La ciberbiblioteca
universale è il seme per una futura rivoluzione cognitiva di massa
Di Carlo Pelanda (18-12-2004)
New Alexandria. Potrebbe
essere il nome del progetto, avviato da Google, di creare su Internet una
biblioteca universale che renda accessibile tutto lo scibile umano organizzato
in forma scritta. Il rinascere della biblioteca di Alessandria ha creato
un’eccitazione neoellenistica nel circuito di think tank che questa rubrica
frequenta. Con imbarazzanti interruzioni dei lavori normali. Per esempio, si
era in teleconferenza globale per calibrare lo scenario, tra l’altro pagato una
fortuna dal committente, relativo ai valori futuri della matrice
dollaro-yen-euro-yuan, quando è arrivata la notizia che Google aveva trovato
l’accordo con importanti biblioteche universitarie, tra cui Stanford, per
scannerizzare i libri in modo da renderli consultabili elettronicamente. Non
c’è stato modo di tenere i ricercatori sul tema: “scenarizziamo cose più
importanti e hot”. New Alexandria, appunto. Poi un putiferio di idee su cui ci
si è scannati per ore. Cosa è lo scibile e quale il valore di un accesso più
efficiente ad esso? Posizioni in conflitto. Direzionalista: lo scibile non è
necessariamente contenuto nei testi, ma nella possibilità di capirne i
significati. Quindi alla costruzione della biblioteca base deve corrispondere
un sistema di mediatori - gli Alex, sistemi di intelligenza artificiale - che
aiutino l’utente a estrarre ed organizzare il succo dei libri. In caso
contrario l’accesso di massa alla lettura, oltre che fallire, non diventerebbe
diffusione di “vera” conoscenza. Libertari e bibloecologisti: ognuno si faccia
da solo il proprio agente interpretativo e di selezione degli interessi, la
biblioteca dovrà essere solo sufficientemente ampia per sostenere una crescente
varietà di interpretazioni ed usi senza predefinirli. Tormentone. Interrotto da
un giapponese che, misurando a volo in gigabyte lo scibile, mostrò che i libri
potevano essere contenuti in un solo (bio)chip, impiantabile nel cervello o ad
esso connettibile. E, per rendere l’idea, inventò sul momento un ideogramma che
combinava un testo, tante singolarità intepretative ed evoluzione a varietà
infinita dei significati. Ma tale immagine ipersintetica scatenò un'altra discussione:
i testi elettronici vanno tradotti in linguaggi supercompressi, tipo
“(v)ideogrammi neuroconnessi”, per adattarli ad una lettura istantanea e
diretta della mente o lasciati in stringhe semantiche sequenziali? Ma alla fine
tutti d’accordo sul macroscenario: un qualsiasi statuto di segni simboli ed
operazioni che impacchetti lo scibile comunque definito sarà certamente leva
per una rivoluzione cognitiva di massa: homo biblosapiens, grazie Google.
Carlo Pelanda