I mercanti  potranno contribuire alla soluzione della questione siriana più e meglio dei diplomatici

 

Di Carlo Pelanda (20-9-2003)

 

 

 

 Le analisi correnti mostrano che la Siria è il punto focale dello scenario mediorientale. Nel senso che se si muove sposta più cose di qualsiasi altro fattore. Ciò non vuol dire che un mutamento altrove sia irrilevante. Significa solo che nelle specifiche condizioni attuali la Siria è più ago della bilancia degli altri. Tale centralità non è “attiva”, cioè dovuta ad azioni particolari da parte di Damasco, ma “passiva”. E’ infatti il territorio che manca per la stabilizzazione finale della parte settentrionale della regione più critica, che a sud e a est include Iran e Arabia. In particolare, se la Siria prendesse un atteggiamento collaborativo e facesse un trattato di pace con  Israele e rendesse viabile il Libano (che occupa) si formerebbe una prospettiva credibile di costruzione di un sistema geoeconomico integrato fatto di Israele, Egitto, Giordania, Turchia e Nuovo Iraq. Un tale evento consoliderebbe la strategia di ordinamento iniziata dagli Usa con la bonifica del regime di Saddam e le darebbe il successo pieno. Inoltre tale sviluppo renderebbe secondario il focolaio palestinese in quanto i Paesi coinvolti avrebbero tutto l’interesse a non pregiudicare la cuccagna e quindi agirebbero per congelare quel teatro. Ma in quale direzione si muoverà la Siria? Al momento non si muove. Perché le sue èlite non riescono a decidere dove stia il vantaggio. E traccheggiano sia collaborando un po’ con gli americani sia lasciando indisturbati entro il loro dominio gruppi terrroristici, Hezbollah e Jihadisti vari. Washington è consapevole della rilevanza siriana e sta trattando Bashar Assad come un caso speciale. Impiegando bastone e carota per convincerlo a venire dalla parte giusta. Per altro le èlite siriane alzano il prezzo contando sulla disponibilità di forza propria, per esempio il possesso di gas nervini e lanciatori, per essere certe di restare al potere. Proprio questa settimana il Congresso Usa ha avviato la valutazione di nuove leggi che dovrebbero dare all’amministrazione Bush più forza sul lato del bastone. Per esempio, la minaccia di inclusione nella lista dei paria, di più pressione per la liberazione del Libano e di attivare sanzioni economiche. Buone mosse. Ma saranno utili solo se si raffinerà l’offerta sul lato della carota. Che implica fornire a quelle èlite la garanzia sia di restare al potere sia di farsi dei soldi. Questa parte è in ritardo perché gli Usa non vogliono trattare in modi levantini. Ma, forse, a Damasco stanno proprio aspettando inviati che parlino di oleodotti, gasodotti e business. Questa rubrica raccomanda di mandare in avanscoperta i mercanti prima dei diplomatici.