Egregio Professore,
Le invio di nuovo il messaggio precedente
(spedito 8 sett. 00) con l'augurio che possa contribuire allo
sviluppo del
sistema di ricerca dell'Italia.
Distinti saluti
Giorgio Zizak
(Nota da site manager: per disguido tecnico abbiamo perso questo
messaggio e
lo pubblichiamo in ritardo. Ci scusiamo con l'autore).
Egr. Prof. Pelanda,
Con piacevole sorpresa vedo di aver avuto l'onore di una citazione
sulla
prima pagina de Il Giornale di oggi. Grazie, non pensavo di arrivare
a
tanto. Con il mio messaggio intendevo solo dare un contributo
alla
conoscenza del Sistema Ricerca in Italia. Comunque vista la Sua
disponibilità ne approfitto e, tra le numerosisime
considerazioni che
si potrebbero fare, continuo con alcune osservazioni suscitate dal
Suo
articolo di oggi "Poche risorse e spese male: così va in crisi
la
ricerca".
Come molti, anche Lei si lamenta dei finanziamenti a pioggia che
vengono
dati ai professori universitari ed ai ricercatori, più o meno
indistintamente. Sono pochi milioni a testa per andare a qualche
convegno. In totale fanno miliardi persi. Ma che si dovrebbe fare?
Se un
docente vuol fare ricerca per prima cosa deve essere aggiornato,
leggendo le pubblicazioni e andare ai convegni. Se i finanziamenti
bastano solo per questo, questa è l'unica attività scientifica che
il
docente può fare. Non sono fondi persi. Almeno il docente potrà
dare
consigli e suggerimenti alle industrie che vogliono investire
in
scienza e tecnologia. Saprà anche cosa fare nel caso
fortunato di
ricevere un diluvio di finanziamenti per le sue ricerche. Senza
l'informazione iniziale, cioè senza la lettura e lo studio delle
riviste
scientifiche e la partecipazione ai convegni per lo scambio e il
confronto dei risultati, qualsiasi attività scientifica rimane
campata
per aria. Se sono pochi, i finanziamenti non possono che essere a
pioggia. Questa mia è una opinione non molto "politically
correct".
L'alternativa è quella di costringere la maggioranza dei professori
universitari ad una attività di puro insegnamento, riducendo quindi
l'università ad un super-liceo. I finanziamenti pubblici per la
ricerca
verrebbero quindi dati solo agli Enti Pubblici di Ricerca e a
qualche
gruppo universitario di particolare eccellenza. Non mi pare
però che
questa strada sia praticabile, nè giusta.
Il fatto è che per troppi anni la ricerca scientifica è stata
considerata come un optional. Ne è una prova il CNR, tanto per
continuare a parlare della realtà che conosco meglio. Prendo a
prestito
le parole del mio carissimo collega dr. Francesco Cignoli che,
confrontando i vari Enti di ricerca pubblica nei vari paesi (ad
esempio
il CNRS francese), ha definito il nostro un "CNR Bonsai".
E' così
piccolo, con pochi ricercatori, quasi tutti di buona fama, che fanno
tante pubblicazioni scientifiche, spesso tenuti in ambienti nuovi e
ben
puliti. E' un CNR di facciata, bello da vedere, con cui ci si
riempie la
bocca parlando di scienza e tecnologia, ma che non dà frutti o
molto
pochi, che è praticamente inutile per un vero progresso
tecnologico del
sistema industriale italiano. Questo non per colpa o demeriti dei
dipendenti CNR, ma perchè l'Ente è sempre stato mantenuto
sottodimensionato e diretto da persone non provenienti dal CNR
stesso.
Ora è in atto una profonda riforma e trasformazione degli Enti
Pubblici
di Ricerca, e quindi anche del CNR. Il vecchio sistema non esiste più,
ma nessuno sa con certezza come sarà il nuovo. L'impressione comune
è
che per parecchi anni la confusione regnerà sovrana. Come
tutti i miei
colleghi ricercatori, continuerò comunque a studiare
tranquillamente e a
fare ricerca nel mio Istituto con i mezzi che ho a disposizione,
sicuro
di poter contribuire, in un modo o in un altro, a "futurizzare"
l'Italia.
Distinti saluti,
Giorgio Zizak
Dirigente di Ricerca, CNR
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