La nuova guerra richiede
nuove armi, ma l’Occidente tarda a produrle
Di Carlo Pelanda (4-5-2004)
La definizione di uno scopo
implica quella dei giusti mezzi per perseguirlo. Il fine della guerra globale contro il terrore è quello di
conquistare le menti ed i cuori di un miliardo e mezzo di islamici – un quarto
del pianeta, circa la metà delle sue riserve di energia fossile, la cui
ostilità potrebbe distruggere il mercato globale – affinché non vi riescano le
èlite che vogliono creare un califfato fondamentalista di eguale grandezza, poi
piattaforma per ulteriori espansioni. La valutazione dei mezzi mostra che
mancano non le politiche, ma le armi adeguate per condurre tale azione. In
particolare, quelle per l’ordinamento e presidio dei paesi asiatici ed africani
dove è in atto il conflitto tra occidentali ed al Qaeda. E tale gap sul piano
dei mezzi potrebbe retroagire sullo scopo, pregiudicandolo. Infatti la
situazione corrente in Iraq ed in Afghanistan mostra che l’assenza di armamenti
specializzati per la controguerriglia e per la gestione dell’ordine pubblico
mette in seria difficoltà l’obiettivo di democratizzazione e sviluppo di quei
paesi come esempio per convincerne altri ad occidentalizzarsi. Da qui è nata in
molti think tank una riflessione sulle “giuste armi” e relativa identificazione
di quelle che servono: (a) letali-superselettive; (b) non-letali; (c)
simboliche. Il punto: la dottrina militare standard considera come “armi” solo
quelle letali e a media selettività, vede le non-letali come un’integrazione
delle prime e non come un nuovo strumento. Inoltre, considera la “gestione
simbolica” come un supporto cosmetico e non come mezzo bellico vero e proprio.
La nuova guerra, invece, richiede un’evoluzione del disegno delle armi che
permetta alle democrazie sia di esercitare una migliore controguerriglia entro i requisiti del consenso buonista sia
di influenzare culturalmente le popolazioni. Nel passato le guerre coloniali
venivano condotte alleggerendo le fanterie ed artiglierie pesanti normali e senza
problemi di consenso interno ed esterno. Nel futuro, invece, ci vorranno, per
la prima categoria: marcatori individuali di soggetti ostili per eliminarli
selettivamente da piattaforme remote; elicotteri meglio protetti; soldati
dotati di esoscheletri di potenziamento e collegati ad un sistema di visione
totale dell’area da controllare; ecc.. La seconda richiede mezzi non-letali
“dolci” per il controllo di grandi folle ed aree urbane. La terza riguarda la costruzione e comunicazione di
simboli orientativi. Per esempio, una variante religiosa islamica che prescriva
comportamenti compatibili con l’occidentalizzazione. La prima e la terza sono
le più urgenti.
Carlo Pelanda