06/09/2004

Caro Pelanda

Se vivessi negli Stati Uniti e avessi l’opportunità di votare alle presidenziali di novembre voterei senza esitazione per la riconferma di George Bush. Il tanto contestato presidente guerrafondaio merita a mio giudizio la rielezione a pieni voti. Anzi, le dirò di più: se gli americani dovessero preferire lo sfidante democratico allora le dico sin da subito che perderei la stima e la grande considerazione che ho sempre nutrito per il popolo americano. Premetto che il mio non è un giudizio politico. Non mi importa se Bush sia repubblicano o democratico. A me piaceva anche Clinton e ritengo sia stato un ottimo presidente, scandali a parte. Ma la presidenza Bush è stata caratterizzata dalla tragedia dell’undici settembre 2001, da quelle due torri crollate a terra e da ventimila vite umane spezzate per sempre. Vite di persone innocenti, padri e madri di famiglia che non avevano nessuna colpa se non quella di essere americani. Mi sento dire che la guerra contro Saddam  Hussein non andava fatta così come quella in Afghanistan. Il dramma dell’undici settembre però non lo hanno vissuto gli europei, francesi o tedeschi che siano, ma il popolo americano. Che cosa doveva fare un presidente Usa democratico o repubblicano? Restare con le mani in mano? Aspettare con pazienza il prossimo attentato? Lasciare impunito un crimine tanto efferato? Affidarsi all’Onu o alla Comunità Internazionale che, come ha ricordato Oriana Fallaci nella sua recente auto intervista non sono mai stati in grado di cavare un ragno da un buco? Bush ha fatto quello che era giusto fare e cioè colpire i paesi che hanno dato appoggio al terrorismo e che costituivano un pericolo per il mondo occidentale. In Afghanistan è caduto il regime dei talebani che aveva negato ogni libertà alla popolazione riportandola ad una condizione pre medioevale. Il reporter di guerra Mimmo Candito in un suo libro di qualche anno fa ha raccontato nei minimi dettagli alcune scene raccapriccianti viste in quel paese governato dai talebani. Come ad esempio l’esecuzione di un uomo accusato di omicidio sgozzato in mezzo ad uno stadio dal fratello dell’ucciso il quale dopo, si è lavato il viso con il sangue del giustiziato. Come dimenticare poi i magnifici Buddha  distrutti a cannonate  perché offendevano l’Islam. Ebbene oggi in Afghanistan i talebani non ci sono più così come in Iraq non c’è più Saddam Hussein che presto dovrà rispondere dei crimini compiuti negli anni della sua spietata dittatura. Nessuno ama la guerra ma è fuori dubbio che in certi casi la democrazia si può esportare solo con le armi.

Se l’Afghanistan e l’Iraq torneranno ad essere due paesi normali sarà solo grazie all’intervento militare degli americani e dei loro alleati. Certo, c’è il problema del terrorismo: ma sono stati proprio i terroristi a dichiarare la guerra all’Occidente con la strage dell’undici settembre. E’ ridicolo affermare che il terrorismo sia la conseguenza della guerra in Iraq. Tutti nei giorni successivi all’undici settembre ci siamo stretti intorno al popolo americano, ma poi sono stati pochi coloro che si sono ricordati di quel dramma. Tanti, che all’inizio avevano espresso solidarietà all’America, sono poi scesi in piazza a sostegno della resistenza irachena, bruciando le bandiere Usa. Hanno pianto i civili iracheni morti sotto le bombe ma si sono dimenticati dei morti delle torri gemelle e dei carabinieri di Nassiriya. La guerra al terrorismo deve proseguire senza sosta. E’ un dovere soprattutto di fronte alle barbariche esecuzioni di occidentali che ci vengono continuamente trasmesse dalla televisione araba. Una sconfitta dei repubblicani potrebbe risultare una resa dell’America di fronte ai terroristi come avvenuto in Spagna. In questo momento non sono ammesse debolezze. Per questo spero che a novembre trionfi George Bush.

 

 

Americo Mascarucci