I calcoli teorici segnalano
che Roma è un bersaglio privilegiato del terrorismo
Di Carlo Pelanda (2-3-2004)
Nei think tank occidentali
che si occupano di antiterrorismo circola una profezia: la guerra contro
l’insorgenza islamica alla fine la vinceremo, ma ci saranno inevitabilmente dei
brutti colpi che solo le nazioni più preparate sapranno evitare o assorbire. E’
solo una sensazione, ma pone un nuovo problema. La migliore capacità di una
nazione di ostacolare un attentato incentiva i terroristi a scegliere – per opportunità – un’altra più vulnerabile.
Così si crea il paradosso che l’aumento delle difese di qualcuno raddoppi il
rischio per un altro. Le valutazioni tecniche mostrano che, al momento, solo
Stati Uniti e Regno Unito possiedono una buona capacità di interdizione e ciò
potrebbe dirottare l’attenzione dei terroristi sui più facili bersagli europei.
Tale analisi deve tener conto anche del valore simbolico del bersaglio dal
punto di vista degli attaccanti. Una stima ipotetica mostra che gli Usa sono al
primo posto, Londra al secondo, ma Roma è al terzo, Madrid al quarto, ecc..
Difficile valutare il valore di Parigi come bersaglio. Da un lato, nel caso
l’insorgenza islamica riesca a prendere il controllo dell’Arabia saudita –
obiettivo prioritario, Mecca e petrolio, insieme con il Pakistan – la Francia
viene vista come un possibile interlocutore del ramo politico di al Quaida,
quindi da non toccare. Dall’altra, è difficile che Parigi si presti ad un tale
gioco. In attesa di capire meglio, Roma appare il bersaglio che meglio combina
penetrabilità e valore simbolico agli occhi degli insorgenti. Il cui scopo, con
gli attentati, è quello di provare alle masse islamiche la loro capacità di
colpire gli occidentali e così entusiasmarle e reclutarle. Oltre che ottenere
compromessi via ricatto per rompere la coesione occidentale. Immettendo nella
simulazione il colpo nucleare o batteriologico, lo scenario mostra che tutto il
mondo non-islamico è bersaglio in quanto ai terroristi basta farne uno dovunque
per ottenere una catastrofe informativa e finanziaria globale. Ma anche in tale
ipotesi Roma resta attrattiva perché la distruzione del centro della
cristianità esalterebbe la mobilitazione islamica: segno della maggiore potenza
di un dio sull’altro. Questa rubrica raccomanda di valutare: (a) l’integrazione
perfetta tra difesa antiterorristica italiana e quelle inglese e statunitense
con conseguente aumento dei nostri investimenti in materia; (b) il
rafforzamento della capacità di gestire un’emergenza di massa nel caso
peggiore; (c) la creazione di una prevenzione di terzo livello che predisponga
la ricostruzione più celere del sistema nel caso sia gravemente ed
estensivamente danneggiato.
Carlo Pelanda