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 La giustizia violata 
            Giulio Andreotti, assolto dall'accusa di essere stato il mandante
            dell'omicidio Pecorelli per non aver commesso il fatto. Questa non
            è una sentenza come un'altra e non solo perché l'imputato
            eccellente è l'ex presidente del Consiglio: è la sentenza che pone
            il sigillo sulla faziosità di una parte della magistratura,
            sull'avventatezza di certe indagini e sulla follia di alcune
            sentenze. Assoluzione invocata addirittura dall'accusa, dal Pg della
            Cassazione, per il quale "non c'è prova né movente". Nel
            giro di poche ore crollano i castelli di sabbia costruiti
            meticolosamente da Luciano Violante, Caselli, Lo Forte &C, tutti
            impegnati, nei rispettivi ruoli, a edificare l'infamante accusa.
           
            Il vero dramma è che nessuna Procura ha perseguito i reali mandanti
            ed esecutori dell'omicidio, con un disinteresse ed una disinvoltura
            a dir poco sconcertante nell'intraprendere un percorso lungo dieci
            anni  che ha visto il suo epilogo nella sentenza di oggi.
            "Assoluzione per non aver commesso il fatto", la portata
            di questa sentenza è immensa, tanto più perché pone un problema
            serissimo: su quali basi in Appello si è proceduto a ribaltare la
            sentenza di primo grado che assolveva Andreotti e gli altri imputati
            con le stesse motivazioni della Cassazione? Come è possibile che
            diversi magistrati e procure perseguono una pista in un modo quanto
            meno discutibile e tendenzioso per rispondere ad un disegno
            ignoto e che non ha nulla a che vedere con la giustizia e la ricerca
            della verità? Come è possibile dare ancora oggi credito a simili
            personaggi e come è possibile non richiedere con urgenza una
            radicale riforma dei processi e della magistratura?
           
            A 24 anni dall'omicidio Pecorelli resta questo indicibile senso di
            sconforto e sconcerto, perché qualcuno ha usato la morte di una
            persona per perseguire finalità che ancora oggi ci sono misteriose
            e i reali assassini non sono mai stati toccati da alcuna indagine.
            Grave, molto grave. L'assoluzione di Andreotti rende giustizia
            all'uomo processato e condannato senza prove ma non costituisce,
            purtroppo, una vittoria della giustizia. Quella è stata
            irrimediabilmente umiliata ed infangata ed il problema è stabilire
            quando e come ci sarà restituita.
           
            Paolo Carotenuto, Napoli
           
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