tutte le unità economiche del mercato globale, come
anticipato anni fa da questa rubrica (newizzazione della old economy) è
proseguita dal 1995 con un trend di crescita che la raddoppia, triplica,
quadruplica ogni anno, indipendentemente dal ciclo economico. Anzi, la
recessione 2001-2003 ha prodotto un più esasperato ricorso alle tecnologia per
aumentare i profitti sul lato dei guadagni di efficienza (produttività) vista
la contrazione di quelli basati sulla crescita lorda dei volumi di attività. In
generale, se si rappresenta tale tendenza in termini derivati dall’equazione
predatore/preda (modello Volterra-Lotka) e l’intero mercato come un campo di
relazioni ecologiche, si trova che sta emergendo una popolazione di entità
talmente cariche di nuova tecnologia da creare presto (2005 – 2015) una grande
discontinuità nell’ambiente economico: la Next Economy, appunto. Pochi centri
di ricerca utilizzano la “scenaristica sistemica”, costosa e basata su
competenze non-standard, attraverso il cui occhio il fenomeno detto è ben
pre-visibile. I più adottano una “scenaristica lineare” standard il cui metodo
non può accorgersi delle discontinuità “qualitative” in atto. Anche per questo
motivo il mercato non è avvertito dei grandi mutamenti in arrivo e resta su una
formula di capitale difensiva basata sull’incertezza corrente e sul sospetto
nei confronti del tech, pur sempre meno. Per esempio, il Nasdaq annusa già un
po’ il “next”. Gli scenaristi sistemici, invece, avvertono che è arrivato il
momento giusto per investire sulla rivoluzione tecnologica: fondi di venture
capital “nextech” con un orizzonte dai 5 ai 10 anni.
Carlo Pelanda