01/03/2004

Cercare il limite del Capitalismo

Il Prof. Carlo Pelanda su Il Foglio del 3 febbraio 2004, con l'articolo "Per ridare Etica al Capitalismo cercate l'Estetica", auspica che il capitalismo possa venir alimentato nuovamente da un'etica che gli consenta di riprendere vigore malgrado il fatto che: "furti, imbrogli ed altri comportamenti destabilizzanti stanno crescendo di numero".

Per cui  egli sostiene: "è urgente trovare un ordinatore etico dal basso per non far saltare il sistema"…"Con una triplice strategia simbolica:

a) per il settore economico si può dimostrare che l'autorigore del singolo contribuisce ad aumentare la produttività e quindi si può incentivare il primo inglobandolo nel calcolo della seconda in forma di "Teoria utilitaristica dell'etica";

b) favorire la riscoperta di Dio potenziando il lato mistico delle religioni compatibili con il capitalismo e/o diffondere delle ritualità senza Dio con enfasi sul piacere estetico/interiore dell'autodisciplina;

c) rinforzarlo con lancio di una moda che sostituisca il dominio del neo-volgare con quello del neo-purismo."

Desidero fare alcune considerazioni in merito:

Personalmente ritengo che i concetti di etica, estetica e capitalismo siano distinti tra loro perché ognuno di essi sorge da una specifica esigenza ed ognuno ha uno specifico obiettivo. L'oggetto dell'etica è il comportamento etico (eventualmente da definire), quello dell'estetica è la ricerca della bellezza (anch'essa nelle sue varie definizioni) e quello del capitalismo è l'acquisizione della ricchezza materiale (e qui la definizione è abbastanza chiara).

E quando si fa una cosa, non si fa l'altra, cioè quando si pensa a fare denaro non si pensa all'etica o alla bellezza. Quando si ammira un tramonto non si pensa ai soldi, e viceversa.

Sono sfere psicologiche ed emotive distinte e tali vanno tenute per saper scegliere quello che si vuole, e fare in modo che, dalla loro combinazione più o meno equilibrata, possa derivare un modo di vivere possibile.

E questa distinzione ha una funzione biologica ben precisa nell'obiettivo della sopravvivenza: la ricerca dell'utile ha una necessità di breve periodo, la ricerca dell'etica ha una necessità di più lungo periodo (anche riferita alla difesa del gruppo o della specie) e l'estetica probabilmente è una sensazione che cerca di mantenere certi valori proiettandoli in un tempo ancora più lungo.

Dico questo perché cercare di comporre capitalismo ed etica può portare a fare delle azioni volte all'utile credendo di fare azioni etiche e quindi può portare ad investire le proprie energie oltre le  reali necessità e fino a delle situazioni di rischio. Questo, infatti, quando interviene un desiderio sproporzionato di crescita, porta, ad effetti potenzialmente destabilizzanti e anche alla propria rovina e di cui troviamo molti esempi nella storia, sia a livello di persone che di popoli, mentre sul piano interiore può invece spingere a degli sforzi di cui a volte è dubbio il rapporto costo/beneficio.

D'altra parte cercare invece l'etica o l'estetica al posto dell'utile può portare a sottovalutare i bisogni immediati con una conseguente difficoltà di vivere.

Il voler ricreare l'etica o l'estetica perché funzionali al "capitalismo", indicato come "teoria utilitaristica dell'etica", significa fare un'operazione che non è etica, né estetica, ma capitalista. Il che va benissimo, ma non sarà mai sentita come etica e quindi non potrà avere la funzione auspicata, a meno di non voler incorrere nell'equivoco e nel rischio sopra indicato.

E' meglio invece, come dicevo, dare ad ognuno di questi tre momenti un compito, una definizione ed un limite ben chiaro commisurandoli alle proprie reali esigenze ed oggi le esigenze di possesso e di consumo andrebbero probabilmente riverificate ed eventualmente ridotte.

Infatti, i cosiddetti “scandali” che, per essere sentiti dalla gente come tali, facendo evidentemente riferimento a valori che non sono semplicemente quelli del denaro, significano che si avverte che c'è troppo "capitalismo", cioè troppo desiderio di fare denaro, almeno a livello di chi già ne ha.

Penso quindi che vada ridimensionata l'importanza data alla ricchezza materiale ed al suo raggiungimento, cioè l'etica di un capitalismo non morale va moderata da un'etica dei valori cosiddetti "morali".

Lo stesso vale per l'estetica sempre più emarginata rispetto all'utile. Il costo del “bello” si è sempre meno disposti a sostenerlo a meno che non porti denaro, facendo quindi un'operazione "capitalista", e non estetica e perdendo questa dimensione emotiva.

Una migliore proporzione di capitalismo, etica ed estetica, comprendendone ed apprezzandone le relative funzioni, invece di incentivare solo il primo, è probabilmente quello che manca per ridurre il livello di competitività e conflittualità e per stimolare un migliore equilibrio sia sociale che personale.

P.S.: Colgo l'occasione per mandare anche il mio articolo pubblicato su "Cronaca dell'Ambiente", inserto quindicinale di Cronaca di Cremona, del 25 febbraio u.s.:
 
Gli Scandali Finanziari e le Regole del Capitale

In questa epoca di liberismo economico, dove l’economia e l'utile tendono  ad essere il motivo fondante di ogni decisione e comportamento, subordinando ad ess gli altri valori umani, sul piano economico difficilmente potranno funzionare delle regole.

Gli attuali scandali finanziari, i conflitti di interesse, le leggi a vantaggio di particolari gruppi, eventualmente le guerre, ne sono un esempio e una conferma pratica.

In altre parole, in una società capitalista dove l’obiettivo primario è quello di produrre e di guadagnare danaro, le regole sono quelle di fare danaro.

E’ contraddittorio pensare di porvi delle regole che andrebbero contro il principio stesso.

Cioè, se questa società vuole porre delle regole nel mondo del danaro, bisogna che faccia riferimento a delle regole etiche, non alle regole che hanno come riferimento l’accumulo del danaro.

Infatti, si possono porre tutte le regole che si vuole, ma ogni operatore economico  se non ha un riferimento etico, cercherà sempre di aggirare le regole, perché la regola del danaro e del capitale non è quella di obbedire alle regole, ma quella di fare danaro, e questo a tutti i livelli, anche al livello di chi pone le regole o di chi deve farle rispettare .

Quindi il capitalismo liberista se vuole porsi delle regole deve accettare l’etica alla base dell’economia, come limite alla attività economica. Ma, come dicevamo, non l’etica dell’economia, perché altrimenti ricadrebbe nel meccanismo precedente, ma l’etica di qualcosa al di fuori dell’economia, dove etica sul piano pratico significa "il dispiacere di nuocere ad altri",  e quindi sentire che ci sono dei valori umani più importanti dell’economia ai quali l’economia deve essere in qualche modo subordinata. Es.: la sicurezza dei risparmiatori, la salute dei consumatori, il benessere sociale, il rispetto dei più deboli, ecc…, altrimenti un giorno il problema sarà la borsa, un altro i rifiuti tossici, un altro ancora: i farmaci o l'alimentazione e così via.

Roberto Paolo Imperiali, Roma