01/09/2001

IL PUNTO per gli amici                                                              n°25  28 agosto 2001

                                     FUGARE LE PAURE

Come incentivare il rientro di capitali italiani? Molte delle misure già decise potranno aiutarlo, soprattutto la liberalizzazione delle ristrutturazioni interne degli immobili, l’abolizione dell’imposta sulle successioni e donazioni e la Tremonti bis che detassa gli utili reinvestiti nelle aziende. Ma queste misure basteranno a far rientrare in Italia capitali sufficienti a  farci progredire più rapidamente degli altri paesi d’Eurolandia? Bruno Costi, Presidente del Club dell’Economia, è favorevole all’operazione, ma “se fallirà, equivarrà ad un severo giudizio  sull’affidabilità politica dell’attuale esecutivo.”. Senza la garanzia di un ”condono”, dice ancora  Costi, chi rimpatriasse capitali è come se autodenunciasse se stesso, quanto meno per falso in bilancio. Ma la proposta attribuita a Tremonti di una depenalizzazione parziale e solo per gennaio e febbraio 2002 ci pare un idea balzana perché rifiuta la concorrenza fiscale con gli altri paesi e mostra sfiducia nei contribuenti. Nella seconda metà del 1946, dopo l’ultima ondata d’inflazione scatenata dal “premio per la Repubblica”,  Cesare Merzagora inventò il cosiddetto “franco valuta” che consentiva l’importazione di merci pagate all’estero con capitali italiani clandestini, senza l’obbligo di dichiarare come era stata finanziata. Combinato con le restrizioni monetarie einaudiane, il rimpatrio di capitali italiani all’estero finanziò la bilancia dei pagamenti e, indirettamente, la ricostruzione quasi quanto gli aiuti ERP-MSA. Oggi sarà necessario che la Tremonti bis (o altra misura) consenta di investire i capitali rimpatriati come “sopravvenienze attive esentasse”.

            Ma un rientro dei capitali non potrà ottenersi se non si rimuovono tutte le cause che ne hanno determinato l’esodo, ossia soprattutto le paure. Si è trattato di: (A)  timori relativi al prepotere dei sindacati italiani e ad un’evoluzione politica in senso anticapitalistico; (B) timori derivanti dai crescenti controlli iniziati, all’epoca del socialista Formica alle finanze, con la soppressione de facto del segreto bancario, con la denuncia fiscale obbligatoria dei capitali all’estero, con le segnalazioni bancarie delle operazioni superiori ai 20 milioni senza previa verifica se si trattava di danaro sporco e (C)  timori correlati  alle misure fiscali. A parte le minacce (Bertinotti e Salvi) di imposte  straordinarie sul patrimonio, si è avuta una serie di circolari e leggi delegate che hanno detassato i redditi da lavoro, e tartassati i redditi da capitale (dual income tax, capital gains virtuali, Irap) e persino realizzato la doppia tassazione dei redditi conseguiti in paesi unilateralmente definiti paradisi fiscali.

            Sul punto (A) la vittoria del centrodestra ha segnato un grosso punto a favore dell’Italia ed accentuato la divisione dei sindacati, ma il rinvio all’autunno dei problemi più spinosi sul welfare state e la regolamentazione del lavoro ha dato all’estero un impressione di debolezza. Oggi poi si teme che in novembre, per l’afflusso a Roma (come nel 1994) di un milione di lavoratori e pensionati baby aizzati da Cofferati e 500 mila antiglobal ancora più arrabbiati, si possano avere gravi turbative dell’ordine pubblico. Se ci scappano dei morti, la stampa liberal di tutto il mondo, dopo aver demonizzato per anni Berlusconi, demonizzerà anche l’Italia del nuovo Pinochet. Sul punto (B) sarà necessario depenalizzare l’evasione fiscale per considerarla infrazione amministrativa,  salvo l’uso di tecniche fraudolenti; occorre evitare la ratifica dell’accordo italo-svizzero sulle rogatorie e rimuovere subito ogni controllo bancario e frontaliero inutile. Solo il danaro sporco scovato a monte potrà essere rincorso a valle. Sul punto (C) la via è l’abrogazione e/o la modifica di molte delle leggi delegate  di Visco. Già si è abrogata la tassazione dei capital gains virtuali.  Ma occorrerà soprattutto vincere la battaglia sulla riforma del welfare state e dei contratti flessibili per i neoassunti, come suggerisce Marzano. Sarà questa la vera conquista che consoliderà la fiducia dei capitali nell’economia italiana.

                Livio  Magnani

 

07/09/2001

IL PUNTO per gli amici       VERSO IL CONTRO-GIUBILEO                     n°26  6set 2001

            Dire e non fare non è democrazia, è immaturità politica! E’ paura di passare per un Pinochet che pur ha attirato in Cile capitali esteri, assicurata una forte ripresa post disastro economico di Allende e rafforzata la democrazia evitando al paese un regime cubano. E’ paura di essere paragonato alla signora Thatcher, la lady di ferro che pur ha sconfitto gli argentini alle Maldive (Falkland) ed esautorato definitivamente i sindacati britannici che erano onnipotenti come accade da noi. E’ il tallone d’Achille di Berlusconi, volitivo, tenace e perspicace, ma che è un buono e soprattutto vuole passare per buono, come dice la sua mamma!

 L’esperienza governativa del 1994 gli è molto servita. Ha imparato a tacere. Ma non ha sufficiente autorita’ sui ministri che oggi, come nel 1994, si contraddicono l’un l’altro su maligna sollecitazione degli intervistatori e creano nell’opinione pubblica le peggiori confusioni. I guai maggiori sono derivati dall’aver posto in discussione la sede della riunione della FAO prima di averla negoziata in segreto e dal non aver dato priorità alle riforme dello stato sociale (flessibilità, pensioni di anzianità e licenziamenti in primo luogo), ma rinviato il tutto all’autunno, quasi la stagione non fosse già abbastanza calda.  Nel 1994, durante tutta l’estate, i giornali ridondavano di dichiarazioni contraditorie  dei sindacati, di Mastella demagogico ministro del lavoro e di Dini pur abile ministro del Tesoro sulla riforma dello stato sociale e, in particolare, delle pensioni. “Le pensioni non si toccano” tuonava come oggi Cofferati.  E le diatribe si prolungarono senza far nulla, sinchè il tutto culminò con lo sciopero generale dell’ottobre e l’afflusso a Roma di un milione tra pensionati,disoccupati, lavoratori dipendenti e studenti di sinistra. Bossi, spaventato, ritenne conveniente  abbandonare il governo.  Ciò che Berlusconi non ha imparato è che, se si deve tagliare, è essenziale tagliare subito senza che si giunga alla cancrena. Sono ormai più di dieci anni che aspettiamo la riforma del welfare state e purtroppo siamo arrivati a deciderne al momento peggiore.  Cofferati ha rituonato per la ventiduesima volta “allora sarà la rottura con tutti i mezzi.” E, il 6 settembre scorso, ha aggiunto “per il prossimo autunno”. Dovunque si terrà l’assemblea della FAO dal 3 al 9 novembre, si giungerà così alla coincidenza dello scontro sindacale con i prevedibili comizi a Roma di Fidel Castro ed altri antiamericani, con le manifestazioni studentesche contro la Moratt e la scuola privata, con le tute bianche del Roma Social Forum e con le spranghe di ferro dei black block, dei centri sociali e dei 500 mila che Bové conta far affluire a Roma da tutto il mondo. Stiamo andando così verso un contro-giubileo  che potrebbe sfociare – se ci scapperanno altri morti -  alle dimissioni del secondo gabinetto Berlusconi. A chi non ci crede, chiediamo: per quale ragione mai tutte le sinistre italiane – nessuna esclusa – si battono perché l’assemblea della FAO si tenga a Roma, se non nella speranza di altri guai a risonanza internazionale per Berlusconi? Vero che il suo secondo gabinetto  è sostenuto da una maggioranza più forte del primo e  Bossi non ha più la forza di farlo cadere, anche con l’aiuto di Casini e Buttiglione. Ma Forza Italia ha mandato al Parlamento  un tal numero di onorevoli ipersensibili alla piazza che il timore di impopolarità può indurli, così come non pochi ministri, a voltare la gabbana. Il suggerimento è di rinunciare ad inutili negoziati con Cofferati&C, piantarla di rispondere alle interviste e preparare silenziosamente decreti legge per i più fondamentali aspetti della riforma dello stato sociale (aumento età pensionabile, licenziamento libero su indennizzo, contratti di lavoro individuali). Forse, dopo urla per la mancata anestesia, i più intelligenti tra il milione di dimostranti di Cofferati capiranno che è inutile rischiare le botte per un fatto compiuto e rinuncieranno ai cortei romani.

                                            Livio Magnani .