| Sull'Opinione, 25 marzo 2003
 "Shock and Awe" e le traduzioni infelici
 
 "Scioccare e terrorizzare".  "Traumatizza e
        impressiona".  "Operazione
 shock e terrore".  "Colpisci e terrorizza". 
        Tutti si sono dati da fare
 col vocabolario inglese-italiano e tesauro, ma nessuno ha preso la briga
        di
 guardare un dizionario in inglese.  Se no, avrebbero capito
        che nessuna di
 queste è una traduzione felice.  Come i titoli dei film, gli
        slogan devono
 comunicare molto con poche parole e spesso sono difficilmente
 traducibili.  A volte vengono totalmente stravolti, altre
        volte sono
 tradotti letteralmente ma perdono o il senso o l'impatto. 
        Così è anche
 con il nome di questa nuova operazione militare.  Quello che
        verrebbe più
 vicino sarebbe:  Colpire e stupire, ma anche questo non
        soddisfa del
 tutto.  Non si può tradurre con due parole in italiano ciò
        che si intende
 con questo slogan.
 
 Il problema non è tanto con la parola "shock", che però
        non va tradotto
 come "scioccare" in questo caso, ma come
        "colpire".  È "awe" a creare i
 grattacapi.  Awe è quel misto d'emozioni:  reverenza,
        rispetto, timore, e
 stupore che solo un dio, un'autorità, un genio, o la bellezza può
 ispirare.  Purtroppo l'aver usato questa parola sta causando
        tantissima
 incomprensione per le sue varie traduzioni, ma per un americano è
        un fatto
 felice che abbiano scelto di usare questa piccola parola così
        ricca di
 significato.
 
 La sua forma di aggettivo, "awesome", ciò che ispira
        "awe", da almeno una
 decina di anni è diventata una di quelle parole usate e abusate,
        e private
 del loro significato.  È entrata nel linguaggio dei giovani
        e poi è
 diventata un termine slang diffuso fra tutta la popolazione. 
        Insomma,
 viene spruzzata un po' dappertutto come il sale e come la parola
        "figata"
 in italiano.   Tant'è vero che i scrittori che volevano
        usare la parola in
 un testo erano obbligati ad evitarla, perché suonava come slang e
        perdeva
 tutto il suo peso solenne.  Peccato.
 
 Mi chiedo se l'utilizzo della forma verbale per dare nome
        all'operazione
 militare farà passare la moda dell'uso smodato dell'aggettivo, se
        per
 rispetto riacquisterà la sua solennità e sussiego.  Ma
        forse dopo aver
 letto questo pezzo a qualche italiano (non diciamo chi) verrà
        l'idea che
 per gli americani la guerra è una figata!
 
 
 Sandra Giovanna Giacomazzi
 www.giogia.com
 http://www.upublish.com/books/giacomazzi.htm
 
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