Come scopone, borsa e giornali possono contribuire a debellare l'Alzheimer

di Carlo Pelanda (9-7-1999)

 

Il morbo di Alzheimer - progressiva morte delle cellule cerebrali - colpisce circa quattro milioni di americani e costa a quel paese qualcosa come duecentomila miliardi di lire (il 10% del Pil italiano, per capirsi). Nelle altre nazioni l'incidenza di questo male èsimile e crescente. L'Alzheimer é la malattia più odiosa, non solo per il suo impatto fisico, ma anche per il significato simbolico che porta con se. I sintomi si manifestano in età avanzata. Più ci sforziamo di alllungare la vita - atto precursore di un futuro in cui forzeremo i suoi limiti - più incontriamo nuovi mali degenerativi e uno di questi, l'Alzheimer, perfino prende in giro il nostro desiderio di non morire colpendo la mente che lo formula. Per questo ha valore generale la notizia, pubblicata sull'ultimo numero della rivista "Nature" che forse si é trovato un rimedio al morbo. Anche se non sarà necessariamente quello giusto, tuttavia il primo annuncio che ci si potrà arrivare é importantissimo. E' motivo di accelerazione, infatti, della competizione tra le diverse industrie farmaceutiche - e gruppi di ricerca collegati - per chi arriva primo a produrre la soluzione. Dati i numeri economici visti sopra é comprensibile quanto guadagno tale successo potrà generare. Questo stimolo, combinato con l'ambizione intellettuale degli scienziati, lascia ben sperare che la concorrenza sarà ossessiva. Bene. Ma, mi chiedo, come possiamo noi - comunità generale - contribuire ad accelerare la sconfitta dell'Alzheimer che deve essere ricercata con i metodi specialistici della comunità medica? Vediamo.

Sono rimasto colpito da due fatti nella cronaca che descrive come i ricercatori della sede californiana della Elan Corporation di Dublino abbiano sviluppato un vaccino ipoteticamente efficace. Il primo é che nessuno aveva mai contemplatol'idea di un "vaccino" per questo tipo di patologia. Un ricercatore ci pensò uscendo dai vincoli dei protocolli accademici, per questo inizialmente irriso dai colleghi. Ma, praticando questa strategia, é riuscito a produrre dei risultati - sul piano degl animali da esperimento - promettenti. Ciò conferma che il modo di pensare "strano" é una componente fondamentale delle scoperte. E come si fa ad aumentare la probabilità che delle "stranezze" rompano i limiti posti dal pensiero "non-strano" (accademico) e quindi vedano delle nuove possibilità negate dal secondo? Nella nostra veste di comunità generale dovremmo difendere e premere affinché cresca sempre di più la libertà di ricerca. Politicamente, ma non solo. Come investitori dovremmo premiare quelle aziende che praticano i metodi più innovativi e liberi. Ciò, oltre a remunerarci, renderà più tollerabile per le aziende la dissipazione delle risorse che inevitabilmente la stimolazione di più stranezza (perché investimento non finalizzato) comporta. Ma c'é un secondo aspetto della storia che appare più piccante. In realtà non si sa se questo vaccino, anche se funzionasse come ritardatore della degenerazione, riuscirà a debellarla. E non lo si sa perché non sono ancora state comprese a fondo né la fenomenologia né le cause del male in quanto i ricercatori non possiedono uno strumento che riesca vedere cosa esattamente accade nel cervello nel momento in cui succede. Da una parte, come comunità generale, dovremmo favorire in Borsa le aziende che cercano di produrre nuovi e più potenti strumenti di analisi (e quelle che particano la strategia di aggredire una patologia nelle sue fonti genetiche, alla radice). Tuttavia per ancora molto tempo tali strumenti non ci saranno. E i ricercatori dovranno guardare il cervello come un giocatore di carte che non può vedere quelle dell'avversario. Possiamo, da esterni al settore, aiutarli? Forse sì, aumentando gli stimoli "strani". Per esempio, quando gioco a "scopone" sento di far più fatica ad immaginarmi le carte dell'avversario che non quando gioco a "tresette" (in due). Come se la natura del gioco (o del giocatore) influisse sulla capacità di intuire le carte nascoste. Riuscirà un giocatore di "scopone" o altro a dare una buona idea ad un ricercatore che ha lo stesso problema anche se in materia diversa? Nel passato è successo. Per esempio, la teoria della probabilità è nata anche stimolata dai problemi dei biscazzieri nel gioco d'azzardo. Vuol dire che la mente indagante può prendere ispirazione da una varietà di stimoli che é più ampia di quella codificata entro un linguaggio disciplinare. Ovvio. Ma lo é meno il pensare ad uno scenario dove la comunità generale aumenti la sua partecipazione sia all'avventura della conoscenza (stimolazione finanziaria ed emotiva) sia alla soluzione dei dilemmi logici. Tale effetto massa potrebbe aumentare la quantità di stranezze cognitive e, grazie questo, favorire più scoperte scientifiche specifiche. Come? In generale, meno politica e più scienza sulle prime pagine. In particolare, più giochi a dilemma e più persone che cerchino di risolverli. Il punto è che per superare i limiti della natura la società deve produrre più varietà cognitiva, ovvero più stranezze.