31/10/2003

La giustizia violata

Giulio Andreotti, assolto dall'accusa di essere stato il mandante dell'omicidio Pecorelli per non aver commesso il fatto. Questa non è una sentenza come un'altra e non solo perché l'imputato eccellente è l'ex presidente del Consiglio: è la sentenza che pone il sigillo sulla faziosità di una parte della magistratura, sull'avventatezza di certe indagini e sulla follia di alcune sentenze. Assoluzione invocata addirittura dall'accusa, dal Pg della Cassazione, per il quale "non c'è prova né movente". Nel giro di poche ore crollano i castelli di sabbia costruiti meticolosamente da Luciano Violante, Caselli, Lo Forte &C, tutti impegnati, nei rispettivi ruoli, a edificare l'infamante accusa.
Il vero dramma è che nessuna Procura ha perseguito i reali mandanti ed esecutori dell'omicidio, con un disinteresse ed una disinvoltura a dir poco sconcertante nell'intraprendere un percorso lungo dieci anni  che ha visto il suo epilogo nella sentenza di oggi. "Assoluzione per non aver commesso il fatto", la portata di questa sentenza è immensa, tanto più perché pone un problema serissimo: su quali basi in Appello si è proceduto a ribaltare la sentenza di primo grado che assolveva Andreotti e gli altri imputati con le stesse motivazioni della Cassazione? Come è possibile che diversi magistrati e procure perseguono una pista in un modo quanto meno discutibile e tendenzioso per rispondere ad un disegno ignoto e che non ha nulla a che vedere con la giustizia e la ricerca della verità? Come è possibile dare ancora oggi credito a simili personaggi e come è possibile non richiedere con urgenza una radicale riforma dei processi e della magistratura?
A 24 anni dall'omicidio Pecorelli resta questo indicibile senso di sconforto e sconcerto, perché qualcuno ha usato la morte di una persona per perseguire finalità che ancora oggi ci sono misteriose e i reali assassini non sono mai stati toccati da alcuna indagine. Grave, molto grave. L'assoluzione di Andreotti rende giustizia all'uomo processato e condannato senza prove ma non costituisce, purtroppo, una vittoria della giustizia. Quella è stata irrimediabilmente umiliata ed infangata ed il problema è stabilire quando e come ci sarà restituita.
Paolo Carotenuto, Napoli