La migliore conoscenza di
dove avverranno i terremoti è annullata dai problemi di fattibilità della
prevenzione
Di Carlo Pelanda (16-3-2004)
La nuova mappa geofisica del
rischio sismico in Italia crea per le altre scienze una pressione per risolvere
il “dilemma della prevenzione”. I cui termini sono: (a) più spendo “prima” e
più risparmierò “dopo” perché l’investimento avrà evitato il disastro o
mitigato le conseguenze; (b) ma la prevenzione implica costi e dissensi che la
rendono inapplicabile. La razionalità del primo punto viene tipicamente
annullata non da irrazionalità, ma da motivi altrettanto razionali - quindi
difficili da modificare - che determinano il secondo. Poniamo di individuare un
rischio di gravi terremoti in tre aree nei prossimi 10 anni. Se lo copro tutto
riducendo la vulnerabilità del sistema costruito spendo 80 miliardi. Se non
faccio nulla e mi arriva il disastro in una sola area e non in tutte, la cosa
mi costerà al massimo, per dire, 30. Che sarebbe un risparmio di 50. Ma, soprattutto,
eviterebbe enormi complicazioni politiche. Per esempio, reperire le risorse di
prevenzione in concorrenza con altre allocazioni prioritarie senza l’evidenza
del pericolo imminente, mentre il farlo per ricostruire a disastro avvenuto è
più facile. Ciò serve a dire che non è così scontata la definizione di
vantaggio economico del primo termine. Infatti, se si rappresenta il problema
con gli schemi della Teoria dei giochi si trova che il valore di equilibrio tra
costi e benefici della prevenzione è individuato da un suo minimo relativo e
non da un suo massimo. Per esempio, aumentare la capacità di gestione delle
emergenze – salvare un ferito - costa meno che non ridurre la vulnerabilità di
un insediamento, tipo rendere una casa incrollabile o una città immune da
inondazioni. In sintesi, il danno prodotto da disastri limitati nello spazio e
nel tempo, come i terremoti, non è riconosciuto dai criteri politici vigenti di
entità sistemica tale da doverlo prevenire in modo assoluto caricandosi dei
relativi costi. Così al riguardo della vita umana. Conseguentemente, al
crescere della conoscenza sui rischi territoriali non corrisponde analogo
aumento della sicurezza civile, pur questa migliorando. Cosa si può fare per
non annullare i risultati dei bravi geofisici? Forse gli scienziati della
politica dovrebbero connettere meglio precisazione dei rischi, diritto alla
sicurezza e imputabilità delle istituzioni in modo da forzarle a prevenirli.
Gli economisti rielaborare il valore marginale degli investimenti sulla sicurezza.
Ma va ai tecnologi la domanda più cruciale: possibile che non troviate nuovi
materiali e metodi a costi decenti per non far cadere le case, almeno quelle
future, qualunque sia l’intensità della scossa?
Carlo Pelanda