01/03/2003

Gentile professore, se non l'avesse già visto le mando questo prezioso documento dell'attività educativa dell' Università Italiana.

Mi farebbe piacere conoscere la Sua opinione sia sui dati riportati, sia sul fatto in sé.
Allego anche un articoletto comparso in proposito sul Giornale.
      Ringraziandola per la sua attività e per il suo entusiamo, la saluto cordialmente
                                                                     Luigi Buccelletti

Un professore esperto in gestione delle risorse ambientali, uno studente particolarmente zelante ed evidentemente antiamericano, un computer, internet e così quello che doveva restare nel chiuso di un’aula del Politecnico di Milano adesso circola in rete. Nelle caselle di posta elettronica di molti italiani in questi giorni sta arrivando un messaggio dal titolo: «Perché si fa una guerra». Aprendolo si vedono alcune diapositive (il termine esatto è slide) che riportano alcune considerazioni sui costi e i benefici economici della guerra del Golfo del 1991. Il documento cita dati, cifre, percentuali: Desert storm costò 40 miliardi di dollari, dei quali il 75 per cento venne pagato dai paesi arabi (Kuwait e Arabia Saudita) e il 25 per cento dagli Usa. E come vennero rimpinguate le casse di chi aveva pagato il conflitto? Secondo le diapositive con l’aumento del prezzo del petrolio, passato da 15 a 40 dollari al barile, per un guadagno extra di 60 miliardi di dollari che sarebbero stati divisi: metà ai paesi arabi e l’altra metà alle compagnie petrolifere americane, le sette sorelle delle quali cinque (secondo l’inventore di «Perché si fa una guerra») sono di proprietà del governo USA. A parte l’errore, ovvero che le compagnie petrolifere sono tutte private, questo rivela l’evidente tentativo di mettere gli Stati Uniti sul banco degli imputati.  L’ intento diventa palese quando si parla dei motivi alla base della guerra. «Altro che liberare il Kuwait, gli americani volevano intascare la grana!»,dice il documento. Che prosegue nel suo anti-americanismo: «La nuova campagna in IRAK viene fatta perché gli Usa sono in rotta con l’ Arabia  Saudita, per questo hanno bisogno di un territorio da cui estrarre il petrolio. E quale meglio dell’IRAK?»

Il  professor Rodolfo Soncini Sessa del Politecnico di Milano dalle cui risposte sono state formulate queste tesi, commenta così «Ho fatto alcune deduzioni quantitative (quelle che compaiono nelle prime diapositive) partendo da dati attinti dal libro di Lucia Annunziata No. Un ragazzo ha preso appunti e trasformato le mie risposte a memoria nelle diapositive, con evidenti errori».