17/10/2000

Egr. prof. Pelanda,

vorrei rispondere all'intervento del  prof. Serra del 15/10/00,
riguardante i finanziamenti della ricerca in Italia e il confronto con
quanto avviene in altri paesi. I dati sono confrontabili. Per avere una
idea del baratro in cui siamo sprofondati negli ultimi anni bastano le
seguenti cifre (dati OCSE agg. 98/99, a parità di popolazione):

Spesa per ricerca in Mld lire: Italia 22.000 - Media UE 42.000
Spesa pro capite (in lire): Italia 371.000 - Media UE 735.000
Attività ricercatori (anni/uomo): Italia 76.400 - Media UE 133.000
Numero ricercatori per 1000 lavoratori: Italia 3,3 - Media UE 5,7

% PIL di investimentio in ricerca:
Giappone 2,9
USA 2,8
Media UE 1,8 (con punte per Svezia 3,95 e Finlandia 2,92)
Italia 1,03
Spagna 0.86
Portogallo 0,65
Grecia 0,5
nota: variazione della % PIL negli anni 90-98 (record dell'Irlanda +14,4
!) comunque
Spagna + 2,5 - Grecia +5,8 - Portogallo + 5,5 - solo l'Italia è negativa
-1,6 !!!

Per quanto riguarda la divisione tra pubblico e privato valgono le
seguenti cifre:
i 76.400 anni/uomo di ricerca fatti in Italia sono così suddivisi:
35.000 nell'Università (circa 50.000 persone), 13.000 negli Enti
Pubblici di Ricerca e 27-30.000 nel settore privato. Sicuramente lo
Stato spende poco per la ricerca ma anche il settore privato  non
scherza, con un rapporto di circa 70/30 a favore del pubblico !

Privatizare ! Privatizare ! Privatizzare!
E' la nuova parola d'ordine. Le cifre date sopra dimostrano che se non è
opportunamente stimolato il settore privato non investe in ricerca ( a
parte le lodevoli eccezioni). E' una illusione credere che
spontaneamente si metta a fare ricerca in proprio, non è conveniente a
breve termine!. Come ho già detto in un mio precedente intervento: non
ci si improvvisa ricercatori, occorre un lavoro di studio per molti anni
e notevoli investimenti per attrezzare i laboratori. L'Italia ha già
perso il treno per una rapida innovazione tecnologica. Può cercare di
non rimanere troppo indietro con urgenti misure tampone. Ad esempio può
operare delle  forti assunzioni negli Enti di Ricerca Pubblici, dove già
esistono laboratori attrezzati e scuole di ricerca ben affermate che
possono trasmettere rapidamente le conoscenze e le competenze.
Sicuramente deve favorire  l'integrazione tra ricerca pubblica e
impresa  con opportuni strumenti legislativi del tipo, ad esempio, "una
Tremonti per la Ricerca". Molte altre proposte possono essere avanzate,
riguardanti la formazione di personale altamente qualificato,  i corsi
universitari per dottorandi, la mobilità del personale tecnico, ma
nessun intervento d'urgenza può prescindere, a mio giudizio, da una
maggior sostegno pubblico alla ricerca.

E' stato anche toccato il problema etico se sia giusto il finanziamento
pubblico della ricerca. Mi pare che sia come domandarsi se sia giusto il
finanziamento pubblico delle scuole e delle Università, oppure, per
assurdo,  se debbano esistere delle strade statali, che il sottoscritto
finanzia ma non percorrà mai. Se il sistema di ricerca pubblico
funziona, tutta la società ne trae beneficio, mi pare quindi ovvio che
ci debba essere un  finanziamento pubblico per la ricerca. Tutte le
nazioni avanzate hanno un sistema pubblico di ricerca strutturato in
qualche modo. La questione sollevata di chi debba giudicare le ricerche,
a chi dare i finanziamenti e come effettuare gli avanzamenti di carriera
è giusta ed importante. Meriterebbe sicuramente qualche riflessione che
però risulterebbe complessa ed anche altamente tecnica. Richiederebbe
perciò un intervento piuttosto lungo da fare, penso, in un altro
momento.

Grazie per l'ospitalità,

Giorgio Zizak