01/05/2002 |
È festa? In piazza che si lavora!
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Se non sapessi
che si tratta del primo articolo della costituzione, penserei che fosse
una battuta da barzelletta. Chiunque abbia fatto un corso di Basic
Economics
sa che il lavoro non può essere un concetto di diritto dovuto, ma
risponde
alle regole del mercato, alle necessità sociali ed economiche. Ma
poi,
nel Paese dove ogni scusa è buona per scendere in piazza, per fare sciopero,
per non lavorare, dove c'è un mese di ferie estive scolpito nella pietra,
dove le feste Natalizie cominciano prima e finiscono dopo che in qualunque
altro paese "normale" al mondo, per non parlare di quelle di
Pasqua, delle
settimane bianche, e dei ponti vari, come quello attuale più lungo di
quello di Brooklyn. In questo Paese la festa del lavoratore è il
giorno
più impegnativo dell'anno per coloro che devono salvaguardare il loro
sacrosanto diritto non tanto a lavorare ma ad avere "un posto".
In America dove invece abbiamo un'etica di lavoro talmente esagerata che
ci definiamo workaholics, dove il concetto dei sette giorni su sette e le
venti quattro ore su ventiquattro sono la regola e non l'eccezione, dove
spesso le ferie non sappiamo neanche che cosa siano, durante il giorno
della festa del lavoratore (Labor Day, il primo lunedì di settembre), se
permettete, facciamo appunto festa: barbecue nei backyards, raduni
famigliari, l'ultimo lungo weekend al mare.
Qui se mettessero nel lavoro quotidiano solo una frazione dell'impegno che
mettono nella piazza, l'Italia sarebbe la prima economia mondiale.
L'Italia è una Repubblica democratica che rischia di essere sfondata dal
concetto
del lavoro dovuto.
Sandra Giovanna Giacomazzi