La bonifica dell’Iraq richiede la proiezione di massima potenza, non di quella relativa

Di Carlo Pelanda (18-3-2003)

 

La scenaristica razionale non profetizza, ma ipotizza possibili sviluppi ed i mezzi per gestirli. Il campo è diviso tra due metodologie. La "scenaristica analitica" tenta di individuare ogni possibile alternativa e una strategia per ciascuna. Riduce la complessità dell’imprevisto predisponendo piani di contingenza che adattino l’azione ad un cambiamento improvviso delle circostanze. Il problema non è l’errore (inevitabile), ma la velocità con cui lo si corregge (pianificabile). Gli scenari fatti con tale metodo alimentano la programmazione statunitense sia dell’azione bellica per la bonifica dell’Iraq sia del post-Saddam. I ricercatori – civili – impegnati nella loro formulazione hanno chiesto recentemente un consulto informale ai colleghi che seguono un altro metodo. Non sul dettaglio dei piani, ovviamente secretati, ma sulla teoria cognitiva di fondo. Il problema è il seguente. La matrice dei possibili casi e dei mezzi per gestirli con successo è stata chiusa con la sensazione di aver raggiunto il dominio del campo: tanto può succedere e tanto è stato predisposto. Ma cresce la sensazione che qualcosa non vada. Per esempio, più alto è il consenso internazionale (vantaggio morale) e più sono tollerabili imperfezioni. Tipico il caso dell’Afghanistan. Il consenso era alto e così si è potuto definire come successo un riordinamento solo minimo di quel territorio basato su risorse di media entità per ottenerlo, con certo risparmio. Per l’Iraq il consenso sarà minore e ciò obbliga ad un esito perfetto: vittoria veloce, niente perdite, gestione senza problemi del protettorato. E, correttamente, i bravi ricercatori si chiedono se hanno chiuso la matrice bene, cioè se hanno calcolato la giusta proiezione di potenza in relazione all’ottimo atteso. E chiedono al secondo metodo - sistemica qualitativa più adatta a definire le strategie di dominio – un suggerimento. Che sta arrivando da più parti. Quella frequentata da questa rubrica ha proposto che un requisito così elevato di successo consiglia di abbandonare la ricerca di economicità dei mezzi e di proiettare a raggio globale la "massima potenza" e non solo una "relativa". I colleghi del primo gruppo hanno reagito sostenendo che così si dovrebbe fare "impero" con uno spreco enorme di risorse. Ma quelli del secondo hanno dimostrato, con il metodo dei primi, che il "fare impero" aumenterebbe la probabilità di un boom dell’economia mondiale e quindi il recupero sistemico dei costi generati da una strategia di saturazione: un investimento, con il corredo di un buon consenso successivo. Pare che la proiezione di massima potenza verrà applicata.