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        LE POINT INTERNATIONAL          
        Genève, n°4  16
        mar.2003Edition
        italienne                                                        
        .                    
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        IL TAVOLO DELLA PACE                             
                   di
        Livio Magnani E’
        ormai indubbio che il Consiglio di Sicurezza ha fallito nella sua
        missione di trovare una soluzione pacifica al caso iracheno, nonostante
        la costosissima pressione armata americana su Saddam. Nel suo “no”
        alla tracotanza americana, il gollista Chirac si è spinto troppo
        avanti. A Bush i vari rinvii sono costati già troppo in pazienza e
        miliardi di dollari. L’attacco al Califfo laico di Bagdad sembra
        dunque inevitabile. Per l’assistenza italiana agli USA l’ultima
        parola spetterà al Parlamento. I pro ed i contro sono innumerevoli. Per
        cominciare, si dovrà sapere come continuare ad operare nell’ambito di
        un organizzazione (ONU) che non conterà più nulla e cui gli USA
        taglieranno i viveri. Tra l’altro, un 
        atteggiamento non amichevole dell’Europa 
        potrebbe contribuire a spingere gli USA verso l’isolazionismo
        ed a ridurre il suo impegno nella NATO scaricando anche su di noi le
        spese per la difesa europea.  Alla
        fine, comunque, prevarrà  giustamente
        l’interesse italiano, specie quello essere chiamati a sederci domani
        al tavolo della pace. La prossima non sarà certo una blitz
        Krieg.  Le truppe
        americane dovranno fronteggiare l’incendio dei pozzi e la guerra
        chimica.  Assedieranno
        Bagdad e ne affameranno la popolazione sino all’ultimo bambino, ma non
        faranno certo lbattaglie vicolo per vicolo. C’è quindi il pericolo
        che la guerra cessi prima di essere vinta, perchè le urla dei pacifisti
        americani, come al tempo dei bonzi vietnamiti che si davano fuoco,
        potrebbero indurre Bush (come accadde a Nixon) ad accettare di perdere
        la faccia. Ma, anche impantanato, Bush non mancherà di predisporre il suo tavolo della pace. Ed è proprio in vista di parteciparvi a tutti i costi che l’interesse economico italiano dovrebbe finire per convincere i parlamentari della maggioranza. L’opposizione da giorni chiede a Berlusconi di schierarsi aprioristicamente contro la guerra di Bush. Finora Berlusconi non si è fatto fregare. L’interesse dell’Italia è solo di schierarsi con il vincitore che forse non sarà Bush, ma men che meno sarà Saddam. E non avrà più senso la richiesta di operare in coerenza con le NU che non hanno più la forza di decidere alcunchè né abbiamo interesse ad affiancarci a Chirac e Schroeder che hanno già spaccato la NATO e l’Europa ed ancor meno di far credere al mondo anticapitalista e quindi antiamericano di essere mossi da elevati sentimenti umanitari. Invece, assistere gli USA non militarmente, ma come per l’Afganistan, nelle peace building operations potrà meritare all’Italia di essere chiamata assieme al Regno Unito ed alla Spagna a ridisegnare la mappa petrolifera irachena ed a ricostruire la Mesopotamia per una spesa già misurata in 850 miliardi di dollari! Ciò significherebbe che forse l’AGIP potrà rafforzare la sua posizione nel Golfo Persico e le nostre imprese potranno partecipare al Piano Marshal che creerà nuovi equilibri pacifici tra i paesi arabi. In ogni caso, eviteremo anche il boicottaggio del made in Italy da parte di americani indignati, come sta accadendo per lo champagne ed i formaggi francesi 
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