11/11/2001

Ho letto prima il testo esilarante di Socci sul Giornale e poi ho trovato la rivista Sette con l’elenco di tutte le capriole verbali con tuffo carpiato con triplo avvitamento sulla sinistra, con riemersione a destra degli ineffabili nipotini nostrani di Stalin.

Ci vuole veramente una faccia di tolla, di dimensioni megagalattiche, per raccontare con spudoratezza,  sommo sprezzo del ridicolo e dell’elettorato del Pci, come tutti questi signori dell’Ulivo fanno ai giornali che loro non sono mai stati comunisti.

In realtà, raccontano nel presente, erano liberali …. prestati all’avversario comunista, nemmanco socialtraditori, socialfascisti, socialdemocratici, della  sinistra democratica italiana ma proprio liberali, cioè di un partito di centro.

Mi sono andato a rileggere Dahrendorf, le cui interviste venivano recepite  in tempi andati anche dall’Unità prima maniera: Dahrendorf in “Chancen ueber der Krise” parla di “scheisseliberalen” cioè liberali di merda, testuale, massimo insulto in Germania al partito Fdp cioè ai liberali tedeschi. Fra l’altro la casa editrice Laterza che ha pubblicato il testo di Dahrendorf in italiano, si è ben guardata di tradurre nell’edizione italiana anche capitoli che potevano in qualche modo “avvantaggiare” il PLI contro i repubblicani ….  Come al solito ho i testi a fronte e non si può equivocare.

Sarebbe interessante conoscere, invece, se gli attuali capi dell’Ulivo, definendosi liberali, siano a conoscenza anche di questa definizione o che possano sostenere che “loro” erano i liberali duri e puri, quelli onesti dalla doppia morale, mentre noi iscritti al PLI eravamo iscritti anche alla definizione dahrendorfiana.

Con una differenza sostanziale: che i liberali stile PCI, “beccavano” i denari del Kgb o della Stasi (2000 miliardi dice Massimo Riva, somma ricevuta in cinque decenni ) per la rivoluzione e il sovvertimento dello Stato democratico e della volontà elettorale liberamente espressa nelle elezioni.

Per finanziare anche la Gladio rossa, per finanziare le sedicenti (altra capriola e contorsionismo verbale) Brigate Rosse, quelle dure e pure, (quelle che hanno commesso attentati ed uccisioni varie di politici e scorte) e per finanziare addestramenti di terroristi in Cecoslovacchia e reti di trasmissioni di informazioni all’avversario.

Tutti reati da codice penale, non prescrittibili, compreso quello di ottenere finanziamenti non da uno Stato estero qualsiasi, come si è provato a raccontare,  ma dall’Unione Sovietica, capofila della sovversione e della rivoluzione e guida indiscussa dell’alleanza ostile che si chiamava patto di Varsavia.

Adesso a proposito di reati leggo oggi – mi meraviglierei se così non fosse – l’incitamento alla diserzione ai nostri soldati professionisti e tutti volontari, da parte dell’ autonominatosi capo delle tute bianche e alleati no – global.

Non mi stupirei se tra un po’ di tempo anche lui, si scoprisse liberale, magari della versione dahrendorfiana.

Ma già: il “liberale” Veltroni ha assunto uno di questi comici partecipanti al disastro organizzato di Genova.

 

Ma tornando ai “liberali comunisti” per autocertificazione vorrei ricordare i vari modi di uscita dal PCI.

1* modo: quello di Gramsci; dopo aver fondato il Pci ne venne cacciato,

2* modo: quello ricordato da Lehner in “La tragedia dei comunisti italiani, le vittime del Pci in Unione Sovietica”; cioè quello definitivo, comprensivo di uscita dalla vita per fucilazione, torture varie, colpo alla nuca,

3* modo: quello  di Moranino , che uccideva gli oppositori partigiani rei di non essere ossequienti fino in fondo al Pci,

4* modo: l’uscita di sicurezza di Ignazio Silone al secolo Secondino Tranquilli, che scopre il socialismo democratico durante la repressione fascista e il momento più stalinista del Pci,  

5*modo: l’uscita di diversi uomini politici dal Pci, dopo l’invasione e l’annientamento della resistenza ungherese nel 1956, ne cito tre persone scusandomi con gli altri; l’elenco sarebbe incredibilmente lungo: Ghirelli, Maccanico, Anselmi,

6* modo: quello di Lucio Colletti, che con coraggio civile e di studioso rinnega le sue idee comuniste, ne “spiega” esplicitamente la ragione, e spiega perché, nell’unico modo che conosceva, cioè quello critico, accetta i principi del liberalismo, di un metodo somma di metodi, di un metodo, sia pure figlio di ideologia democratica che è perfettibile e non totalitario, essendo il metodo della libertà.

Voglio solo dire che non si può irridere i propri elettori, definendosi “ante marcia” liberali ed indossando un burqa ideologico di stile kafkiano.

Gian Carlo Colombo

gc.colombo@libero.it